mercoledì 9 aprile 2014
Melissa
La dolce amica dei parti, l'erba fresca e profumata che richiama l'attenzione di chi a cuor leggero passeggia nei luoghi freschi ed ombrosi, la verde Melissa, antichissima Aiutante ed amica generosa degli uomini. Seguitemi in questa ricerca, e forse Lei ci svelerà parte dei suoi dorati e profumati segreti.
È della famiglia delle Labiatae (di cui fan parte moltissime erbe aromatiche e medicinali come Rosmarino, Timo, Lavanda, Santoreggia ecc.), e il nome Melissa officinalis viene dal greco e significa "ape", da meli "miele". I Greci sembra la chiamassero melissophyllon "foglia per l'ape" o meliphyllon "foglia di miele", mentre Varrone informa che quest'erba presso i romani era chiamata apiastrum (ma non c'è quasi mai certezza riguardo alle erbe a cui gli autori classici si riferiscono nei loro scritti). Ed in effetti il nome sembra appropiato, visto che le api prediligono i fiori di questa pianta. Molti dei suoi nomi popolari fanno riferimento al suo particolare profumo, simile a quello del Limone o della Citronella: Setrunedda, Erba limunina (Liguria), Limounina, Sitrounela (Piemonte), Citronella, Erba sedronela (Lombardia), Erba limona, Meissa (Veneto), Erba limuncina, Limuneina (Emilia), Melissofillo, Cedroncella, Erba cedrata (Toscana), Limongella, Mentuccia (Lazio), Limonella, Erba odorosa (Abruzzo), Ebra cidrata (Campania), Fior d'api (Puglia), Melizzofaia (Calabria), Citrunedda, Milisasa (Sicilia), Menta de abis, Folla de limonei (Sardegna).
In Francia è chiamata Baume, Citronnelle, Mélisse; in tedesco si dice Bienenkraut, Honingblume, Zitronenmelisse; nei paesi anglofoni Balm, Lemon Balm, Balm-mint, Cure-all, Honeyplant; ed in Spagna Toronil.
Descrizione: pianta erbacea perenne con rizoma lignificato da cui si sviluppano i fusti quadrangolari lunghi fino a un metro, le foglie dal caratteristico ed intenso odore simile a quello del limone sono dotate di picciolo e opposte a due a due, ovali con apice acuto e bordo dentellato, con profonde nervature e una rada peluria. I fiori sono riuniti all'ascella della foglia, giallo chiaro quand'è in boccio e bianco o leggermente rosato quand'è aperto. I frutti sono piccoli di colore bruno e lucido, di forma ovale e si formano nel calice del fiore.
Habitat: spontanea e piuttosto diffusa in tutta Italia, è originaria di Africa del Nord, Asia occidentale e Europa meridionale ed arriva fino alla Gran Bretagna dove fu introdotta dai romani. Nel nostro paese si trova dalla pianura fino ai 1000 m d'altitudine, nei luoghi ombrosi e freschi. Cresce in colonie di cespugli e piantine vicine nei pressi di ruscelli e corsi d'acqua.
Coltivazione: predilige un'esposizione medio-soleggiata al riparo dal vento ed un terreno ricco e ben drenato. Non eccedere nelle annaffiature per non far marcire le radici. Si può seminare in tarda primavera raccogliendo direttamente i semi dalla pianta madre in tarda estate, oppure si può riprodurre per talea o piantando una parte del rizzoma, tuttavia è una pianta facile da trovare in vivaio. Si secca d'inverno e non appena il clima si mitiga nuove foglionine verdi e solcate spunta di nuovo. Molto probabilmente durante il primo anno non avrete un gran raccolto, ma già dal secondo ci sarà una buona moltiplicazione, che potrà portare anche a due raccolti, all'inizio e alla fine dell'estate. È utile in consociazione inquanto con i suoi fiori attira molto insetti benefici come le api e le farfalle.
Per quanto riguarda la droga, alcuni raccolgono solo le foglie e i germogli teneri, da Maggio a Settembre, altri invece prediligono le sommità fiorite, che vanno raccolte all'inizio della fioritura che si colloca a seconda del luogo fra Maggio e Agosto. Le erbe andrebbero raccolte al mattino dopo che la rugiada si è asciugata completamente, in un giorno di luna crescente o piena, possibilmente quando la luna è nel segno dello Scorpione o in un segno d'acqua (Cancro, Pesci e Scorpione). Un altro giorno che secondo la tradizione vede la maggiore concentrazione di poteri curativi nelle erbe è il giorno di San Giovanni, il 24 Giugno (credenza confermata per altro dalla scienza, che ha individuato in questo periodo il tempo balsamico di molte delle piante popolarmente associate a tale giorno). Dopo Settembre sarebbe meglio non raccogliere i fusti adulti, infatti l'odore che ne emana è diverso da quello solito e a mio personale giudizio meno gradevole. Ovviamente ci vuole buon senso nella raccolta: non va depredata una sola pianta, e non vanno razziate tutte quelle che si riescono a trovare. Raccogliete solo quello che può servirvi davvero, ricordando di ringraziare il luogo in cui siete, lo spirito dell'erba che avete fra le mani. Trattate la pianta con rispetto ed amore, e sicuramente Melissa vi concederà più facilmente tutti i suoi benefici.
Una volta portata a casa si maneggia il meno possibile perché è molto telicata e si mette a seccare all'ombra in mazzetti appesi o in strati sottili su reticoli in un luogo ben areato. Si conserva in barattoli di vetro o ceramica ben chiusi e al riparo dalla luce. Con l'essiccazione perde molto del suo profumo (anche se le proprietà si conservano), quindi per aromatizzare insalate, carni e formaggi utilizzare le foglie fresche, ed anche per questo sarebbe meglio usare droga che non è stata raccolta da più di sei mesi.
Utilizzi
Prima di utilizzare qualsiasi erba verificate di non essere allergici. Non intendo sostituirmi ad un medico o ad un erborista non avendone le minime competenze, quindi prendete ciò che segue per quello che è, ovvero una ricerca svolta su vari testi, sperimentata solo in parte. E comunque, visto che ad ogni cosa le singole persone reagiscono in maniera diversa, non c'è garanzia alcuna sull'efficacia. Ma soprattutto prima di usare qualsiasi erba siate ben sicuri di aver raccolto quella giusta! Non assumere Melissa per periodo troppo prolungati, non ingerire l'essenza (sempre che riusciate a permettervela!), da evitare in caso di problemi alla tiroide.
Proprietà: Emmenagoghe, coleretiche, digestive, carminative, stomachice, rilassanti, sedative, blandamente antimicrobiche.
Erba fresca: una o due foglie contuse e applicate sulle punture degli insetti (api, vespe, zanzare, ragni) calmano il prurito ed il dolore.
Erba secca: insieme ad altre erbe aromatiche e spezie può rientrare nella preparazione di sacchettini per profumare la biancheria e tenere lontane le tarme. Sempre in sacchettini con sali o farina d'avena o amido può essere messa nell'acqua del bagno per un effetto rilassante e purificante.
Infuso: gettate alcune foglie di Melissa in una tazza di acqua molto calda (non bollente), spegnete il fuoco e lasciate riposare per qualche minuto. Bevetelo caldo come digestivo magari in associazione ad altre erbe adatte come la Menta per lenire gran parte dei malesseri legati ad una cattiva digestione o ad un pasto troppo abbondante. Agendo sul sistema nervoso è adatto a tutti i malesseri che lo interessano come insonnia, nervosismo, irrequietezza, irritabilità, esaurimenti, lievi depressioni, vomito nervoso, mal di testa, crampi e spasmi. Per favorire il sonno e il rilassamento può lavorare in sinergia con Camomilla, Tiglio, Valeriana, Luppolo. Adatto anche per placare i dolori mestruali, se ne bevono almeno due tazze a giornata nei giorni precedenti il ciclo e durante lo stesso, ed anche in questo caso si può associare con altre erbe come la Calendula, l'Artemisia e la Camomilla. Ha azione ipotensiva e aiuta a rallentare il battito cardiaco insieme al Biancospino. Secondo recenti studi aiuterebbe la memoria e a mantenere la concentrazione. Inoltre grazie alla sua capacità di combattere i batteri può giovare insieme ad altre piante nella cura degli stati influenzali.
L'infuso di Melissa, una volta raffreddato è un tonico perfetto per la pelle del viso, antimicrobico, astringente, ciccatrizzante e purificante, e si può usare da solo od addizzionato a maschere, scrub e creme autoprodotte. Adatto per la pelle di tutto il corpo, può essere aggiunto all'acqua per un bagno rilassante e purificante.
In mancanza d'altro l'infuso concentrato, grazie alle sue proprietà antimicrobiche (ed anivirali, studi recenti hanno dimostrato una certa efficacia contro l'HIV) può essere usato al posto del colluttorio per l'igene della bocca e della gola, smorzando anche le infiammazioni. Essendo appunto antibatterico ma molto delicato può essere utilizzato per lavaggi intimi.
Oleolito e unguento: si riempie un barattolo di sommità fiorite e foglie fresche o lasciate asciugare giusto per qualche giorno e si copre bene il tutto con olio (oliva, girasole, riso ecc.); fate attenzione che non sporga nulla oltre la superificie del liquido, perché le parti di pianta sporgenti potrebbero fare la muffa. Si lascia a macerare al buio per 40 giorni, squotendo di tanto in tanto. Se dovesse formarsi della muffa sulla superficie filrtare inmmediatamente e vedere se l'olio è ancora utilizzabile (se non ha cattivo odore è ancora buono). Trascorsi il periodo si filtra una prima volta con garza o colino spremendo bene le foglie, ed una seconda con un filtro da caffé per rimuovere tutte le eventuali impurità rimaste. Se sul fondo del barattolo si fosse formato un sottile strato di goccioline d'acqua fate attenzione a non travasare anche quelle.
Quest'oleolito ha le stesse proprietà dell'olio essenziale anche se molto meno concentrate, e può essere usato per massaggi, come ingrediente di creme, scrub, maschere, impacchi per capelli grassi e forfora o unguenti per la pelle arrossata o infiammata (insieme a Calendula, Lavanda, Camomilla ecc.).
Vino medicato: 60 g in un litro di vino bianco, lasciate macerare per cinque giorni. Filtrate e consumatene un bicchierino durante i pasti per favorire la digestione e come ricostituente generale, anche per vecchi e bimbi.
Tintura: a 65°, si utilizza la pianta fresca. Si può usare per fare frizioni sulla parte dolorante in caso di dolori reumatici o articolari; per turbe del sonno, tensione, nervosismo, agitazione; per mestruazioni dolorose; per problemi della digestione. Può rientrare nella formulazione di creme autoprodotte per la pelle grassa, detergenti intimi, shampoo, maschere di bellezza.
Olio essenziale: di colore giallo pallido, è un essenza molto costosa perché ha una resa molto bassa (cioè serve una gran quantità di pianta per ottenere una minima quantità d'olio essenziale), per questo bisogna controllare bene gli ingredienti sull'etichetta e verificare che si tratti di olio essenziale puro e non addizionato con Citronella o altri. Può essere diluito in olio di mandorle o altri per ottenere un olio adatto a massaggi rilassanti magari unito alla Lavanda. Per calmare i dolori mestruali invece si può fare un massaggio nella zona del basso ventre, aggiungendo anche Camomilla romana o Rosa. L'essenza ha un'azione antimicrobica e sembra sia paricolarmente utile contro tutti i tipi di herpes applicato puro con Eucalipto o Camomilla romana e/o tintura di propoli o Echinacea oppure come ingrediente di una crema formulata allo scopo. Nella cosmesi naturale è un ingrediente adatto per creme per pelli impure, detergenti intimi, shampoo contro la forfola e i capelli grassi e maschere purificanti. Usata nel bruciaessenze aiuta a rilassarsi e mantenere l'attenzione, potrebbe essere quindi associata alla Menta nei luoghi di studio e lavoro. In aromaterapia si usa per rinforzare e riequilibrare mente e spirito turbati.
Idrolato: può essere usato puro come tonico viso in particolare sulla pelle grassa o impura; sarebbe anche un seboequilibrante da usare sui capelli. Si può quindi aggiungere a creme autoprodotte al posto della normale acqua distillata, a shampoo e altre preparazioni per il volto o i capelli.
Ricette culinarie
Si può usare qualche foglia fresca nelle insalate o nelle frittate per conferire ai piatti un delicato sentore vagamente simile al limone ma molto più delicato, tanto che mancando il Limone si può sostituire con la Melissa. Messa a macerare nell'olio o nell'aceto dona loro un aroma particolare. Insieme alla Menta od in alternativa ad essa può dare un tocco particolare alle macedonie di frutta. Si sposa bene anche con il pesce ed è perfetta come ingrediente di salse che lo accompagnino. Insieme ad altre erbe aromatiche e commestibili può rientrare nella preparazione di pesti particolari. Si utilizza anche per tutta una serie di liquori e grappe, inoltre è l'ingrediente principale delle varie Acque di Melissa che venivano prodotte, e in alcuni luoghi lo sono ancora, nei conventi. Può essere un buon aromatizzante del vino bianco.
Bevanda dissetante: d'estate quando fa molto caldo e siete affaticati per il lavoro fisico o mentale riempite una brocca di acqua fresca ed immergetevi foglie appena colte di Melissa, Menta e qualche spicchio di Limone non trattato, bevetela per avere un momento di calma e relax e per rinfrescarvi dentro e fuori.
Chartreuse: la vera Chartreuse andrebbe distillata, questa ne è una versione semplificata. Si mettono a macerare in 400 ml di alcool a 95° 10 g di Melissa fresca, 5 grammi di Issopo fresco e dopo averli pestati nel mortaio si aggiungono anche 3 g di radice fresca di Angelica, 1/2 g di Cannella, 1/2 g di Macis, 1/2 g di semi di Finocchio, 1 g di Coriandolo, un Chiodo di garofano. Si lascia a riposare per almeno 12 giorni, agitando di tanto in tanto, ed in seguito si prepara uno sciroppo con 300 ml d'acqua e 250 g di zucchero. Una volta raffreddato si unisce all'infusione alcoolica. Dopo 20 giorni si filtra e imbottiglia (ricetta tratta e adattata da Tisane, liquori, grappe e altri rimedi naturali).
Acqua di Melissa: la vera acqua di Melissa va distillata ma un valido sostituto si può ottenere con 20 g di foglie di Melissa fresche, 15 g di scorza di limone (solo la parte gialla che non è amara), 1 g di Noce moscata, 3 g di Coriandolo, 0,5 g di Chiodi di Garofano, 2 g di Cannella, 3 g di frutti di Angelica a macerare in acquavite per almeno 15 giorni, agitando ogni tanto, trascorsi i quali il tutto va filtrato e imbottigliato.
Si assume a gocce su una zolletta di zucchero o disciolta in acqua od altra bevanda, oppure se ne beve un bicchierino prima dei pasti per facilitare la digestione e stimolare l'appetito, in caso di nausea, agitazione, mestruazioni assenti o dolorose. Fino a non molti anni fa questa preparazione era prodotta da vari ordini monacali ed era considerato un rimedio per molti mali, e se ne poteva trovare una bottiglia quasi in ogni casa.
Grappa di Melissa: lasciate a macerare un mazzetto di Melissa fresca in 250 ml di grappa per 20 giorni. Sciogliete poi 5 cucchiai di miele il 750 ml di grappa a bagnomaria e aggiungetelo all'infuso. Imbottigliare anche senza filtrare. Se ne può bere un bicchierino alla sera dopo i pasti per facilitare la digestione e conciliare il sonno (ricetta tratta e adattata da Tisane, liquori, grappe e altri rimedi naturali).
Liquore di Melissa: si lasciano macerare una manciata di foglie di Melissa e la scorza di un limone non trattato per due settimane in 400 ml di alcool a 95°. Passato questo tempo si prepara uno sciroppo con 500 ml d'acqua e 400 g di zucchero; una volta raffreddato si unisce all'infusione alcoolica, poi trascorso qualche giorno si filtra e imbottiglia (ricetta tratta e adattata da Liquori - Grappe gelatine marmelate con erbe e frutti spontanei).
Fonti
Cento erbe della salute, M. L. Colombo, G. Appendino, Riccardo Luciano, Carlo Gatti, ArabaFenice, 2010
Dizionario di fitoterapia e piante medicinali, Enrica Campanini, Tecniche Nuove, 2004
Erbe sponteanee commestibili della provincia di Cuneo, Riccarlo Luciano e Carlo Gatti, ArabaFenice, 2007
Guida alle erbe, spezie e aromi, Tom Stobart, Mondadori, 1979
Il libro dell'autosufficienza, John Seymour, Mondadori, 1984
Il libro delle erbe, Pierre Lieutaghi, Rizzoli, 1981
Le erbe nostre amiche - vol. 2 e 3, Daniele Manta e Diego Semolli, Ferni, 1976
Liquori - Grappe gelatine marmelate con erbe e frutti spontanei, R. Luciano e R. Salvo, Araba Fenice, 2013
Meravigliose erbe - Bellezza Salute, Aldo Decò e Carla Volontè, Editoriale del drago, 1981
Orto e giardino biologico, Marie-Luise Kreuter, Giunti, 2011
Profumi celestiali, Susanne Fischer-Rizzi, Tecniche Nuove, 1995
Scoprire riconoscere usare le erbe, Umberto Boni e G. Patri, Fabbri Editori, 1979
Tisane, liquori, grappe e altri rimedi naturali, Laura Turati, Demetra, 1994
Actaplantarum.org - Melissa
Arcadia - Il mondo delle erbe officinali
Etimo.it
Infoerbe.it - Melissa
L'angolo di Lola
Fotografie mie scattate a Maclino (BS) e Altare (SV), tavola botanica di Otto Wilhelm Thomé.
Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citarne la fonte.
Vedi anche:
Unguento vulnerario di Achillea e Melissa
Aggiornato l'ultima volta il 27 Gennaio 2015.
venerdì 4 aprile 2014
Menta
La Menta, detta anche Erba di Santa Maria è una pianta perenne della famiglia delle Labiatae, conosciuta ed apprezzata dall'uomo fin dai tempi antichissimi. Per buona parte della nostra storia c'è stata grata amica con il suo buon profumo e le sue molte proprietà. Esistono molte varietà di Menta che si ibridano con grande facilità e a volte non è facile riconoscere l'una dall'altra. Le più diffuse e conosciute sono la Mentha aquatica e la Mentha viridis dalla cui ibridazione naturale è nata la Mentha piperita, la varietà più coltivata e conosciuta e dall'aroma più intenso; piuttosto diffuse sono anche la Mentha pulegium o Mentuccia e la Mentha rotundifolia o Mentastro.
L'aroma cambia a seconda del luogo in cui crescono, del terreno e del clima, per esempio le piante più esposte al sole hanno un maggior quantità di mentolo ed hanno quindi un aroma più deciso.
Chiaramente ogni varietà ha denominazzioni particolari, ma c'è la tendenza a dare il nome di Piperita anche a quelle che non lo sono; alcuni sono nomi popolari sono: Erba diaoluna (Lombardia), Menta da diavoloni, Pubiol bon (Veneto), Menta piperina (Marche), Amenta (Campania), Menta peperita (Sicilia).
Inglese Mint; francese Menthe, Menthe de Notre Dame; tedesco Minze, Frauenmussatze; Spagnolo Hierbabuenas, Mentas.
Descrizione: la Menta di solito non supera gli 80 cm d'altezza e tende a formare colonie, difficilmente si trovano esemplari isolati poiché quando trova un ambiente favorevole si espande in maniera esuberante, anche grazie al rizoma che produce numerosi stoloni (la principale via di propagazione delle piante ibride, che sono sterili). I fusti hanno sezione quadrangolare, spesso di colore bruno violaceo, ramificati solo verso la cima. Le foglie vi sono collocate in maniera opposta a due a due ed hanno forma appuntita o arrotondata a seconda della varietà, possono essere glabre o pelose, dentellate o no, spesso con le nervature in rilievo nella parte sottostante o comunque ben distinguibili alla vista. La tonalità di verde varia: più scuro e intenso quello della Verde e della Piperita, più chiaro quello della Mentuccia e del Mentastro. I fiori sono raccolti in spighe all'apice dei fusti o all'ascella delle foglie od ancora in capolini. Di solito sono chiari con sfumature rosa o violetto.
I frutti sono molto piccoli, tondeggianti, di colore scuro e lucenti.
Habitat: è una pianta piuttosto diffusa e facile da incontrare nelle sue molteplici varietà, nei prati, lungo fiumi e ruscelli o comunque in luoghi umidi, a margine dei campi, nei giardini e negli orti. Originaria del Mediterraneo e dell'Asia occiedentale; fu portata in Gran Bretannia dai romani dove ancora oggi è coltivata ed è stata diffusa un po' ovunque nella zona temperata, anche nel continente americano. Cresce dal mare alla montagna fino almeno ai 1200 metri.

Essendo una pianta resistente e che tende ad espandersi può risultare infestante: occupa tutto lo spazio diponibile in vaso e per terra può costituire un buon tappeto che limita la crescita delle infestanti, però ecco, io non la pianterei proprio a lato dell'insalatina da taglio.
Appunto per la sua (adorabile) crescita smodata io, che la tengo in vaso, ogni anno la dirado un po' e faccio nuovi vasetti in modo che stia più larga.
A fine autunno, quando a poco a poco si seccherà, non disperatevi, è una perenne, e a Primavera non appena l'Inverno allenterà la sua stretta, nuove foglione verdi e profumate si faranno vedere.
Sembra che Menta e Camomilla non crescano bene vicine, mentre piantata in prossimità dell'Ortica svilupperebbe più oli essenziali e in consociazione con il cavolo aiuterebbe a tenere lontana la cavolaia.
La principale malattia che può assalirla è la ruggine, e in questo caso bisogna tagliare i getti contaminati, che però presto verranno sostituiti da nuovi germogli.
La droga è costituita dalle foglie, che si possono raccogliere dalla fine della primavera al termine del periodo caldo quando la pianta si secca, e dalle sommità fiorite da cogliere all'inizio della fioritura. Nella trazione la Menta è una delle Erbe di San Giovanni, legata quindi al Soltizio d'Estate e alle sue energie; sembra infatti che in questi giorni le erbe concentrino il massimo delle loro proprietà e siano dunque i più adatti per raccoglierle a fini medicinali. In generale comunque è preferibile che la raccolta avvenga in luna crescente o piena, possibilmente in un giorno della foglia (Cancro, Pesci e in particolare Scorpione), al mattino dopo che la rugiada si è asciugata. La pianta da usare fresca invece si può raccogliere per tutta la bella stagione.
Si lascia seccare in mazzi o su reticoli all'ombra in luogo ventilato e si conserva in barattoli ben chiusi. Come in ogni campo ci vuole un minimo di buon senso e di rispetto: le piante sono esseri viventi, sicché strapparle inutilmente non è proprio il meglio, assicuratevi dunque di prelevare solo la quantità di erba che vi servirà davvero, inoltre non c'è bisogno di radere al suolo un unico cespuglio o depredare un solo prato di tutte le sue piante! Se poi sentite che questo è sensato, cercate di avvicinarvi alle piante con rispetto e affetto, come a delle sagge amiche, a delle madri più antiche di quelle umane, ricordando che state chiedendo loro un dono, quello di sacrificarsi per guarirvi, nutrirvi e riequilibrarvi.
Utilizzi
Come al solito prendete queste notizie come una traccia, sperimentate ciò che è meglio per voi, controllate bene di aver raccolto la pianta giusta, sospendete subito in caso di irritazioni o altri disturbi. Non conto di sostituirmi ad un medico/erborista/naturopata, quindi per maggior sicurezza rivolgetevi a figure professionali.

Proprietà: rinfrescanti, dissetanti, aromatizzanti, digestive, antiemetiche, antifermentative, antispasmodiche, analgesiche (uso topico), antiprurigginose (uso topico), antisettiche.
Erba fresca: si usa spargerla per terra per tenere lontani i topi ed insetti infestanti, se ne possono sfregare alcune foglioline sulle punture d'insetto per calmare il prurito e il dolore o applicarle dopo averle contuse.
Erba secca: bruciata su un carboncino e mischiata all'incenso in grani purifica l'aria viziata e allontana l'odore di fumo, e aiuta a tenere lontane le zanzare, le mosche e in particolare le pulci; secondo alcuni il Puleggio (o Mentuccia) viene chiamata così proprio per questa sua riconosciuta caratteristica. Per gli stessi fini comunque si potrà versare qualche goccia nel brucia essenze.
Insieme ad altre erbe aromatiche e spezie adatte allo scopo, come Lavanda, Limonetto (lippia citriodora), Salvia, Melissa, Cannella, Chiodi di garofano, Pepe, Canfora, Cardamomo, Rosmarino, foglie di agrumi, castagne di Ippocastano può essere chiusa in sacchettini di cotone o garza ed essere riposta negli armadi o nei cassetti dai quali tiene lontane le tarme.
Sempre chiusa in sacchettini di stoffa, questa volta con farina d'avena o sale, può essere messa nell'acqua del bagno per tonificare e profumare.
Infuso: si prepara gettando l'erba secca o fresca nell'acqua bollente o quasi a bollore e lasciando riposare pochi minuti. Per uso esterno può essere aggiunto al bagno dopo una giornata faticosa per defaticare, decongestionare e tonificare il corpo ed in questo caso può essere utile chiuderne una manciata abbondante in un pezzo di garza e appenderla direttamente sotto al getto dell'acqua calda, e poi usare l'involto come una spugna (avendo così anche una leggera azione di scrub). Versato nell'acqua del pediluvio in caso di lunghe camminate dà sollievo ai piedi. Freddo si può usare come tonico dopo la normale pulizia del viso per rinfrescare la pelle ed inoltre essendo leggermente astringente le dona un aspetto migliore. Trova valido impiego anche come ingrediente di maschere d'argilla o di bellezza.
Per uso interno può essere bevuto prima dei pasti per stimolare l'appetito o dopo per facilitare la digestione e impedire la formazione di aria, i processi di fermentazione, sedare gli spasmi e lenire i malesseri dati da un pasto troppo abbondante, magari in combinazione con il Finocchio. Tuttavia spesso questi problemi sono dati da abitudini alimentari sbagliate, e sarebbe quindi più giovevole individuarne la causa piuttosto che curare solamente il sintomo. In ogni caso sarebbe meglio non farne un uso troppo prolungato e non assumere l'infuso in caso di mancanza di necessità per non stimolare inutilmente un meccanismo giù funzionante.
Calma il senso di nausea, anche quello dovuto alla gravidanza, inoltre agendo sul sistema nerovoso aiuta a fronteggiare disturbi come insonnia, nervosismo, palpitazioni, emicranie, vomiti nervosi, spasmi uterini e vescicali. In questo caso vanno bevuti due bicchieri d'infuso al giorno, mattino e sera. Per rinforzare tali proprietà si potrebbe assumere con Camomilla o Melissa. Per aiutare nella cura dell'influenza con tosse e/oraffreddore invece si potrebbe combinare con Achillea e Sambuco.
Allo stesso tempo però, soprattutto in dosi consistenti, è un tonico generale adatto a tutti i tipi di debilitazione e debolezza.
Se ne possono fare degli sciaqui per lenire il dolore alle gengive infiammate ed il mal di denti, e per risolvere il problema dell'alito cattivo.
Vapori: si getta un pugnetto di foglie o secche o un pugno di fresche in un pentolino di acqua bollente e se ne respirano i vapori contro le affezioni dell'apparato respiratorio (chiudere gli occhi per non irritarli). Inoltre esporre il viso a questi vapori prima della pulizia giova alla pelle impura.
Sciroppo: Esistono innumerevoli versioni e ricette, quella che io ho sperimentato potete trovarla qui: Sciroppo di Menta). Un'altra tecnica è la seguente: si mettono circa 300 grammi di Menta in una terrina, sui quali si versa un litro d'acuqa bollente e si lascia macerare il tutto per qualche ora, trascorse le quali si filtra l'infuso, strizzando bene le foglie in modo da raccogliere più liquido possibile. A questo punto si trasferisce l'infuso in una pentola pentola capiente e si scalda aggiungendo lo zucchero (solitamente si dice un kilo di zucchero per litro d'acqua...a me personalmente gli sciroppi così dolci non piacciono e ho visto che diminuendo lo zucchero si conserva comunque, anche se credo per meno tempo; di solito scendo almeno a 750 g). Si mescola sul fuoco finché lo zucchero è ben sciolto e lo sciroppo inizia a bollire, allora si versa in bottiglie perfettamente pulite, che vengono tappate e capovolte. Una volta raffreddate si fanno bollire in acqua avvolte da canovacci per almeno 40 minuti in modo da sterilizzarele. Se piace alla menta si può aggiungere anche del succo di limone. Questo sciroppo si usa diluito nell'acqua per ottenre una bevanda rinfrescante ed energizzante (se ne possono anche fare ghiaccioli per lo stesso scopo!).
Oleolito: detto anche Olio di Baume. Si riempie un barattolo di rametti di Menta fatta essiccare per pochi giorni in modo che perda parte dell'acqua, si copre d'olio d'oliva (controllando che non sporga nulla dall'olio, se no può fare la muffa) e si lascia macerare al buio o al sole per un mese avendo cura di oscurare il barattolo con carta stagnola (l'esposizione alla luce non giova all'olio). Si squote di tanto in tanto. Trascorso il mese si filtra strizzando bene le foglioline di Menta, e si mette in una bottiglietta scura. Se si è formato un deposito di goccioline d'acqua sul fondo abbiate cura di non versarle insieme all'olio. Si può usare per fare massaggi sulle gambe stanche dopo essere stati in piedi a lungo e può aiutare la ciccatrizzazione dei piccoli tagli. Tuttavia l'effetto dell'oleolito è piuttosto blando, inquanto il contenuto di olio essenziale è minimo, sicché per i massaggi io personalmente preferirei olio con alcune gocce di essenza, mentre per la cura delle ferite in ogni caso integrerei con Achillea, Calendula o Iperico. In ogni caso quest'oleolito ha un buon odore, quindi se proprio si vuole può essere preparato per essere utilizzato durante i normali massaggi al posto dell'olio puro.
Olio essenziale: ha un colore giallo pallido o tendente al verdino. Se ne può versare una goccia nell'acqua per i fumenti (tenete gli occhi chiusi in modo che non si irritino) o una in acqua fredda per gargarismi e sciaqui. Alcune gocce versate su un fazzoletto avvicinato a naso e bocca fanno riprendere dai mancamenti e dal mal d'auto. Massaggiato in piccole quantità sulle tempie combatte il mal di testa (giusto una o due gocce, evitare il contatto con gli occhi). Diluito in olii o acqua può essere usata per massaggi o compresse contro dolori reumatici, muscolari, punture d'insetti, gambe pesanti. Si può aggiungere anche a pediluvi e bagni al posto dell'infuso ma bisogna sempre usarne una quantità minima essendo, come tutte le essenze, molto concentrato.
Insieme ad altri olii adatti come quello di Eucalipto, Timo, Tea Tree può rientrare nella formulazione di unguenti balsamici per sedare la tosse, aprire il naso e aiutare a risolvere altre malattie dell'apparato respiratorio.
Sembra che versarne una goccia su un dente dolorante attenui il dolore.
Può essere addizionato a creme autoprodutte e a gel per gambe affaticate.
Se se ne versa qualche stilla su un tappo di sughero e lo si ripone in cassetti, armadi o dispense oltre a profumare si terranno lontani gli insetti.
Secondo l'aromaterapia quest'essenza stimola la memoria, la concentrazione e favorisce la chiarezza mentale, perciò è particolarmente adatta ad essere usata in uffici, scuole, luoghi di studio (lampada per aromi, anello di ceramica, coppetta con acqua posta su una fonte di calore).
ATTENZIONE: Non va usato sui bambini sotto ai 3 anni, ingerito può provocare malesseri, non usare puro sulle mucose, non farlo entrare in contatto con gli occhi.
Idrolato: quest'acqua profumata che è lo scarto di produzione dell'olio essenziale conserva comunque parte dei principi idrosolubili della pianta e una piccola porzione di essenza. Può quindi essere usato puro come tonico rinfrescante, specialmente sulle pelli impure, o addizionato a creme al posto della normale acqua distillata per preparazioni rinfrescanti e astingenti.
Ricette culinarie
A seconda dell'uso si sceglierà la varietà più adeguata: quando dev'essere d'accompagnamento ad altri sapori si scelgono quelle più delicate, invece per la preparazione dello sciroppo, per esempio, si preferirà la Piperita che è più forte.
In Francia non viene molto usata, in Inghilterra si usa principalmente per la crema di Menta che si accompagna all'agnello; in Italia e Spagna è un'aromatica abbastanza diffusa, ma non armonizza bene con le altre perché il suo sapore è molto deciso e le sovrasta. In Medio Oriente il suo utilizzo è molto comune ed il thé aromatizzato con le sue foglie è diffusissimo in buona parte dell'Africa e nell'Asia occidentale, fino all'India dove a volte viene impiegato nella preparazione del chai (un thé ottenuto con l'aggiunta di spezie e latte), inoltre è noto come ingrediente del Mohjito.
Un trito di Menta o alcune foglioline possono essere utilizzate a fine cottura per insaporire patate lesse, carote saltate, piselli, fagioli, lenticchie, melanzane grigliate, pomodori ripieni, funghi in umido,cetrioli conditi; può essere piacevole nella macedonia e come aggiunta alle insalate che rende particolarmente rinfrescanti, trova un posto anche nelle frittate. Congelata nei cubetti di ghiaccio o messa fresca nella caraffa dell'acqua, magari insieme a succo di limone, aiuta a rinfrescare durante le calde giornate estive. Alcune foglie aggiunte alla marmellata di mele le donano un aroma particolare. La sciroppo (per la ricetta vedi sopra) si può usare sciolto nell'acqua come tonico rinfrescante o per ghiaccioli, cubetti di ghiaccio, o su macedonia o dolci di frutta.
Le ricette che comprendono questo profumatissimo ingrediente sono moltissime, qui di seguito ne ho raccolte alcune:
Burro alla menta: estare un cucchiaio di foglie di menta in un mortaio, aggiungere 60 g di burro, un pizzico di sale e pepe e succo di limone in modo che le foglie non anneriscano, mescolare bene per qualche minuto in modo che gl'ingredienti siano incorporati uniformemente. Si può usare per tartine e uova sode (ricetta tratta ed adattata da Il Prato nel piatto).
Salsa agrodolce alla Menta: si sciolgono 50 g di zucchero in 2 bicchieri di aceto bianco bollente, e si versa il tutto su 150 g di foglie di Menta tritate finemente,amalgamando bene il composto, quindi si lascia riposare per almeno un'ora. Questa tipica salsa inglese si usa per accompagnare le carni, in particlare quella di agnello, si conserva in un vasetto in frigo, e si mescola bene ogni volta prima dell'uso (ricetta tratta e adattata da Il Prato nel Piatto).
Spaghetti alla Menta e Basilico: mescolare una buona quantità di olio e un trito di 10 g di Menta e 30 di Basilico, un pizzico di sale e un po' di formaggio gratuggiato.per ottenere un condimento simile al pesto. Aggiungere un pizzico di sale e un po' di formaggio grattugiato. Una volta cotta e scolata la pasta si mescola bene in un tegame con questo pesto aromatico e se serve si aggiunge ancora un po' d'olio (ricetta tratta e adattata da Il Prato nel Piatto).
Crocchette alla Menta: ammollare 140 g di pane secco in acqua tiepida e poi strizzarlo. Battere quattro uova con sale, pepe, paprika, noce moscata, parmigiano grattugiato, una manciata di foglie di Menta tritate e il pane. Lasciar riposare alcuni minuti, friggere e quando le crocchette sono ben dorate scolarle e lasciarle asciugare brevemente prima di servirle ancora calde (ricetta tratta e adattata da Il Prato nel Piatto).
Insalata di Menta e Melone: si taglia mezzo melone a cubetti e si condisce con sale, olio e qualche rametto di foglie di Menta spezzettate. Si mescola bene e si lascia ad insaporire; visto che è un piatto estivo si può riporre in frigo e servire ben freddo per rinfrescare (ricetta tratta e adattata da Il Prato nel Piatto).
Frittelle di Menta di campo: si prepara una pastella dolce con 100 g di farina, zucchero e acqua q. b. e 50 g di foglie di Menta. Dopo aver ben mescolato si aggiunge un albume montanto a neve, e si frigge. Una volta scolate le frittelle si cospargono a piacere di zucchero a velo (ricetta tratta e adattata da Il Prato nel Piatto).
Marmellata di mele alla Menta: si sbucciano e tagliano a pezzi un kilo di mele e si mettono in una pentola con poco succo di Limone perché non anneriscano e, se piace, una scorza di Limone grattuggiata. Quindi si tritano 150 g di foglie di Menta e si uniscono alle mele; si lascia cuocere finché il tutto schiacciando le mele finché non si ottiene una consistenza cremosa, poi si aggiungono 700 g di zucchero e il succo di un Limone. Si lascia sul fuoco finché non diventa densa, quindi si versa nei barattoli ben puliti, che vanno tappati e capovolti per formare il sottovuoto.
Questa marmellata oltre ad arricchire crostate o fette di pane è rinfrescante e digestiva (ricetta tratta e adattata da Scoprire, riconoscere usare le erbe).
Sorbetto alla Menta: far sciogliere 100 g di zucchero in 400 g d'acqua bollente, dunque spegnere la fiamma e aggiungere la scorza (solo il giallo) di un limone tagliato a listarelle e 15 g di Menta tritata finemente. Coprire e lasciar riposare per un quarto d'ora, filtrare, aggiungere l'albume di un uovo e mettere nel congelatore (ricetta tratta e adattata da Il Prato nel Piatto).
Menta cristallizzata: le foglie vengono passate nella chiara d'uovo sbattuta (ma non montata con un po' di zucchero) e dopo averle sgocciolate si passano nello zucchero a velo facendo attenzione a che siano totalmente ricoperte. Si fanno asciugare nel forno aperto a 50° finché la copertura non s'indurisce oppure all'aria su un foglio di carta da forno (ci vorrà qualche giorno). Si conservano in un vasetto o in una scatola di latta (ricetta tratta e adattata da Erbe spontanee commestibili della provincia di Cuneo).
Grappa alla Menta: mettere 30 g di Menta in un recipiente a chiusura ermetica insieme a un litro di grappa e lasciare macerare almeno una settimana al sole, dopo di che filtrare e imbottigliare. Se ne può bere un bicchierino per facilitare la digestione. Si può aggiungere anche uno sciroppo di zucchero e acqua in parti uguali (un kilo di zucchero ed un litro d'acqua), ed anche qualche grammo di semi di anice, ma in questo caso bisognerà raddoppiare la quantità di droga ed allungare il tempo di macerazione ad una quarantina di giorni (ricette tratte e adattate da Tisane, liquori, grappe e altri rimedi naturali).
Grappa al miele e Menta: porre 10 g di Menta, 40 g di miele preferibilmente di Eucalipto in un vaso a macerare con un litro di grappa per una quarantina di giorni e squotere di tanto in tanto, quindi filtrare e imbottigliare. Se ne può bere un po' per alleviare i disturbi della gola (ricetta tratta e adattata da Tisane, liquori, grappe e altri rimedi naturali).
Garten: in un litro di grappa si fanno macerare per una decina di giorni 10 g di Menta, 10 di Camomilla e 290 di radice di Liquerizia contusa, dopo di che si filtra e s'imbottiglia.
Un bicchierino di questa grappa aiuta a rilassarsi ed è anche un buon digestivo (ricetta tratta e adattata da Tisane, liquori, grappe e altri rimedi naturali).
Liquore di Menta ed erbe: in un contenitore di vetro si mettono 10 foglie di Menta, 2 Chiodi di garofano, 2 fiori di Camomilla, una scorza di limone, 2 foglie di Basilico, 2 di Salvia, 2 di Alloro e 4 bacche di Ginepro, il tutto ricoperto da 300 ml di alcool a 95°. Trascorsi 15 giorni si unisce uno sciroppo, lasciato raffreddare composto da 300 g di zucchero e 350 ml d'acqua. Si lascia il tutto ancora qualche giorno a macerare, poi si filtra ed imbottiglia. Lasciar riposare almeno un mese (ricetta tratta da Liquori - Grappe gelatine marmellate con erbe e frutti spontanei).
Fonti
Dizionario di fitoterapia e piante medicinali, Enrica Campanini, Tecniche Nuove, 2004
Erbe selvatiche in Liguria e dintorni, Simonetta Maccioni, Emanuele Guazzi, Lucia Amadei, Sagep, 1999 Erbe spontanee commestibili della provincia di Cuneo, Riccardo Luciani e Carlo Gatti, Araba Fenice, 2007
Guida alle erbe, spezie e aromi, Tom Stobart, Mondadori, 1979
Il libro dell'autosufficienza, Lohn Saymour, Mondadori, 1984
Il libro delle erbe, P. Lieutaghi, Rizzoli, 1981
Il Prato nel Piatto, Alma Lanzani Abbà, Mondadori, 1989
Le erbe nostre amiche - vol. 2 e 3, Daniele Manta e Diego Semolli, Ferni, 1976
Liquori - Grappe gelatine marmellate con erbe e frutti spontanei, R. Luciano e R. Salvo, Araba Fenice, 2013
Orto e giardino biologico, Marie-Luise Kreuter, Giunti, 2011
Profumi celestiali, S. Fischer-Rizzi, Tecniche nuove, 1995
Scoprire, riconoscere, usare le erbe, U. Boni e G. Patri, Fabbri Editori, 1979
Tisane, liquori, grappe e altri rimedi naturali, Laura Turati, Demetra, 1994
Actaplantarum.org - Mentha aquatica e Mentha longifolia
Erbe officinali - Menta Piperita e Mentastri
Infoerbe.it - Menta piperita
Fotografie mie scattate a Savona, tavola botanica d'autora sconosciuto.
Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citarne la fonte.
Vedi anche:
Dentifricio naturale in polvere
Deodorante naturale
Myntha - Unguento Balsamico
Sciroppo di Menta
Aggiornato l'ultima volta il 22 Marzo 2015.
lunedì 17 marzo 2014
Sentire l'energia delle piante
Quando mi metto a studiare una particolare pianta, com'è successo ad esempio per la Calendula e il Larice, inizio un processo lento di "corteggiamento" dell'essenza di quell'essere vivente. E' strano a dire, ma sento come il bisogno di scrivere e raccogliere informazioni su di lui (o lei!), di sapere tutto il possibile sul suo modo di vivere, interagire con le altre specie, riprodursi, attirare o respingere animali e altre piante, gli usi che se ne possono fare sia pratici che come pharmakon (in greco questa parola indica sia la medicina che il veleno). E questa è la via della testa.
C'è però anche un lungo periodo di osservazione, di avvicinamento, c'è un tempo per stare seduta vicino a loro e cercare di entrare in contatto con la loro energia, di aprirsi al loro segreto, di sentire quale sia la sfumatura del loro spirito.
Trovo che l'osservazione e la tacita vicinanza siano valori spesso dimenticati; nella permacultura invece, per esempio, questa attitudine viene rispettata: prima di agire e intervenire nell'ambiente se ne osservano i ritmi e i vari cicli, in modo da inserirsi armoniosamente in essi, sconvolgendoli il meno possibile.
Una cosa che mi piace molto fare in questa fase dello studio è sedermi vicino alla pianta e dopo averla guardata per un certo tempo ed essermi così avvicinata a lei, provare a sentire la sua energia. E' molto facile e c'è subito una risposta. Con gli alberi che sono più grossi è un po' meno immediato, ma con le piccole erbe basta avvicinare le mani e percepire. Credo che ognuno di noi senta l'energia in maniera un po' diversa, a me capita di sentire calore e formicolio sul palmo delle mani, e come una calda pulsazione.
Di solito avvicinando o allontanando un poco le mani percepisco come una sfera intorno alla pianta, quando premo su di essa un poco mi respinge, come se stessi comprimendo qualcosa, e così è chiaro il suo contorno. Però la cosa bellissima è che di solito mentre all'inizio qusta sfera è piccola, ben presto sembra ingrandirsi, grazie allo scambio e l'interazione di energia (penso io).
Si entra in comunicazione e in uno stato di scambio con la pianta, e le sensazioni che si provano in quel momento possono dire qualcosa della sua particolare essenza.
A volte a questo punto capisco che quel particolare tipo di energia è sia esterna a me, ma ha anche un corrispondente interno a me, come se ci fosse qualcosa nel mio paesaggio interiore che ha proprio quella sfumatura. Come se nel profondo ci fosse un giardino in cui sta ogni pianta che cresce fuori, il cui nome non è altro che un simbolo per il suo complesso particolare di azione, reazione, energia. Come fuori così dentro verrebbe da dire, modificando il famoso detto alchemico. E questo è un grande dono che ci viene elargito quanto pratichiamo quest'esercizio: la consapevolezza di essere un tuttuno, di far parte della stessa cosa, di funzionare allo stesso modo della pianta che abbiamo davanti.
Si può terminare cercando di far confluire l'energia comune sull'erba, come un dono e un grazie per essersi potute trovare, oppure indirizzarla alla terra appoggiando le mani su di essa.
Con gli alberi è più difficile, credo, perché hanno un aura, una sfera di energia, più estesa, quindi a volte ci si è già dentro ancor prima di iniziare e non si riesce a trovare il suo contorno.
Comunque come in tutte le cose la sperimentazione vi darà linee più sicure su come comportarvi.
Trovo che questo piccolo esercizio di avvicinamento sia utile non solo quando si cerca di comprendere qualcosa su una pianta in particolare, ma anche come scambio di energia, come occasione per riattivarla e smuoverla, come tentativo di ritrovare la consapevolezza della propria partecipazione al macrocosmo che ci circonda, come via per intendere che il nostro microcosmo ne è un riflesso...
Provate, e se viva poi ditemi come vi siete trovati!
Grazie a Enrico per avermi per primo fatto sperimentare questo tipo di sentire, e per avermi prestato La vita segreta delle piante di Peter Tompkins e Christopher Bird, in cui si raccontano tutta una serie di esperimenti volti a capire e scoprire il modo di interagire dei vegetali, un universo stupefacente, insospettato, al quale non siamo abituati a prestare attenzione.
C'è però anche un lungo periodo di osservazione, di avvicinamento, c'è un tempo per stare seduta vicino a loro e cercare di entrare in contatto con la loro energia, di aprirsi al loro segreto, di sentire quale sia la sfumatura del loro spirito.
Trovo che l'osservazione e la tacita vicinanza siano valori spesso dimenticati; nella permacultura invece, per esempio, questa attitudine viene rispettata: prima di agire e intervenire nell'ambiente se ne osservano i ritmi e i vari cicli, in modo da inserirsi armoniosamente in essi, sconvolgendoli il meno possibile.
Una cosa che mi piace molto fare in questa fase dello studio è sedermi vicino alla pianta e dopo averla guardata per un certo tempo ed essermi così avvicinata a lei, provare a sentire la sua energia. E' molto facile e c'è subito una risposta. Con gli alberi che sono più grossi è un po' meno immediato, ma con le piccole erbe basta avvicinare le mani e percepire. Credo che ognuno di noi senta l'energia in maniera un po' diversa, a me capita di sentire calore e formicolio sul palmo delle mani, e come una calda pulsazione.
Di solito avvicinando o allontanando un poco le mani percepisco come una sfera intorno alla pianta, quando premo su di essa un poco mi respinge, come se stessi comprimendo qualcosa, e così è chiaro il suo contorno. Però la cosa bellissima è che di solito mentre all'inizio qusta sfera è piccola, ben presto sembra ingrandirsi, grazie allo scambio e l'interazione di energia (penso io).
Si entra in comunicazione e in uno stato di scambio con la pianta, e le sensazioni che si provano in quel momento possono dire qualcosa della sua particolare essenza.
A volte a questo punto capisco che quel particolare tipo di energia è sia esterna a me, ma ha anche un corrispondente interno a me, come se ci fosse qualcosa nel mio paesaggio interiore che ha proprio quella sfumatura. Come se nel profondo ci fosse un giardino in cui sta ogni pianta che cresce fuori, il cui nome non è altro che un simbolo per il suo complesso particolare di azione, reazione, energia. Come fuori così dentro verrebbe da dire, modificando il famoso detto alchemico. E questo è un grande dono che ci viene elargito quanto pratichiamo quest'esercizio: la consapevolezza di essere un tuttuno, di far parte della stessa cosa, di funzionare allo stesso modo della pianta che abbiamo davanti.
Si può terminare cercando di far confluire l'energia comune sull'erba, come un dono e un grazie per essersi potute trovare, oppure indirizzarla alla terra appoggiando le mani su di essa.
Con gli alberi è più difficile, credo, perché hanno un aura, una sfera di energia, più estesa, quindi a volte ci si è già dentro ancor prima di iniziare e non si riesce a trovare il suo contorno.
Comunque come in tutte le cose la sperimentazione vi darà linee più sicure su come comportarvi.
Trovo che questo piccolo esercizio di avvicinamento sia utile non solo quando si cerca di comprendere qualcosa su una pianta in particolare, ma anche come scambio di energia, come occasione per riattivarla e smuoverla, come tentativo di ritrovare la consapevolezza della propria partecipazione al macrocosmo che ci circonda, come via per intendere che il nostro microcosmo ne è un riflesso...
Provate, e se viva poi ditemi come vi siete trovati!
Grazie a Enrico per avermi per primo fatto sperimentare questo tipo di sentire, e per avermi prestato La vita segreta delle piante di Peter Tompkins e Christopher Bird, in cui si raccontano tutta una serie di esperimenti volti a capire e scoprire il modo di interagire dei vegetali, un universo stupefacente, insospettato, al quale non siamo abituati a prestare attenzione.
mercoledì 12 febbraio 2014
Lo Spirito del Larice
"Ma i larici che personalmente
ammiro e fors'anche venero, sono quelli che nascono e vivono sulle scaffe delle
rocce che portano il tempo: sono lì nei secoli a sfidare i fulmini e le bufere,
sono contorti e con profonde cicatrici prodotte dalla caduta delle pietre, i
rami spezzati, ma sempre, a ogni primavera quando il merlo dal collare ritorna
a nidificare tra i mughi, si rivestono di luce verde e i loro fiori risvegliano
gli amori degli urogalli. E all'autunno, quando la montagna ritorna silenziosa,
illuminano d'oro le pareti."
Da un po' di tempo sento il bisogno di scrivere di lui, l’aggraziato abitante delle vette, l’amante del Sole che cresce nell’aria azzurra e rarefatta delle montagne che amo. E quando lo vedo così forte, tenero e inusualmente leggiadro non posso fare altro che sorridergli. A chi me l’ha chiesto, ho detto che in questo periodo della vita l’albero a cui mi sento più affine è lui, il Larice. Ho provato ad ascoltarlo a studiarlo e ad avvicinarlo con la mente e con la pancia e questo è ciò che ho ottenuto.
Intanto per capire lo Spirito di una pianta serve osservala: come cresce? In che ambiente? Come si comporta con gli altri vegetali? Come interagisce con gli altri esseri viventi? Cosa dice il suo aspetto?
Guardiamo il Larice: ama le cime dei monti e da quelle grandi altezze si può dimenticare tranquillamente del tran tran delle grandi città, delle notizie di guerra e della plastica dietro ad ogni filo d’erba, non è uno di quegli alberi da centro urbano, non sopporta il rumore e le folle, no, lui punta ai luoghi in cui dimorano ancora solo vecchi, qualche pastore, pochi spiriti dei boschi e gli animali selvatici. Vive bene con i propri simili proteggendosi a vicenda, ma sa stare anche con quei pochi altri abitanti del confine estremo delle foreste: il Cembro, il Mugo, la Betulla… E poi, vogliamo parlare della libertà di quei Larici che crescono a guardia di poche mandrie e qualche malgaro, laddove gli altri alberi cedono il posto ai prati e all'infinito trionfo dei fiori e dei cespugli di mirtilli e rododendri? Vogliamo dire della sensazione esaltante di pace e compimento di quegli individui isolati in cima al mondo, come yogi o Buddha che ignorati da tutti hanno raggiunto l’illuminazione? Sono i compagni di marmotte, aquile, volpi, qualche coppia di lupi ed altri piccoli animali laddove Natura merita ancora pienamente questo nome.
Ma lassù il Larice si sa adattare ad ogni condizione, affronta senza rimpianto per la pianura il clima mutevole delle vette e riesce a trarre nutrimento da qualsiasi terreno, anche poco ricco, basta che non sia pesante, zuppo e con acqua stagnante. Perché se c’è una cosa che il Larice proprio non sopporta è il ristagno, di acqua, di aria (infatti i lariceti sono piuttosto radi) e dell’energia vitale in generale, per questo, secondo me, Larch come fiore di Bach aiuta le persone la cui vita è bloccata dalla mancanza di fiducia in sé stessi.
Cresce dritto, snello e slanciato se lo si lascia fare, quelli che invece hanno preso un po’ di bastonate e qualche tempesta di troppo sono più pesanti e contorti, ma lui, il Larice, resiste sempre, e più lo si mette alla prova più si fortifica e indurisce, e credo che sia anche per questo che giova a chi manca di stima per le proprie capacità.
E poi a guardarlo, il Larice ti inganna un po’: ok è una conifera pensi, ma non austero e folto come l’Abete, né massiccio e leggermente inquietante come il Tasso, ed è anche diverso dal Pino Mugo e dal Cembro che pure a volte gli crescono insieme, meno tozzo e pieno. E poi c’è anche quella questione della perdita delle foglie a confondere ulteriormente le carte. Forse è per questo che i tipi Larch negativi pensano di non saper affrontare le difficoltà, gli inverni dell’esistenza: li confonde il fatto di perdere le foglie, l’energia esterna che si concentra invece all’interno, in modo da lavorare nel profondo, per poter sopravvivere fino a primavera. Beh cari i miei amici Larch negativi, adesso ve lo dico e ricordatevelo: benché perdiate le foglie siete conifere, ovvero siete fatti per affrontare il freddo, l’inverno; voi nella neve ci sguazzate, se solo siete in grado di prendere la decisione di mollare la presa e tuffarvi nella vita.
Mario Rigoni Stern, Arboreto salvatico, Einaudi, 2015
Da un po' di tempo sento il bisogno di scrivere di lui, l’aggraziato abitante delle vette, l’amante del Sole che cresce nell’aria azzurra e rarefatta delle montagne che amo. E quando lo vedo così forte, tenero e inusualmente leggiadro non posso fare altro che sorridergli. A chi me l’ha chiesto, ho detto che in questo periodo della vita l’albero a cui mi sento più affine è lui, il Larice. Ho provato ad ascoltarlo a studiarlo e ad avvicinarlo con la mente e con la pancia e questo è ciò che ho ottenuto.
Intanto per capire lo Spirito di una pianta serve osservala: come cresce? In che ambiente? Come si comporta con gli altri vegetali? Come interagisce con gli altri esseri viventi? Cosa dice il suo aspetto?
Guardiamo il Larice: ama le cime dei monti e da quelle grandi altezze si può dimenticare tranquillamente del tran tran delle grandi città, delle notizie di guerra e della plastica dietro ad ogni filo d’erba, non è uno di quegli alberi da centro urbano, non sopporta il rumore e le folle, no, lui punta ai luoghi in cui dimorano ancora solo vecchi, qualche pastore, pochi spiriti dei boschi e gli animali selvatici. Vive bene con i propri simili proteggendosi a vicenda, ma sa stare anche con quei pochi altri abitanti del confine estremo delle foreste: il Cembro, il Mugo, la Betulla… E poi, vogliamo parlare della libertà di quei Larici che crescono a guardia di poche mandrie e qualche malgaro, laddove gli altri alberi cedono il posto ai prati e all'infinito trionfo dei fiori e dei cespugli di mirtilli e rododendri? Vogliamo dire della sensazione esaltante di pace e compimento di quegli individui isolati in cima al mondo, come yogi o Buddha che ignorati da tutti hanno raggiunto l’illuminazione? Sono i compagni di marmotte, aquile, volpi, qualche coppia di lupi ed altri piccoli animali laddove Natura merita ancora pienamente questo nome.
Ma lassù il Larice si sa adattare ad ogni condizione, affronta senza rimpianto per la pianura il clima mutevole delle vette e riesce a trarre nutrimento da qualsiasi terreno, anche poco ricco, basta che non sia pesante, zuppo e con acqua stagnante. Perché se c’è una cosa che il Larice proprio non sopporta è il ristagno, di acqua, di aria (infatti i lariceti sono piuttosto radi) e dell’energia vitale in generale, per questo, secondo me, Larch come fiore di Bach aiuta le persone la cui vita è bloccata dalla mancanza di fiducia in sé stessi.
Cresce dritto, snello e slanciato se lo si lascia fare, quelli che invece hanno preso un po’ di bastonate e qualche tempesta di troppo sono più pesanti e contorti, ma lui, il Larice, resiste sempre, e più lo si mette alla prova più si fortifica e indurisce, e credo che sia anche per questo che giova a chi manca di stima per le proprie capacità.
E poi a guardarlo, il Larice ti inganna un po’: ok è una conifera pensi, ma non austero e folto come l’Abete, né massiccio e leggermente inquietante come il Tasso, ed è anche diverso dal Pino Mugo e dal Cembro che pure a volte gli crescono insieme, meno tozzo e pieno. E poi c’è anche quella questione della perdita delle foglie a confondere ulteriormente le carte. Forse è per questo che i tipi Larch negativi pensano di non saper affrontare le difficoltà, gli inverni dell’esistenza: li confonde il fatto di perdere le foglie, l’energia esterna che si concentra invece all’interno, in modo da lavorare nel profondo, per poter sopravvivere fino a primavera. Beh cari i miei amici Larch negativi, adesso ve lo dico e ricordatevelo: benché perdiate le foglie siete conifere, ovvero siete fatti per affrontare il freddo, l’inverno; voi nella neve ci sguazzate, se solo siete in grado di prendere la decisione di mollare la presa e tuffarvi nella vita.
Ma continiuamo, vediamo il portamento: chiaramente non è un come
il Nocciolo dai mille fusti, né come la Quercia dai molti e possenti rami, ma
neanché immita la Betulla sempre in ordine e leggiadra; no, la forma è quella
tipica delle pinacee, il cono. Il Larice ha la sua direzione e segue quella,
non si allarga di qua e di là a tastare e conoscere cose diverse, lui sa da che
parte andare, e cioè verso il Sole. E così fa crescendo veloce, dritto e
diretto, ma con brio. Infatti i suoi rami maggiori, crescono più o meno tutti
alla stessa angolazione, ma se lo guardate quando è spoglio, i rametti più
piccoli, frastagliati dai brachiplasti, sembrano andare dove vogliono loro, a
volte riversandosi in basso a cascata, altre puntando verso l’alto proprio
prima di finire (sembrano i capelli di una vecchia strega! Di quelle di
campagna un po’ nonne e un po’ megere, vagamente inquietanti, appena appena
ridicole, sicuramente sapienti). Però anche quando ha le foglie la chioma
rimane ariosa e leggera, aperta, e con quel senso di scapigliato adorabile,
misto a una grazia tutt’altro che artefatta e posata. Insomma, fra le altre
cose non mi stupisce manco un po’ che le leggende dolomitiche lo facciano
derivare dal velo da sposa dell’amante del Sole!
E quelle foglie, appuntite, è vero, ma diciamocelo: è tutta apparenza, il Larice non punge, quella sua aria di minaccia serve solo come arma preventiva per tener lontani compagni indesiderati. Quando deve dir loro addio lo fa in grande stile, con il verde tenero che a poco a poco si trasforma in una cascata d’oro e poi in un tappeto ramato; si prende il suo tempo ma lo fa.
Veniamo alla sua abbondanza di linfa, quel suo sangue vegetale delle mille proprietà che nei tempi passati si raccoglieva e lavorava in tante maniere, grazie ai molti saperi pratici degli uomini e delle donne della montagna, che nel suo seno duro ma generoso trovavano tutto. Questa sua resina chiarisce quel senso di fluido e acquoreo che mi dà l’albero nel suo insieme, ed infatti essa stessa aiuta a far scorrere le acque e disperdere i ristagni: è diuretica, ed il fiore di Bach aiuta a sbloccare le situazioni di mancanza di fiducia (l’acqua rappresenta l’emotività e la sensibilità, doti di cui spesso gli sfiduciati sono ricchi, ma che non sanno bene come esprime e liberare al meglio). E poi, aiuta a respirare liberamente, infatti giova in caso di tosse e come rimedio floreale ci aiuta a respirare di nuovo, ad aprirci così come aperti ai venti sono le chime dei Larici ed il bosco che formano, a tirare un sospiro di sollievo dopo esserci tolti un peso, tacitando quel giudice interiore inviperito che ci portiamo appresso, che ci dice sempre che no, non ce la possiamo fare, che non vale manco la pena provare, che comunque non siamo capaci di farlo, che il fallimento rovinoso è certo ecc. ecc.
Da notare che è proprio l’abbondanza di resina che rende il Larice tanto resistente all’usura del tempo e degli elementi, quindi, non lamentatevi della vostra sensibilità e dei vostri sentimenti se veri, fluidi e trasparenti come la linfa dell’albero: sono proprio loro che vi mantengono vivi, vitali e in grado di far fronte agli eventi.
E poi il rosso, gente; vorrebbe quasi nasconderlo, sembra, ma la sua corteccia lo mostra chiaramente, in superficie se è giovane e sotto alle scaglie grigio-brune se è più vecchio, i suoi fiori lo dichiarano apertamente e per chi avesse ancora dubbi le sfumature del suo legno lo confermano per molti anni a venire (tutti i lunghi anni in cui travi e assi resistono diligentemente alle intermperie). Ed il rosso vuol dire Eros, vuol dire Amore, voluttà, malizia, sensualità soprattutto, ma diffusi e leggeri, quasi diluiti e sfumati. Come le volute che creano le gocce d’inchiostro nell’acqua, se avete presente, o il karkadé quando lo si mette nella tazza (che paragoni!).
I frutti: sono i figli dell’albero, ciò che esso genera, ciò che reca i semi di nuove generazioni. Ma i figli non sono solo fisici, sono tutte quelle idee, opere, pensieri, progetti che una donna concepisce, sviluppa, nutre ed in fine affida al mondo. Ed all’individuo Larice piace conservare i suoi frutti dopo che hanno rilasciato i semi, gli piace ornarsi delle sue conquiste e delle sue vittorie, dei suoi successi e delle buone idee che ha avuto per poterne fare uso ogni volta che serve. Li riprende e li riusa, li approfondisce e chiarisce. Quando poi non servono più, perché la vita si evolve e va avanti, li lascia cadere scienza rimpianto con rametto e tutto.
Il Larice, il Larice…il Larice. Ecco quello che mi ha rivelato nei nostri taciti colloqui, ho capito che sposa forza e resistenza, perseveranza, semplicità, grazia ed una certa eleganza benché un po’ scomposta. Il suo messaggio è l’apertura, all’aria, alla vita, alla luce sempre però con un certo riguardo Questo messaggio è lo stesso che porta il fiore di Bach a coloro che invece si ripiegano e chiudono in sé stessi. Se loro cedono il passo ad altri, il Larice invece si prende lo spazio che gli serve, non ha bisogno di giustificazioni per farlo.
E quelle foglie, appuntite, è vero, ma diciamocelo: è tutta apparenza, il Larice non punge, quella sua aria di minaccia serve solo come arma preventiva per tener lontani compagni indesiderati. Quando deve dir loro addio lo fa in grande stile, con il verde tenero che a poco a poco si trasforma in una cascata d’oro e poi in un tappeto ramato; si prende il suo tempo ma lo fa.
Veniamo alla sua abbondanza di linfa, quel suo sangue vegetale delle mille proprietà che nei tempi passati si raccoglieva e lavorava in tante maniere, grazie ai molti saperi pratici degli uomini e delle donne della montagna, che nel suo seno duro ma generoso trovavano tutto. Questa sua resina chiarisce quel senso di fluido e acquoreo che mi dà l’albero nel suo insieme, ed infatti essa stessa aiuta a far scorrere le acque e disperdere i ristagni: è diuretica, ed il fiore di Bach aiuta a sbloccare le situazioni di mancanza di fiducia (l’acqua rappresenta l’emotività e la sensibilità, doti di cui spesso gli sfiduciati sono ricchi, ma che non sanno bene come esprime e liberare al meglio). E poi, aiuta a respirare liberamente, infatti giova in caso di tosse e come rimedio floreale ci aiuta a respirare di nuovo, ad aprirci così come aperti ai venti sono le chime dei Larici ed il bosco che formano, a tirare un sospiro di sollievo dopo esserci tolti un peso, tacitando quel giudice interiore inviperito che ci portiamo appresso, che ci dice sempre che no, non ce la possiamo fare, che non vale manco la pena provare, che comunque non siamo capaci di farlo, che il fallimento rovinoso è certo ecc. ecc.
Da notare che è proprio l’abbondanza di resina che rende il Larice tanto resistente all’usura del tempo e degli elementi, quindi, non lamentatevi della vostra sensibilità e dei vostri sentimenti se veri, fluidi e trasparenti come la linfa dell’albero: sono proprio loro che vi mantengono vivi, vitali e in grado di far fronte agli eventi.
E poi il rosso, gente; vorrebbe quasi nasconderlo, sembra, ma la sua corteccia lo mostra chiaramente, in superficie se è giovane e sotto alle scaglie grigio-brune se è più vecchio, i suoi fiori lo dichiarano apertamente e per chi avesse ancora dubbi le sfumature del suo legno lo confermano per molti anni a venire (tutti i lunghi anni in cui travi e assi resistono diligentemente alle intermperie). Ed il rosso vuol dire Eros, vuol dire Amore, voluttà, malizia, sensualità soprattutto, ma diffusi e leggeri, quasi diluiti e sfumati. Come le volute che creano le gocce d’inchiostro nell’acqua, se avete presente, o il karkadé quando lo si mette nella tazza (che paragoni!).
I frutti: sono i figli dell’albero, ciò che esso genera, ciò che reca i semi di nuove generazioni. Ma i figli non sono solo fisici, sono tutte quelle idee, opere, pensieri, progetti che una donna concepisce, sviluppa, nutre ed in fine affida al mondo. Ed all’individuo Larice piace conservare i suoi frutti dopo che hanno rilasciato i semi, gli piace ornarsi delle sue conquiste e delle sue vittorie, dei suoi successi e delle buone idee che ha avuto per poterne fare uso ogni volta che serve. Li riprende e li riusa, li approfondisce e chiarisce. Quando poi non servono più, perché la vita si evolve e va avanti, li lascia cadere scienza rimpianto con rametto e tutto.
Il Larice, il Larice…il Larice. Ecco quello che mi ha rivelato nei nostri taciti colloqui, ho capito che sposa forza e resistenza, perseveranza, semplicità, grazia ed una certa eleganza benché un po’ scomposta. Il suo messaggio è l’apertura, all’aria, alla vita, alla luce sempre però con un certo riguardo Questo messaggio è lo stesso che porta il fiore di Bach a coloro che invece si ripiegano e chiudono in sé stessi. Se loro cedono il passo ad altri, il Larice invece si prende lo spazio che gli serve, non ha bisogno di giustificazioni per farlo.
Abbandoni la
confusione e la folla in favore della Natura (la tua natura o quella esteriore)
da solo o con i tuoi fratelli, ed eccoti lassù dove non tutti arrivano e hanno
le risorse e la forza per vivere, ma sappi che anche se credi di non farcela in
realtà sei più versatile di molti altri che ti appaiono più ricchi e “ramificati”,
vari; la tua vita creativa, la tua anima, è in grado di trovare nutrimento
anche nelle situazioni più povere di nutrimento, anche quando i sassi e i
fulmini della vita ti colpiscono a causa della tua posizione di pioniere. Non
importa, cioè sì ma non è questo l’importante: tu vai e fai quello che senti e
sii quello che sei, anche se ti sembra di non sapre come, anche se ci sono
degli ostacoli e le avversità sembrano abbattersi su di te, non sono forza e
resistenza che ti mancano. Fallo. Perché se segui il tuo spirito “non puoi
mancare a glorioso porto” (per dirla con Dante) e ciò che non ti uccide (e sono
poche le cose che possono uccidere il Larice) ti fortifica, e di molto. Lo
spazio, la luce e la libertà non sono un optional o qualcosa che ti può essere
concesso, ma ciò che tu devi a te stesso.
E poi, lo so, tu credi di non sapere quel’è la tua direzione, ma guarda in alto verso il Sole, la Luce e la Verità. E vai.
E poi, lo so, tu credi di non sapere quel’è la tua direzione, ma guarda in alto verso il Sole, la Luce e la Verità. E vai.
Vi chiederete forse come faccio a parlare così, a parlare
per il Larice…ebbene, ho detto che mi sento come Lui ora. Ma per molto tempo
tutti i caratteri negativi che vengono curati da questo rimedio floreale sono
stati i miei lati buii, i miei mali, che credevo insanabili. Sicché, compagni
Larch, non disperate, si può guarire!
Questo viaggio con il Larice è stato lungo ed affascinante,
mi ha dato molto e smosso dentro, così come il Cipresso ed il Frassino prima di
lui, anche se di questi non ho scritto. Vedremo quale altro albero occuperà i
miei giorni ed il mio cuore ora…
Buon viaggio e buona vita, gente!
Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citarne la fonte.
Vedi anche:
Larice
Illustrazioni botaniche di Larice
Mitologia del Larice.
Buon viaggio e buona vita, gente!
Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citarne la fonte.
Vedi anche:
Larice
Illustrazioni botaniche di Larice
Mitologia del Larice.
martedì 11 febbraio 2014
Mitologia del Larice
Nelle valli dolomitiche, laddove il Larice occupa vasti
pendii e sembra quasi che arrivi a lambire i cieli limpidi sopra le vette, e alberi
e animali sembrano ancora essere lì lì per mettersi a fare accordi e narrare
storie agli uomini, si narra di come vide magicamente la luce. In Val Costeàna,
vicino a Cortina, si trovano il Col de la
Merisana e poco distante il Ru de ra
Vèrgines “il torrente delle Vergini”, così chiamato, secondo i racconti del
luogo, perché abitato da incantevoli spiriti femminili delle acque, che nel
caldo mezzogiorno uscivano dal fiume vestite di chiari abiti, e vagavano sul
colle della Merisana. La collina prendeva il nome dalla loro regina, Merisana
appunto, la bellissima signora delle Ondine, alla quale andavano il rispetto e
l’amore di piante, animali, acque e spiriti naturali. Ma nonostante la vita
beata e la bellezza del suo regno incantato, Merisana, non era felice, poiché
il suo cuore pietoso le diceva che non esisteva felicità se qualcuno nel mondo
soffriva, ed erano tanti coloro che ovunque si trovavano in questa condizione,
secondo quanto le raccontavano ogni tanto i pastori.
Un bel giorno però, il Rèi de Ràjes
(Re dei Raggi), sovrano di un luogo poco distante, si trovò a passare lungo il
rio delle Vergini, dove si fermò a riposare. Mentre fissava le limpide acque
del fiume ecco apparire ai suoi occhi il volto di una splendida fanciulla,
tanto bella come mai ne aveva viste, che per un solo istante lo fissava dal
fondo del torrente, per scomparire subito dopo. Che dolcezza in quegli occhi,
che grazia in quell’espressione amorosa, quale bellezza in quel volto!
Il Re dei Raggi tornò al suo regno, ma conservò chiaro e vivo nel cuore il ricordo della splendida fanciulla intravista nella corrente del rio, e per un intero anno rifiutò di prendere in sposa qualsiasi ragazza gli venisse proposta, per quanto bella, poiché sempre aveva davanti agli occhi quel volto dolcissimo.
Dopo quell’anno però gli venne rivelato che colei che aveva intravisto nei flutti, altri non era se non una delle fanciulle del fiume, e che poteva vederla emergere da esso ad ogni mezzogiorno. E così il Re dei Raggi fece in modo di trovarsi presso l’acqua nel fulgore del mezzogiorno, ed ecco che la bella fanciulla, che altri non era se non Merisana, emerse tutta adorna di gocce che rilucevano al sole. I due si parlarono, e per sei giorni lui si recò in quel luogo e si intrattenne lietamente con lei, e poi il settimo la chiese in sposa, ed essa disse che volentieri l’avrebbe sposato, ma prima avrebbe voluto trovare un modo per far cessare la sofferenza di tutti gli esseri viventi. Il Re si consultò con i suoi saggi, ma questi gli riferirono che ciò che Merisana voleva era impossibile da realizzare; allora essa chiese che il dolore fosse bandito almeno per un giorno, quello delle sue nozze, ma ancora le venne detto che ciò non era fattibile. Così, alla fine essa acconsentì a condizione che tutti fossero felici almeno per un’ora, quella che lei aveva più cara, il mezzogiorno, durante il suo sposalizio.
Allora tutti si rallegrarono, gli alberi fronzuti, gli animali sui prati e nelle tane, le erbe piccole e grandi, i monti e i corsi d’acqua, perché per qualche tempo ogni loro dolore, ogni loro sofferenza fino al più piccolo fastidio furono sospesi. Allora la terra generò mille e mille fiori dagli infiniti colori e tutti li portarono come dono alla bella e gentile sposa che con il suo desiderio li aveva resi felici. C’erano così tanti mazzi di fiori quel giorno, che due nani presenti alla festa li raccolsero tutti insieme e diedero loro l’aspetto di un albero: il Larice. Ma il nuovo albero appassiva infretta poiché era fatto di fiori recisi, così Merisana rinunciò al suo velo di sposa e lo gettò sul Larice per dargli vita propria. Così sotto a quei rami sottili ornati di tutta la bellezza della terra e della riconoscenza di tutti i viventi per Merisana, si compirono le nozze fra lei ed il suo amato Re dei Raggi. Ed è proprio a causa della sua magica nascita che il Larice perde le foglie d’autunno a differenza delle altre conifere, e quando le riacquista in primavera e rinverdisce, si può intravedere in esso la trama sottile del velo da sposa della bellissima Merisana.
Il Re dei Raggi tornò al suo regno, ma conservò chiaro e vivo nel cuore il ricordo della splendida fanciulla intravista nella corrente del rio, e per un intero anno rifiutò di prendere in sposa qualsiasi ragazza gli venisse proposta, per quanto bella, poiché sempre aveva davanti agli occhi quel volto dolcissimo.
Dopo quell’anno però gli venne rivelato che colei che aveva intravisto nei flutti, altri non era se non una delle fanciulle del fiume, e che poteva vederla emergere da esso ad ogni mezzogiorno. E così il Re dei Raggi fece in modo di trovarsi presso l’acqua nel fulgore del mezzogiorno, ed ecco che la bella fanciulla, che altri non era se non Merisana, emerse tutta adorna di gocce che rilucevano al sole. I due si parlarono, e per sei giorni lui si recò in quel luogo e si intrattenne lietamente con lei, e poi il settimo la chiese in sposa, ed essa disse che volentieri l’avrebbe sposato, ma prima avrebbe voluto trovare un modo per far cessare la sofferenza di tutti gli esseri viventi. Il Re si consultò con i suoi saggi, ma questi gli riferirono che ciò che Merisana voleva era impossibile da realizzare; allora essa chiese che il dolore fosse bandito almeno per un giorno, quello delle sue nozze, ma ancora le venne detto che ciò non era fattibile. Così, alla fine essa acconsentì a condizione che tutti fossero felici almeno per un’ora, quella che lei aveva più cara, il mezzogiorno, durante il suo sposalizio.
Allora tutti si rallegrarono, gli alberi fronzuti, gli animali sui prati e nelle tane, le erbe piccole e grandi, i monti e i corsi d’acqua, perché per qualche tempo ogni loro dolore, ogni loro sofferenza fino al più piccolo fastidio furono sospesi. Allora la terra generò mille e mille fiori dagli infiniti colori e tutti li portarono come dono alla bella e gentile sposa che con il suo desiderio li aveva resi felici. C’erano così tanti mazzi di fiori quel giorno, che due nani presenti alla festa li raccolsero tutti insieme e diedero loro l’aspetto di un albero: il Larice. Ma il nuovo albero appassiva infretta poiché era fatto di fiori recisi, così Merisana rinunciò al suo velo di sposa e lo gettò sul Larice per dargli vita propria. Così sotto a quei rami sottili ornati di tutta la bellezza della terra e della riconoscenza di tutti i viventi per Merisana, si compirono le nozze fra lei ed il suo amato Re dei Raggi. Ed è proprio a causa della sua magica nascita che il Larice perde le foglie d’autunno a differenza delle altre conifere, e quando le riacquista in primavera e rinverdisce, si può intravedere in esso la trama sottile del velo da sposa della bellissima Merisana.
Merisana sembra essere una forma di “meridiana” (dal latino
“mezzo giorno”), l’orologio solare che grazie all’ombra gettata da una punta su
un piano numerato permette di sapere che ore sono. Strumenti di misurazione
solare però sono diffusi in tutto il mondo dai più antichi primordi umani, e a
questo ambito appartengono anche tutti quei luoghi costruiti in modo che i
raggi di sole di un determinato giorno (solstizio, equinozio ecc.) colpiscano
un punto particolare della struttura. Ma esistono anche meridiane naturali,
costituite da pietre, cime di monti ed altro ancora, e una di queste si trova
poco lontano dal luogo in cui si svolge la storia di Merisana, e prende il nome
di Bèco de Mesodì “Becco di
Mezzodì”.
Il nome Rèi de Ràjes indica chiaramente il Sole, e tutta la leggenda è piena di riferimenti solari.
Il Larice è dunque il dono di nozze di una delle Amanti del Sole, una delle Luminose Signore delle Acque e della Luce, una Dispensiera di Gioia, una portatrice di bellezza e pace, colei che dona agli esseri viventi la quiete e la dolcezza, una Signora di compassione. Ed il suo albero non può che conservare parte di questo spirito lieto e donarlo a chi gli s’avvicina con rispetto e meraviglia.
Questa atmosfera luminosa e solare mi porta ad intravedere un legame fra il Larice e la festa del Solstizio d’Estate, quando il Sole è al massimo della sua forza ed il giorno dura a lungo, ma richiama anche la dea Diana nel cui tempio non esistevano ombre, ed anche quelle dee che ricevevano l’appellativo di Lucina (dal latino lux “luce”) o Lucifera “che porta luce” come la stessa Diana o Giunone. Ma Merisana mi fa pensare anche ad Amaterazu, la Dea-Sole dello shintoismo giapponese, ma anche alla compassionevole Tara del buddhismo indiano e tibetano, e a Kwan Yin del buddhismo estremo orientale.
Nel Tirolo il Larice era anche associato alle Salg Fräulein o Selige Fräulein, dove selig è traducibile come “beato, felice, benedetto, saggio” mentre fraulein significa “signorine”. Erano costoro soavi fanciulle biancovestite, che potevano essere viste cantare all’ombra dei vecchi Larici, e da loro potrebbero discendere le Salighe che ancora popolano i racconti del basso Tirolo. Si sa pochissimo di questi spiriti naturali, ma come molte loro sorelle, queste Dame bianco vestite, a metà fra fata, strega e saggia Donna mortale incarnano lo sprito della Natura e del bosco, e possono essere benevole e concedere favori e aiuto ai montanari, oppure dimostrarsi avverse a coloro che le importunano.
Il nome Rèi de Ràjes indica chiaramente il Sole, e tutta la leggenda è piena di riferimenti solari.
Il Larice è dunque il dono di nozze di una delle Amanti del Sole, una delle Luminose Signore delle Acque e della Luce, una Dispensiera di Gioia, una portatrice di bellezza e pace, colei che dona agli esseri viventi la quiete e la dolcezza, una Signora di compassione. Ed il suo albero non può che conservare parte di questo spirito lieto e donarlo a chi gli s’avvicina con rispetto e meraviglia.
Questa atmosfera luminosa e solare mi porta ad intravedere un legame fra il Larice e la festa del Solstizio d’Estate, quando il Sole è al massimo della sua forza ed il giorno dura a lungo, ma richiama anche la dea Diana nel cui tempio non esistevano ombre, ed anche quelle dee che ricevevano l’appellativo di Lucina (dal latino lux “luce”) o Lucifera “che porta luce” come la stessa Diana o Giunone. Ma Merisana mi fa pensare anche ad Amaterazu, la Dea-Sole dello shintoismo giapponese, ma anche alla compassionevole Tara del buddhismo indiano e tibetano, e a Kwan Yin del buddhismo estremo orientale.
Nel Tirolo il Larice era anche associato alle Salg Fräulein o Selige Fräulein, dove selig è traducibile come “beato, felice, benedetto, saggio” mentre fraulein significa “signorine”. Erano costoro soavi fanciulle biancovestite, che potevano essere viste cantare all’ombra dei vecchi Larici, e da loro potrebbero discendere le Salighe che ancora popolano i racconti del basso Tirolo. Si sa pochissimo di questi spiriti naturali, ma come molte loro sorelle, queste Dame bianco vestite, a metà fra fata, strega e saggia Donna mortale incarnano lo sprito della Natura e del bosco, e possono essere benevole e concedere favori e aiuto ai montanari, oppure dimostrarsi avverse a coloro che le importunano.
Presso alcune popolazioni siberiane come Ostiachi e
Turaniani, il nostro albero sarebbe stato l’Albero cosmico (benché in questo
caso non parliamo più di Larix decidua, ma di un’altra varietà) ed i boschi
sacri che li ospitavano venivano ornati con pelli, frecce, oggetti in metallo,
stoffe, pellice ed ospitavano le immagini degli Dei del luogo.
Di alcune altre interessanti notizie riguardanti il Larice
non sono riuscita a trovare le fonti, come per esempio riguardo le Hexenrüttel,
bacchette di Larice che in Germania si appenderebbero su porte e finestre il 30
aprile per tenere lontane le streghe, o la tradizione secondo la quale i
bambini avrebbero indossato un collare fatto di corteccia di questo albero per
tenere lontano il diavolo. Non dubito però che tradizioni simili siano
esistite, ed in parte ancora si tramandino, nei luoghi in cui il Larice cresce
presso le case ed è uno dei compagni della vita degli uomini. Tante piccole
consuetudini ed atti d’amore e rispetto per questo saggio e luminoso fratello
maggiore. Non ho dubbi che chissà dove e chissà quando donne e uomini di conoscenza
hanno attinto allo spirito solare e leggero di quest’albero, lasciandosi
guidare e consigliare da esso.
Bibliografia
Arboreto salvatico, Mario Rigoni Stern, Einaudi, 1996,
Donne selvatiche, Claudio Risé e Moidi Paregger, Frassinelli, 2002
Encyclopedia of Fairies in World Folklore and Mythology, T. Bane, 2013
Florario, Alfredo Cattabiani, Mondadori, 2009
I Monti Pallidi, Carl Felix Wolff, Cappelli Editore, 1987
Leggende delle Alpi, Maria Savi-Lopez, Editrice Il Punto, 2011Arboreto salvatico, Mario Rigoni Stern, Einaudi, 1996,
Donne selvatiche, Claudio Risé e Moidi Paregger, Frassinelli, 2002
Encyclopedia of Fairies in World Folklore and Mythology, T. Bane, 2013
Florario, Alfredo Cattabiani, Mondadori, 2009
I Monti Pallidi, Carl Felix Wolff, Cappelli Editore, 1987
Lo Spirito degli Alberi, Fred Hageneder, Ed. Crisalide, 2004
The Forest in Folklore and Mythology, Alexander Porteous, Dover Publication, 2002
The Lore of the forest, Alexander Porteous, Cosimo, 2005
Sitografia
The Forest in Folklore and Mythology, Alexander Porteous, Dover Publication, 2002
The Lore of the forest, Alexander Porteous, Cosimo, 2005
Sitografia
Fotografia mia scattata a Quarzina (CN).
Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citarne la fonte.
Vedi anche:
Larice
Illustrazioni botaniche di Larice
Lo Spirito del Larice
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