mercoledì 30 settembre 2015

Dioscoride

 Vita
Pedanio Dioscoride di Anazarbe in Cilicia (odierna Turchia) visse nel I sec. d. C, indicativamente fra il 40 e il 90 d. C. Non sappiamo molto della sua vita, se non le informazioni che lui stesso ci ha lasciato nella sua opera; nel prologo dice che fin dalla fanciullezza s'interessò all'arte medica, e che grazie ai suoi viaggi dovuti alla "vita militare" conobbe molte cose. Questo ha fatto pensare che si trattasse di un medico delle legioni, anche se altri propendono per interpretare questo passo figurativamente come un riferimento alla durezza dei suoi viaggi in cerca di erbe, e che quindi si trattasse di uno studioso e raccoglitore. In qualsiasi caso, grazie a questa sua conoscenza diretta dei semplici, poté includere nei suoi libri sulle piante medicinali, molte erbe mai citate prima dagli autori greci o proveniente da diversi paesi.
La sua opera Peri hules iatrikes "Sulle sostanze medicinali" (meglio conosciuta con il suo nome latino De materia medica) è datata intorno al 67 d. C. ed è dunque contemporanea di altro importante testo per la storia dell'erboristeria, la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, ma sembra che tra i due autori non ci siano stati contatti, benché alcune fonti siano comuni.
Dioscoride dedicò la sua opera a tale Areio, un istruttore di Tarso (città poco lontana da Anazarbe), ma non si sa se costui fu suo maestro nell'arte medica o meno.
Nel IV canto dell'Inferno Dante pone Dioscoride nel limbo, presso il castello degli "spiriti magni": "e vidi il buono accoglitor del quale, Diascoride dico" (1).

L'opera
Non è facile ricostruire la struttura originaria dell'opera, poiché i primi papiri che ci riportano il testo greco (II e IV sec. d.C.) sono frammentari mentre i manoscritti più antichi risalgono al VI sec. S'è però ipotizzato che in origine ci fossero V libri che raccoglievano in diversi capitoli più di 800 sostanze curative diverse, per lo più d'origine vegetale, ma anche animale e minerale; i rimedi erano ordinati per azione e non alfabeticamente, per consentire una più agevole memorizzazione e scelta della materia adatta ai medici che consultavano il libro.
Ogni capitolo trattava una diversa pianta, e vi si poteva trovare una descrizione dell'aspetto, del luogo in cui trovarla, delle sue proprietà e preparazioni curative. Probabilmente le illustrazioni a colori non c'erano nell'originale, e potrebbero essere state tratte o ispirate all'opera di Crateva (I a. C.), medico di Mitridate re del Ponto. Ciò ha creato non poche difficoltà nell'identificazione moderna delle piante trattate, poiché a volte le immagini non corrispondono al testo, o contengono particolari non vero-simili o stilizzati; a complicare ulteriormente la cosa, interviene il fatto che alcuni  fitonimi moderni, nell'antichità erano attribuiti ad altre erbe.
Copisti tardo antichi introdussero anche sinonimi dei nomi botanici in varie lingue fra cui latino, siriaco, ebraico, arabo, dacico, tracio, e vari dialetti dell'Asia minore ma anche altri attribuiti a Pitagora e Zoroastro.
Col passare del tempo venne modificato anche il numero dei libri (fra I e IX), il numero di capitoli (fra 100 e 900), l'ordine che a volte divenne alfabetico, e la presenza o meno di illustrazioni.

Tradizione manoscritta
Per quanto riguarda la tradizione del testo greco, abbiamo una decina di papiri frammentari di cui i più antichi risalgono al II e IV secolo e circa sessanta manoscritti.
 Il più antico è il cosi detto Vienna Dioscurides (Codex Vindobonensis Medicus Graecus 1, conservato alla Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna) compilato nel 515 d. C. e regalato dai cittadini di Costantinopoli alla principessa dell'Impero Romano d'Oriente Julia Anicia (e quindi detto anche Codex Aniciae Jiulianae). Oltre al De materia medica riporta un Carmen de viribus herbarum,  la parafrasi di Theriaka e Alexipharmaka di Nicandro, due trattati sugli animali marini di Oppiano e Dionisio. E' ordinato alfabeticamente e corredato da immagini, tratta 435 piante.
Qui e qui si possono vedere alcune delle illustrazioni.
 Un'altro importante manoscritto è il Dioscurides Neapolitanus (Codex ex Vindobonensis Graecus 1, conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli) risalente al VI-VII secolo; anch'esso in greco, tratta di 409 piante ordinate alfabeticamente ed è corredato da illustrazioni.
Qui si può consultare la riproduzione digitalizzata dell'intero manoscritto, e qui varie interessanti informazioni e risorse on-line.
 Il Parisinus graecus 2179 (conservato alla Biblioteca Nazionale Francese di Parigi) del VIII sec., scritto forse a Gerusalemme in greco, contiene illustrazioni di 415 piante ripartite in ordine tematico in cinque libri.
Qui si può trovare la riproduzione digitalizzata dell'intero manoscritto.
 Il manoscritto precedente ed il Florentinus Laurentianus 74  del XIV sec., entrambi in V libri illustrati non alfabetici, sarebbero secondo i filologi quelli più aderenti all'opera originale di Dioscoride, pur non essendo i più antichi testimoni del testo.
Un'altro interessante manoscritto è il Morgan Dioscurides (Ms. M. 652, conservato alla Morgan Library di New York) del IX-X sec. copiato a Costantinopoli; oltre al De materia medica riporta le opere già citate per il Vienna Dioscurides, con un surplus di illustrazioni rispetto al manoscritto austriaco.
Qui si può consultare la riproduzione digitalizzata dell'intero manoscritto, e qui si possono reperire informazioni sullo stesso.

Per quanto riguarda la tradizione in lingua latina, il primo a citare Dioscoride è Marziale Gangilio (III sec. d. C.) che nella sua opera De herbis feminis riporta 34 capitoli tradotti in latino del De materia medica, ma non si sa se la traduzione sia sua o di altri. In qualsiasi caso con il declino della conoscenza della lingua greca nella parte occidentale dell'Impero, tradurre le grandi opere della grecità, soprattutto quelle di particolare utilità pratica, era divenuta una necessità, e così Dioscoride non cadde nell'oblio come molti altri suoi "colleghi", che furono riscoperti solo dal Rinascimento in poi.
I manoscritti latini più antichi, sono il Parisinus latinus 9332 (conservato alla Biblioteca Nazionale Francese di Parigi) del VIII sec.  e il Latinus monacensis 337 (conservato alla Biblioteca Nazionale Bavarese di Monaco) del X sec. e vengono chiamati Dioscuride Longobardus.
Nel XII sec. circolavano vari manoscritti detti Dyoscoride che oltre al De materia medica in ordine alfabetico integravano altre opere ed erano legati all'ambiente della Scuola salernitana.
Dal latino si ottennero nel IX secolo anche traduzioni in siriaco e poi in arabo e in seguito in persiano, ma ci fu anche il passaggio dal greco all'arabo nello stesso periodo. Queste traduzioni arabe vennero ritradotte in latino a Toledo nel XII secolo senza però mischiarsi con quelle dei Dyoscoride della Scuola salernitana.
Nel 1478 si ha la prima stampa del testo latino e nel 1499 si colloca l'edizione aldina, ovvero la prima o più prestigiosa edizione a stampa del testo greco, dalla quale deriveranno molteplici traduzioni in latino e più tardi nelle lingue moderne. Fra queste, spicca quella dell'italiano Pietro Andrea Matthioli  del 1544, a sua volta tradotta in varie lingue e arricchita con le sue considerazioni e precisazioni sulle piante trattate, e con varie e particolareggiate incisioni.
Qui si trova la riproduzione digitalizzata dell'edizione del 1573.
Con il prevalere dell'epoca moderna e della chimica farmaceutica l'opera di Dioscoride viene via via abbandonata, dopo non meno di XVI secoli di celebrità e storia.
Nel corso del XIX secolo sono stati fatti vari studi che hanno portato all'edizione critica del testo greco ancora oggi più autorevole e utilizzata, quella approntata da Max Wellmann, pubblicata fra il 1906 e il 1914 in tre volumi. La si può consultare qui.

Riflessioni
Dioscoride viene considerato uno dei padri della medicina e dell'erboristeria, secondo solo a Ippocrate, alla pari di Teofrasto e Galeno, grazie alla sua scientificità; le sue parole sono state lette, imparate, meditate e applicate per più di un millennio e mezzo, centinaia di erboristi e medici, studenti e ciarlatani, appassionati e stravaganti ci guardano da queste pagine.
Nel già citato prologo, oltre a sottolineare la passione per l'argomento che l'ha spinto a ricerche faticose e dure, rileva come la conoscenza delle erbe non possa venire dai libri o da notizie di seconda mano. Critica infatti alcuni suoi contemporanei poco attenti, confusionari e scarsamente pratici della materia, sostenendo che lui invece ha conosciuto e visto molte cose, altre le ha sapute da coloro che abitano i luoghi dove le piante da lui studiate crescevano.
Trovo questa considerazione fondamentale e sensata: il mondo dei semplici è un mondo vivo e vitale che ci attende appena oltre la porta di casa e la pagina scritta; Dioscoride ricorda l'importanza della pratica, della vita vissuta a contatto con le erbe che sola può dare la vera conoscenza, direi quasi una sorta di "amicizia" con i vegetali, che diventano un po' come dei vecchi amici che fa sempre piacere rivedere. E mi piace pensare che da questo sodalizio con la Natura, oltre alle ovvie ed utili deduzioni logiche sull'uso delle materie mediche, possa derivare anche una certa conoscenza "sottile" ed energetica delle nostre verdi compagne.
Più avanti descrive i tempi di raccolta delle varie parti delle piante, come vanno essiccate e conservate, specificando che bisogna conoscere il loro aspetto durante tutto il ciclo vegetativo, per poterle sempre riconoscere con sicurezza; sono quasi rimasta sorpresa nel constatare che le indicazioni scritte nel I sec. d. C. sono uguali a quelle che si possono trovare al giorno d'oggi nei vari libri sulle proprietà delle piante! Siamo abituati a pensare alle civiltà che ci hanno preceduto come più arretrate rispetto a noi, eppure sembra che nel corso dei XVI secoli che ci separano da Dioscoride, siamo noi quelli che hanno perso un certo tipo di rapporto con le medicine, le materie che curano appunto, demandando la loro conoscenza e preparazione a lontani specialisti e alla chimica farmaceutica (non volendo obbiettare ovviamente, sulla grande efficacia della moderna medicina in molti casi). Il nostro tra l'altro, sostiene di aver tratto parte delle sue conoscenze dalla viva voce di coloro che condividevano lo stesso ambiente con le piante, dunque una conoscenza empirica, popolare, e pulsante, non arroccata in asettici luoghi di studio. Si potrebbe trovare dell'ironia nel constatare che lo stesso Dioscoride è ben presto diventato una istituzione, parte di quel "sapere libresco" che tanto aborriva!


Note
(1) Dante, Divina commedia, Inferno, IV, 139-140.

Immagini
Salvo la prima rappresentante Dioscoride, le altre sono tratte dai manoscritti descritti prima della figura. Ho cercato di riportare in particolare le illustrazioni riguardanti la Rosa e la Violetta laddove è stato possibile, per evidenziare la continuità della rappresentazione nel corso dei secoli, divenuta ormai canonica ed in alcuni casi piuttosto stilizzata.

Utilità
Oltre ai siti già indicati e a quelli citati nelle fonti possono essere utili i seguenti:
Qui breve introduzione e testo greco (sito in francese, testo greco).
Qui riproduzione digitalizzata di alcune pagine del manoscritto Patavinus seminarii 194 conservato alla Biblioteca del Seminario di Padova, del XIV secolo e informazioni varie a riguardo (sito in inglese).
Qui riproduzione digitalizzata del manoscritto 2659 conservato alla Biblioteca Universitaria di Salamanca, del XV secolo (sito in spagnolo testo in greco).
Qui riproduzione digitalizzata del manoscritto 2850 conservato alla Biblioteca Nazionale Francese di Parigi, del XIII secolo (sito in francese testo in arabo).

Fonti
Dioscoride. Pedanii Dioscuridis Anazarbei De Materia Medica Libri quinque nell'edizione critica di Max Wellmann del 1907
Dioscoride - Wikipedia.fr
Pedanii Dioscoridis Anazarbei De materia medica quinque nell'edizione con traduzione latina di Curtius Sprengel del 1829-30
PlantUse - Dioscoride
Progetto Dioscorides dell'Università di Napoli
Pour une nouvelle édition du De materia medica de Dioscoride : problèmes d’un texte à tradition multiple di Marie Cronier

Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citarne la fonte.

Vedi anche:
Pietro Andrea Matthioli 
Plinio il Vecchio 
Storia dell'Achillea
Storia della Calendula
Storia della Violetta  
Raccolta

giovedì 6 agosto 2015

Illustrazioni botaniche di Larice

Pinus Larix da New Kreüterbuch di Leonhart Fuchs, pubblicato nel 1543.

Pinus Larix da Herbarium Blackwellianum di Elisabethae Blackwell, pubblicato nel 1765.

Pinus Larix da  Flora rossica di Peter Simon Pallas, pubblicato nel 1784.

Pinus larix da Afbeeldingen der artseny-gewassen met derzelver Nederduitsche en Latynsche beschryvingen di Dirk Leonard Oskamp, pubblicato nel 1796.

Larix americano da Birds of America di John James Audubon, pubblicato fra il 1826 e il 1838.

Pinus Larix da Vollständige Beschreibung und Abbildung der Sämmtlichen Holzarten di Friedrich L. Krebs, pubblicato nel 1826.

Larix europea da Unsere Waldbäume, Sträucher und Zwergholzgewächse di Ludwig Klein, pubblicato nel 1839.

Larix decida da La Belgique horticole, journal des jardins et des vergers, pubblicato nel 1872.

Larix decidua da Flora von Deutschland Österreich und der Schweiz di Otto Wilhelm Thomé, pubblicato nel 1885.


Larix decidua da Medizinal Pflanzen di  Hermann Adolph Kohler, pubblicato nel 1887.

Larix laricina da Water-color sketches of American plants, especially New England di Helen Sharp, pubblicato fra il 1888 e il 1910.

Pinus Larix da Description of the genus Pinus and some other remarkable plants di A. B. Lambert, nell'edizione del 1890.

Larix europaea da Atlas des plantes de France di Amédée Masclef, pubblicato nel 1890.

Larix decidua da Die officinellen Pflanzen der Pharmacopoea Germanica di Friedrich Georg Kohl, pubblicato fra il 1891 e il 1895.

Pinus Larix da Flora Batava di Jan Kops, nell'edizione del 1920.

Vedi anche:
Larice
Mitologia del Larice
Lo Spirito del Larice
Illustrazioni botaniche di Achillea 
Illustrazioni botaniche di Calendule
Illustrazioni botaniche d'Iperico
Illustrazioni botaniche di Rosa (parte I)
Illustrazioni botaniche di Rosa (parte II) 
Illustrazioni botaniche di Violette 

mercoledì 5 agosto 2015

Mitologia dell'Achillea

Mitologia classica
 Come ho gia avuto modo di rilavare qui, l'Achillea ha uno stretto legame con i Guerrieri dalla notte dei tempi, probabilmente a causa della sua capacità di fermare la perdita di sangue e risanare le ferite da tagli, come possiamo evincere dai suoi molti nomi popolari in ogni lingua e tempo come herba militaris, stratioikes, Erba dei tagli, Herbe aux charpentiers, Soldier's woundwoert ecc. Uno fra i più grandi guerrieri della mitologia greca, è certamente Achille, l'eroe della guerra di Troia che ha donato il suo nome all'erba in questione. Plinio infatti, racconta che gli achei, salpati verso la Troade, erano invece arrivati in Misia, dove Telefo era re, e si erano dati al saccheggio. Ne seguì un'aspra battaglia durante la quale Telefo venne ferito da Achille, e secondo un oracolo, solo da lui avrebbe potuto essere curato, in alcune versioni grazie alla ruggine della sua lancia, secondo altri invece, proprio dall'Achillea. Achille aveva appreso dal centauro Chirone, presso il quale era cresciuto, l'uso delle erbe; del centauro figlio di Filira, ho già in parte parlato nell'articolo sulla Mitologia del Tiglio, e vorrei qui richiamare l'attenzione sul fatto che quest'essere a metà fra la natura e la civiltà, fra l'uomo e l'animale, fra il divino ed il mortale, è ritenuto uno dei donatori della conoscenza delle erbe agli esseri umani. Come a dire che solo una parte dello spirito delle piante può essere colto dal mero intelletto, per il resto, forse, può tornare utile...l'intuito? L'ascolto? Una qualità più animale e meno razionale? Come a significare che per poter usare le grandi proprietà delle piante bisogna in qualche maniera riavvicinarsi alla Natura e da lei apprendere, tornare ad essere Lei. Ma queste sono chiaramente miei personalissime considerazioni. Tuttavia mi piace pensare ad una catena di conoscenza trasmessa da antichissimi uomini e donne, da Filira a Chirone, ad Achille, e via così fino a noi oggi che ancora stendiamo la mano sull'utile Achillea e le chiediamo aiuto.
Troviamo poi il nome "panacea Heraklea" o Heraklea, ed ecco che un altro grande guerriero viene evocato dalla nostra erba, Eracle figlio di Zeus che sconfitti tutti i nemici, portati a termine tutti i suoi compiti, concluse tutte le sue fatiche, venne accolto nell'Olimpo e divenne lo sposo di Ebe, la Giovinezza.
Sembra comunque che la nostra pianta sia stata utilizzata dagli eserciti fin sulla soglia della modernità, e sono convinta che questa vita comunitaria fra il Guerriero e l'Achillea abbia avuto la sua celebrazione con piccoli riti ed usanze, di cui però non ho trovato traccia.

Non meno impotante, è l'associazione con Venere dataci dal fitonimo "sopracciglio di Venere" che si trova in Dioscoride (I sec d. C.), confermata da scrittori successivi e moderni studiosi delle segnature delle piante. Per altro l'utilità dell'Achillea nelle cose d'amore, è stata rilevata anche da altre popolazioni antiche, come ad esempio quelle che abitavano le Isole Britanniche (come vedremo in seguito), e si è conservata fino ad oggi nel folklore. Questo repentino cambio di prospettiva, dal Guerriero alla Dea dell'Amore, forse non è troppo stupefacente, considerando anche che Venere era l'amante di Marte (1) l'unica che poteva fargli deporre le armi, e che un certo collegamente fra forza, vigoria e sessualità è ancora identificabile ai nostri giorni (non intendendo certo la sua degenerata forma di sesso=violenza)
Ma io personalmente, non sono troppo incline a celebrare la guerra e la violenza, se non come estrema risorsa difensiva, e mai come strumento di mantenimento di un ordine prevaricatore, squilibrato e generatore di dolore ed ulteriore violenza. Sicché, tenendo conto anche dell'altro grande campo d'azione dell'Achillea oltre a quello vulnerario, ovvero quello mestruale, mi piace pensare ad un uso più intimo e pacifico, sororale e tramandato di donna in donna, sotto il manto della dolce Venere, Signora del Ventre Femminile.

Paesi anglosassoni
Nei testi in inglese antico Achillea è Gearwe, Geappe, Geapupe, Gappe dal proto-germanico *garwo mentre alcuni nomi popolari moderni, oltre a Yarrow e Milfoil sono Nosebleed plant, Old man's pepper, Devil's nettle, Sanguinary. Oltre ai tradizionali nomi legati alla capacità di fermare il sangue, di particolare interesse è Devil's nettle "Ortica del diavolo", poiché spesso le piante del Diavolo o delle Streghe sono quelle strettamente legate a forme religiose precedenti il cristianesimo, e quest'ultimo potrebbe essere il nostro caso, a giudicare dalla mole di usanze riguardanti l'Achillea che si sono conservate fino a noi. Eccone alcune.
In inghilterra si solletica una narice con una foglia di Millefoglio e si dice:
"Achillea, achillea, achillea, sostieni un bianco colpo?
Se il mio amore mi ama, il mio naso sanguinerà ora."(2)
Una ragazza che voglia conoscere l'aspetto del proprio futuro amore, deve cucire dell'Achillea in un panno di flanella da mettere sotto al cuscino prima di andare a dormire, dicendo:
"Tu graziosa erba dell'albero di Venere
Il tuo vero nome è Achillea;
Ora chi dev'essere l'amico del mio cuore
ti prego di dirmi domani."(2)
In sogno le apparirà il volto del suo amante.
I giovani usavano lanciare semi di Achillea per sapere da che parte il loro vero amore sarebbe arrivato.
Nel Bald's leechbook, un compendio medico anglo-sassone del IX sec. l'Achillea rientra in ricette per allontanare il Diavolo e le tentazioni. Anche se questo potrebbe risultare in contrasto con l'affermazione sopra espressa riguardo al fitonimo Devil's nettle, bisogna anche ricordare che in determinati casi, laddove le credenze pagane erano molto radicate, esse sono passate nella religione successiva; così la pre-cristiana funzione difensiva e apotropaica dell'Achillea, non si trova in contrasto con la sua presunta influenza demoniaca.

Irlanda
In gaelico era a volte detta "l'erba dei nove bisogni" o cure. Messa sotto il cuscino fa sognare il vero amore, le ragazze ci ballano intorno cantando:
"Achillea, Achillea, Achillea,
ti auguro buon giorno
e dimmi prima di domani
chi sarà il mio vero amore."(3)
Inoltre una testimonianza riportata da Lady Wilde, attesta che veniva usata da un fairy doctor, un guaritore che aveva acquisito l'abilità di curare grazie alle Fate, insieme a Verbena e Eufrasia e che veniva considerata una delle migliori erbe per terapie e pozione, tanto che la si cuciva negli abiti come protezione dalle malattie. Inoltre sempre nello stesso testo si può leggere che l'Achillea è una delle sette erbe alle quali nessuna forza naturale o soprannaturale può nuocere, e che perché siano al loro massimo potenziale va raccolte a mezzogiorno durante il periodo della luna piena.
Per capire se un malato guarirà, gli si mette un pugno di Achillea in mano mentre dorme, se appassisce il malato morirà il mattino seguente, se invece rimane fresco la malattia lo lascerà.
Indfine, possiamo trovare anche una interessante formula di protezione: si raccolgono dieci foglie di Achillea, ma se ne usano solo nove, l'ultima va come tributo agli spiriti. Le nove foglie si mettono nelle calzature sotto al tallone destro alla viglia di un viaggio, in modo che nulla di male possa accadere al viaggiatore. Trovo sempre molto significativo questa attitudine a "restituire" una parte di ciò che si è preso a ciò che in ultima analisi l'ha generato o ne rappresenta l'essenza.

Scozia
Nei Carmina gadelica, una monumentale raccolta di inni, preghiere, racconti, formule, aneddoti ecc. raccolti sul finire del XIX sec. in Scozia, l'Achillea è nominata nei carmi 153, 163 e 164.
Nel primo si dice che l'Achillea è stata raccolta anche da Gesù, e si prega Dio per abbondanza e protezione. Gli altri due sono molto simili fra loro, qiu riporto il 163:
"Coglierò la bella Achillea
perché il mio volto sia più amabile,
le mie labbra più calde,
la mia voce più pura;
sia la mia voce essere un raggio di sole,
possano le mie labbra essere il succo delle fragole.

Possa io essere un'isola nel mare,
Possa io essere una collina sulla terra,
Possa io essere stella quando la luna impallidisce
possa io essere di aiuto al debole
posso ferire ogni uomo
nessun'uomo può ferirmi." (4)
Troviamo qui uniti i due motivi principali della ferita e dell'amore che abbiamo incontrato lungo tutto questo studio sull'Achillea.

Altri
Nel Libro dei segreti di Alberto Magno (attribuito a lui ma non sua opera), del XVI sec. si può leggere "colui che porta quest'erba [l'Ortica] in mano, con un erba chiamata Milfoil, o Yarrow, o Nosbleed, è al sicuro da qualsiasi paura e fantasia, o visione." (5)

Da noi è a volte indicata come una delle erbe di S. Giovanni, da cogliere nella notte del 23 giugno o durante il lunghissimo giorno del 24. Così come le altre erbe associate a questa festa, l'Achillea è in fiore ed al massimo grado di concentrazione di principi utili (tesi confermata per altro dalla scienza moderna) fra giugno e luglio, ed ha dunque, simbolicamente, anche un certo legame con la Luce, lo Splendore, il Sole, intesi come forza vivificante e abbondante.

In fine, anche se di solito i miei studi restano entro i confini europei, cito il fatto che l'antichissima pratica divinatoria dell'I-ching, nata in Cina, si avvaleva di steli di Achillea.


Note
(1) Così come Afrodite per Ares; tra l'altro la figura della Dea in pari misura della Guerra quanto dell'Erotismo è diffusa in moltissime mitologie, ed alcune rappresentanti sono Afrodite Areia, Freyja e le Valkyrie, Ishtar ed in parte Morrigan e Kalì.

(2)"Yarroway, yarroway, bear a white blow,/
If my love love me, my nose will bleed now."
Tratto da Popular rhymes and nursery tales.
"Thou pretty herb of Venus' tree,
Thy true name it is yarrow;
Now who my bosom friend must be,
Pray tell thou me to-morrow."
Tratto da Popular rhymes and nursery tales.

(3)"Yarrow, Yarrow, Yarrow,
I bid thee good morrow
And tell me before to-morrow
Who my true love shall be."Tratto da Legend, Charms and superstitions of Ireland.

(4) "I WILL pluck the yarrow fair,
That more benign shall be my face,
That more warm shall be my lips,
That more chaste shall be my speech,
Be my speech the beams of the sun,
Be my lips the sap of the strawberry.

May I be an isle in the sea,
May I be a hill on the shore,
May I be a star in waning of the moon,
May I be a staff to the weak,
Wound can I every man,
Wound can no man me."
Tratto da Carmina gadelica - vol. 2.

(5) Libro dei segreti di Alberto Magno citato in Old english herbals.


Fonti
Carmina gadelica, A. Carmichael, T. and A. Constable, 1900
Erboristeria Planetaria, F. Alaimo, Hermes Edizioni, 2007
Incantesimi e magie d'Irlanda, J. Wilde, Nuovi Equilibri, 2013
Leechdoms, wortcunning and startcraft of early England, T. Cockayne, 1864

Legend, Charms and Superstitions of Ireland, J. Wilde, Dover Publications, 2006
Old english herbals, E. Sinclair Rohde, 1922
Popular rhymes and nursery tales, J. O. Halliwell, 1849
Storia naturale, Plinio
Online Etymology Dictionary - Yarrow

Le traduzioni dall'inglese sono mie, mi scuso fin d'ora per gli errori che sicuramente avrò fatto.

Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citarne la fonte.

Achillea
Alcune varietà di Achillea 
Illustrazioni botaniche di Achillea
Storia dell'Achillea
Chirone - Unguento vulnerario di Achillea e Melissa 

lunedì 20 luglio 2015

Illustrazioni botaniche d'Iperico

dal Vienna Dioscurides (Codex Vinindobonensis Medicus Graecus 1 o Codex Aniciae Julianae), 515 d. C. circa, traduzione in latino del De materia medica di Dioscoride con illustrazioni delle piante trattate.

Peganon agrion (Iperico - a destra) dal Dioscurides Neapolitanus (Codex ex Vindobonensis Graecus 1), VI-VII sec. trascrizione in greco del De materia medica di Dioscoride con illustrazioni delle piante trattate.

 Askyron e Androsaimon (due tipi d'Iperico) dal Morgan Dioscurides (Pierpont Morgan Library, MS M. 652), X sec. trascrizione in greco del De materia medica di Dioscoride con illustrazioni delle piante trattate.

Hypericum da un Herbarium dello Pseudo-Apuleio (Ashmole 1462), scritto nel XII sec.

Hypericum (a destra)  in Circa Instans (Sloane 4016), 1440 d. C. circa di Mattheus Platearius.

Iperico (a sinistra) dal Tractatus de herbis (Egerton 747), XV sec. traduzione del Circa instrans di Matthaeus Platearius della Scuola salernitana, a sua volta traduzione del De materia medica di Dioscoride.  

 Forse Hypericum androsaeum dal Manoscritto Voynich, XV sec. circa.

Milles pertuis di Jean Bourdichon da Le Grandes Heures d'Anne de Bretange (Latin 9474), scritto e illustrato fra il 1503 il 1508 per la regina Anna di Bretagna.

S. Johans kraut (Hypericum perforatum) da New Kreüterbuch di Leonhart Fuchs, pubblicato nel 1543.

Iperico ed altri soggetti di Joris Hoefnagel da Mira calligraphiae monumenta di Georg Bocskay, scritto e illustrato fra il 1561 e il 1596.

Vari tipi d'Iperico di illustratore non identificato da Hortus Eystettensis di Basilius Beisler, pubblicato nel 1613.

Vari tipi di Iperico da Phytanthoza iconographia di Johann Wilhelm Weinmann, scritto fra il 1737 e il 1745.

Hypericum perforatum da Flora Danica di Georg Christian Oeder, iniziato nel 1761 e concluso nel 1883. 

Hypericum perforatum da Illustratio systematis sexualis Linnaei di John Miller, pubblicato fra il 1770 e il 1777.

Hypericum perforatum da Flora londinensis di William Curtis, pubblicato fra il 1777 e il 1798.

Hypericum perforatum di J. Zoon da Afbeeldingen der artseny-gewassen met derzelver Nederduitsche en Latynsche beschryvingen di Dirk Leonard Oskamp, pubblicato nel 1796.

Hypericum perforatum di Ferdinand Bernhard Vietz da Icones Plantarum Medico-Oeconomico-Technologicarum, pubblicato nel 1800.

 Hypericum perforatum da British Entomology di John Curtis, pubblicato dal 1823 al 1840.

Milepertuis da Flore médicale di François-Pierre Chaumeton, pubblicato nel 1830.

Hypericum perforatum di George Spratt da Medical Botany di W. Woodville e W. J. Hooker, pubblicato nel 1832.

Hypericum perforatum da da Flora Batava di Jan Kops, nell'edizione del 1836.

Hypericum perforatum da Flora regni borussici di Albert Dietrich, pubblicato fra il 1833 e il 1836.

Hypericum oblongifolium da The garden. An illustrated weekly journal of horticulture in all its branches, pubblicato nel 1886.

Hypericum perforatum da Atlas des plantes de France di Amédée Masclef, pubblicato nel 1890.

Hypericum perforatum da American medicinal plants di Charles F. Millspaugh, pubblicato nel 1892.
Vedi anche:
Pyrra - Unguento d'Iperico
Cautha - Unguento alla Calendula e Iperico
Illustrazioni botaniche di Calendule
Illustrazioni botaniche di Larice
Illustrazioni botaniche di Rosa (parte I)
Illustrazioni botaniche di Rosa (parte II)