mercoledì 29 marzo 2017

Il segreto del Bosco Vecchio


Il segreto del Bosco Vecchio di Dino Buzzati, Mondadori, 2011.
Numero pagine: 149
Lingua originale: italiano
Prima edizione: 1979
Genere: narrativa per ragazzi, romanzo
Ambientazione: Val di Fondo (fantastica)
Epoca: XX sec.

Trovato per caso, l'ho divorato in meno di 24 ore, è infatti un libro snello e dalla lettura facile e scorrevole, ha qualcosa della favola, con i suoi personaggi fantastici: genii degli alberi che ogni tanto si aggirano nei boschi, un vento, di nome Matteo, una gazza guardiana, o meglio due, cinque incubi e soprattutto una foresta d'abeti antichissima, che il colonnello Procolo eredita insieme ad una casa, divenendo tutore del giovane Benvenuto, ancora bambino.
Buzzati, non si perde in spiegazioni su come mai un vento parli agli umani, o su come essi possano capire il linguaggio degli uccelli: ogni elemento fantastico viene presentato come se fosse la più normale delle cose, che non abbisogna di alcun chiarimento. Così si assiste a concerti notturni di venti nel bosco, una sfida per la supremazia fra il vento Matteo ed il vento Evaristo, genii travestiti da forestali per custodire il luogo, cinque incubi che si presentano alla porta ed un'ombra che, indignata dal comportamento del suo umano, lo abbandona. Il colonnello, rigido e distaccato da tutta l'umanità, o meglio da tutti gl'esseri viventi, arroccato nella menzogna di non desiderare comunione con chi che sia, troverà un barlume di riscatto solo nel finale, mentre Benvenuto, che tanto ha amato il bosco e i genii giocando all'ombra degli alberi, ormai trascorsa l'infanzia e salutato il vento Matteo che abbandona il mondo, non sarà più in grado di udire i discorsi di piante ed animali, come tutti (o quasi) gli adulti.
Pur essendo questa la conclusione, quando si chiude il libro non rimane un sapore amaro in bocca, piuttosto sembra di aver attraversato una foresta della nostra infanzia, di aver ascoltato una favola moderna, inusuale ma ricca di personaggi ed eventi memorabili, e che ora bisogna tornare alla realtà quotidiana, portandosi però, un vago profumo di resina, come quello che ci rimaneva addosso da piccoli, dopo aver corso nel bosco.

Arboreto salvatico

Arboreto salvatico di Mario Rigoni Stern, Einaudi, 2015.
Numero pagine:
Lingua originale: italiano
Prima edizione: 1991
Genere: raccolta di racconti

Da molto volevo leggere questo libricino, ne avevo trovato citazioni in altri volumi, e mi era sembrato interessante. Prima, conoscevo Mario Rigoni Stern di nome, a lui associavo, nel mio personale schedario mentale degli autori, le parole “guerra” e “montagna”; non sono un’amante dei libri di guerra quindi non avevo approfondito (aggiornamento: ho poi letto sia il noto Il sergente nella neve, sia altre raccolte di racconti i Rigoni Stern; mentre il primo mi è risultato a tratti ostico, ma comunque ben scritto e pauroso nella sua crudezza, i racconti sono molto godibili e ricordano in parte Arboreto salvatico per la capacità dell'autore di trasportarci fra i suoi monti abitati da alberi, animali e vecchi cacciatori). Tuttavia, scoperto questo titolo, ho poi fatto fatica a trovarlo; solo qualche mese fa, capitate in libreria, mia sorella me l’ha regalato, vedendomi particolarmente interessata. Ed è stato un regalo veramente gradito.
C’è poi da dire che avevo frainteso il titolo, si parla di Arboreto sì, ma non selvatico, come avevo sempre pensato, bensì salvatico. E’ Rigoni Stern stesso a precisare il perché di questo titolo e la genesi del libro nella Nota all’edizione del 1996 che apre il volume: “Un giorno, era la primavera del 1989, mi venne da scrivere del peccio […] via via seguirono descrizioni di altri alberi, un po’ scientifiche un po’ letterarie. Naturalmente l’attenzione maggiore era dedicata agli alberi che mi stavano più vicini, come un rustico arboreto. […] Ma “salvatico”? L’aggettivo era usato nel Rinascimento per selvatico: due parole che messe insieme mi piacciono, anche se in contraddizione tra di loro: selvatico è non coltivato, non domestico, ricoperto da selve, anche rozzo; ma c’è la vocale a al posto di una e, e così tutto cambia: un salvatico che diventa salvifico, che conduce alla salvezza.” (pagg. VI-VIII)
Dice “mi venne da scrivere”, come se le parole venissero da chissà dove, traboccando sul foglio come acqua versata in un contenitore che trabocca. Ed in effetti si ha l’impressione che quest’uomo dei monti, abbia qui riunito tutto ciò che sugli alberi ha appreso in lunghi anni di convivenza, sia dalle piante stesse, sia da altri abitanti della montagna, silvicoltori, boscaioli, forestali. In ogni capitolo infatti, dedicato ad un singolo albero, si intrecciano ricordi ed osservazioni, informazioni botaniche, miti arborei e utilizzi delle varie essenze. Sembra quasi che Rigoni Stern parli di vecchi amici, in particolare quando si riferisce agli alberi da lui piantati e curati per anni nel suo podere, discosto dalla città e a metà strada verso la natura selvaggia.
Un libro leggero, agile, da leggere all'ombra fresca di qualche albero tranquillo, per conservare la pace del meriggio; da consultare ogni tanto anche nel cuore della città, per tuffarsi nei boschi, al limitare dei prati montani.

Utilità
Se ti è piaciuto questo libro potrebbero interessarti anche:

sabato 24 dicembre 2016

L'amante di Lady Chatterley

 L'amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence, Mondadori, 1966.
Numero pagine: 418
Titolo originale: Lady Chatterley's Lover
Lingua originale: inglese
Prima edizione: 1928
Prima edizione italiana: 1945
Genere: romanzo
Ambientazione: Midlands inglesi
Epoca: prima metà del XX sec.

Ho deciso di recensire questo libro intanto perché l'ho apprezzato molto, ed in secondo luogo per la maestria che Lawrence dimostra nel genere erotico, apprezzabile ancora oggi a quasi 90 anni dalla prima edizione, molto più di quella di alcuni romanzi moderni.
Il romanzo si apre nel 1920 con il ritorno di Clifford Chatterley, signore di Wragby Hall, nei Midlands inglesi, dalla prima guerra mondiale con la parte inferiore del corpo paralizzata. Clifford ci è descritto come ricco di vitalità, tanta da superare il trauma, ma anche pauroso ed insicuro, umanamente distante da tutto e tutti. Sua moglie Constance, Lady Chatterley, donna dei suoi tempi emancipata e essenzialmente libera prima del matrimonio, si ritrova a vivere come infermiera per il marito nella grande e malinconia magione avita, il cui cielo è adombrato da una nube di carbone che sale dalle miniere di famiglia, vicino al villaggio di Tevershall. E' in questo ambiente solitario (nettamente distaccato da quello comunque gretto e diffidente dei paesani) e sempre più grigio, sia nell'aspetto che nell'essenza, che Connie inizia a cercare conforto, o anche solo un momento di fuga, nel bosco che circonda la tenuta "Il bosco era il solo rifugio, il suo santuario. Ma non era un vero rifugio, un santuario, poiché non aveva nessun rapporto con lei; era soltanto un luogo dove poteva evitare tutto il resto. Non aveva mai veramente toccato lo spirito del bosco [...]" (pag. 60). Intraprende un breve rapporto con un giovane artista, Michaelis, ma è uno scambio immaturo e in realtà solitario.
E' durante una passeggiata nel bosco in carrozzella che Clifford suggerisce a Connie di prendersi un amante, in modo da aver un figlio e proseguire la stirpe, essendo il loro legame più forte di un mero e semplice atto fisico, e non tanto importante la paternità biologica quanto l'educazione. E' in questo scenario silvestre che poco dopo, compare per la prima volta Mellors, il guardiacaccia di Whragby. Connie è intimidita dal distacco di quest'uomo del popolo, chiuso e beffardo eppure ancora in possesso di un certo calore umano.
La vita di Lady Chatterley si fa sempre più soffocata e striminzita, tutta presa nell'accudire il marito e compiacerlo, tanto che grazie all'intervento della sorella viene assunta un'infermiera, Mrs Bolton, per prendersi cura di Clifford.
Durante successive passeggiate solitarie Connie ed il guardiacaccia s'incontrano più volte, e qui Lawrence costruisce poco a poco, senza fretta, una danza in crescendo, piena di sensualità all'inizio invisibile, che poi cresce a permeare la scena, così come il bosco, teatro degli incontri dei futuri amanti. Mellors si definisce piano piano, come un uomo ferito da una donna, sua moglie, che ha scelto di ritirarsi dal mondo, eppure è ancora vivo dentro, desidera e teme Connie, la quale impiega più tempo a cedere alla malia sensuale dei loro incontri. Solo dopo il primo orgasmo insieme, Lady Chatterley si scioglie e si affida davvero a Mellors, benché preoccupata che l'adorazione per un uomo la renda schiava del suo volere.
Mrs Bolton capisce che il guardiacaccia è l'amante di Lady Chatterley ma serba il segreto, ed anzi, durante un dialogo fra le due in cui l'infemiera racconta della morte di suo marito avvenuta in gioventù, sembra quasi che ci sia approvazione da parte di Mrs Bolton: "[...] Continuai a credere che sarebbe tornato. Soprattutto di notte [...] doveva ritornare a giacere al mio fianco, così che potessi sentirlo con me. [...] Quante scosse nervose, la notte, prima che capissi che non sarebbe più tornato Anni, mi ci vollero, anni!"
"Il contatto del suo corpo..." disse Connie.
"Proprio così, signora. Il contatto del suo corpo. Fino ad oggi non l'ho potuto dimenticare, e non potrò mai." [...]
"Ma può un contatto durare così a lungo?" Domandò improvvisamente Connie. [...] "Oh, signora, che cosa c'è d'altro che possa durare?"

Così il rapporto fra il guardiacaccia e Lady Chatterley si fa sempre più saldo, mentre entrambi scoprono via via la tenerezza e rinunciano alla paura, immergendosi sempre di più in una sensualità sana e vitalistica, nuda e anticonvenzionale: "Quanto mendaci i poeti, e tutti gli altri! Vogliono far credere che si ha bisogno di sentimento, mentre non si ha supremamente bisogno che di quella sensualità penetrante, bruciante e forse terribile. Trovare un uomo che osi far questo, senza vergogna, senza peccato, senza rimorsi! [...] Occorre sensualità, schietta sensualità, anche per purificare e ravvivare lo spirito." (pag. 318).
Una gravidanza verrà a sciogliere l'intreccio, spingendo i due amanti a tentare di liberarsi del passato per vivere un futuro insieme, e Lady Chatterley sarà in grado di rinunciare al titolo e a tutto quello che comporta, pur di realizzare una vita inseme a Mellors. Il libro si chiude con una lettera di quest'ultimo a Connie, durante una provvisoria separazione. Lawrence lascia sospeso quello che potrebbe essere un lieto fine.

Vedete come questo non sia esattamente il modello delle moderne novelle erotiche, con protagonisti maschili belli da paura, ricchi ed autoritari, un po' dannati ma buoni dentro, e donne belle senza saperlo, ingenue ed inesperte, tendenzialmente asociali e fragili, ma in grado di assumersi l'onere della felicità di lui. In questo racconto c'è umanità, paura del contatto profondo con un altro ma anche desiderio di questo, il sesso non è sempre perfetto, sia Connie che Mellors si mostrano più volte incerti, si usano parole come fica, culo, scopare, e si parla anche di peli pubici.
Nelle prime pagine si esprime la convinzione di Connie, come della sorella Hilda, che il sesso non sia altro che un ricadere negli istinti primitivi, un necessario corollario al ben più interessante rapporto intellettuale, "una delle relazioni, una delle sottomissioni più antiche e più sordide" (pag. 43) per quanto lo si possa colorire di sentimentalità, a cui gl'uomini non sono disposti a rinunciare, ed allora loro, le donne libere, cedono pur senza donarsi interamente e veramente: "una donna poteva prendere un uomo senza concedersi in realtà" (pag. 44)
La storia con il suo primo amante Michaelis, si conclude una notte in cui, dopo che lui ha raggiunto l'orgasmo, Conni continua a muoversi per trovare piacere. L'uomo prende come un affronto personale la cosa, sembra quasi che si senta usato: "Non potresti godere con me? No vero? Ti piace recitare da sola!" [...] "Ma vuoi che anche io sia soddisfatta, non è vero?" ripeté. "Oh, certo! Si capisce! Ma star lì ad aspettare che la donna goda non è un bel divertimento per un uomo..." (pagg. 98-99)
E più avanti ancora dice: "[La sensualità] era scomparsa dagli uomini. Avevano i loro meschini spasmi della durata di due secondi come Michaelis; ma non la sana sensualità umana che riscalda il sangue e rinnova." (pag. 117)
Forse gli uomini potrebbero trovare esagerato questo passaggio, eppure credo che alcune donne potrebbero riconoscervisi: il percepire come la propria sessualità sia tenuta in minor conto di quella maschile, e come questa comunque sia a volte piuttosto meccanica ed automatica, fredda, è un'esperienza che è toccata a molte di noi.
Il primo rapporto di Conni e Mellors, quasi inaspettato dopo più di 150 pagine, pur non essendo un apice esistenziale come ci si aspetterebbe nei romanzi erotici moderni, è qualcosa che riavvicina entrambe alla vita. E poi, si parlano, si confrontano. Fantascienza.
La sensualità di Mellors è di tutt'altro tipo rispetto a quella degli altri uomini: "...quella gentilezza aveva curiosamente il potere di calmarla e confortarla. E poi era appassionato, sano e appassionato. Forse non era abbastanza personale: poteva comportarsi con qualsiasi donna, come con lei. [...] A guardar bene, ella non era per lui che una femmina. Ma forse era meglio così. Dopo tutto, egli era gentile con la femmina che era in lei, e nessun uomo lo era stato fino allora. Gli uomini erano molto gentili con lei come persona, ma piuttosto crudeli con la femmina, che disprezzavano o ignoravano del tutto. [...] Egli invece non si interessava di Constance o di Lady Chatterley: si accontentava di accarezzarle dolcemente i lombi e le mammelle." (pag. 175)
Siamo in quello stadio in cui il sesso è vita, indistinta ed impersonale, e non solo per il guardiacaccia: "Oh, essere appassionata come una baccante, come una baccante in fuga attraverso i boschi alla ricerca di Iacco, il fallo splendido che non avesse una personalità indipendente dietro di sé, ma fosse il dio servente della donna! E che l'uomo, l'individuo, non osasse intromettersi. L'uomo non era che un servo del tempio, colui che portava e custodiva il fallo splendido, il quale non apparteneva che a lei." (pag. 191)
Tuttavia alcune delle scene più belle, più ben costruite e verosimili, poiché sono ricche di quei piccoli rituali, di quelle dolcezze che gli amanti si scambiano all'oscuro del resto del mondo, sono quelli in cui Connie passa la notte al cottage di Mellors, ed egli da voce al suo pene col nome di John Thomas, o quando s'intrecciano fiori selvatici nei peli del pube: "E aggiunse tra i peli un bocciolo rosa di violetta selvatica. "Ecco! Questo rappresenta me nel posto dove non mi dimenticherai! [...] " (pag. 291)
"Aveva portato aquilegie, violette selvatiche, fieno tagliato di fresco, ciuffi di quercia, e boccioli di madreselva. Intrecciò freschi ramoscelli di quercia intorno ai suoi seni, unendovi ciuffi di campanule e violette, e sull'ombelico pose una violetta rosa, e fra i peli dell'amore alcuni nontiscordardimé e alcune asperule. "Eccoti in tutto il tuo splendore!" disse. "Lady Jane e le sue nozze con John Thomas." (pag. 295)

Il bosco partecipa degli umori dei protagonisti, c'è corrispondenza fra la natura e coloro che la abitano in cerca di sé stessi e dell'altro. La natura è spesso presa come simbolo di tutto ciò che è vitale, semplice, essenziale, mentre il villaggio così come la modernità sono definiti negativamente come ciò che spegne la vita, esteriore (ambiente) ed interiore (anima, sensualità). "...aveva anche lei un po' della delicatezza dei giacinti selvaggi, non era un impasto di gomma e platino come la donna moderna. [...] Ma egli l'avrebbe protetta col suo cuore per qualche tempo. Per qualche tempo, prima che il mondo di ferro incapace di sentimento, e il mondo dell'avidità meccanizzata avessero avuto il sopravvento su di loro, su di lei come sopra lui stesso." (pag. 173)
"Ella era come una foresta, come il cupo intreccio di un bosco di querce, il quale mormorasse silenziosamente attraverso miriadi di gemme in rigoglio. Nello stesso tempo gli uccelli del desiderio dormivano nel vasto intrico del suo corpo." (pag. 194)

Una bellissima storia di umanità e sensualità, non quella finta e pruriginosa, né quella stanca e ripetuta, meccanica, ma una passione della vita per la vita che coinvolge tutto l'essere, non solo il corpo. Consigliato davvero a tutti gli amanti del genere, agli uomini e alle donne ancora in grado di immaginare, desidera ed apprezzare questo tipo di unione.

Se fossi una strega

Se fossi una strega di Celia Rees, Salani, 2003.
Numerodi pagine: 266
Titolo originale: Sorceress
Lingua originale: inglese
Prima edizione: 2002
Prima edizione italiana: 2003
Genere: narrativa per ragazzi, romanzo storico
Ambientazione: Stati Uniti
Epoca: XVII sec. - contemporanea
Età di lettura: dai 12 anni

Se fossi una strega è il sequel di Il viaggio della strega bambina. Questa volta però la storia si svolge in due tempi diversi: quello di Mary Newbury, la ragazzina accusata di stregoneria e fuggita dal villaggio puritano di Beulah, e quello di Agnes, giovane nativa americana dei giorni nostri.
Agnes, dopo aver letto la storia di Mary (contenuta nel primo volume della saga), tratta dai fogli cuciti in una antica trapunta, inizia a sperimentare uno strano contatto con quella ragazzina d'altro tempi, quindi, anche a causa alcune storie di famiglia che ricordano una donna bianca all'interno della sua stirpe, contratta l'autrice del libro, Alison. Dopo un primo incontro, le due intraprendono un viaggio insieme verso il Canada, ripercorrendo i passi della stessa Mary, ormai cresciuta, accolta dagli Indiani e divenuta madre.
Agnes raggiunge Zia M, sciamana e guaritrice così come ai suoi tempi lo fu Mary, che tramite la cerimonia della capanna sudatoria permette ad Agnes di ricordare, vedere la storia di Mary, che si snoda attraverso le guerre fra indiani e fra europei, facendo vittime innocenti in tutti i casi. Solo quando tutto sarà chiaro e narrato Mary lascerà Agnes, che potrà raccontare la sua storia.
Come per la prima parte del racconto, la finzione letteraria che fa da cornice al racconto vero e proprio da un tocco di verosimiglianza al testo, anche se poi, in questo volume come in quello che l'ha preceduto, i personaggi mi sono piuttosto inconsistenti, mai veramente ben caratterizzati, così come anche ambienti e paesaggi. Se nel primo volume le aspettative di trovare elementi legati alla figura della strega vengono deluse, in questo caso ancor di più, poiché Mary più che una strega (cosa di cui anche in questo libro sarà accusata) è una sciamana, che acquisisce le sue conoscenze da Aquila bianca, un uomo medicina indigeno.
Comunque, come per Il viaggio della strega bambina, la scrittura è facile e scorrevole, di modo che Se fossi una strega può essere considerata una lettura leggera adatta a giovani lettori, giusto se ci si è affezionati al personaggio di Mary e si vuol sapere come va a finire la sua storia. Tuttavia non essendo una saga di quelle memorabili, consiglio di cercare entrambi i volumi in biblioteca o di farseli prestare.

Utilità
Se ti è piaciuto questo libro potrebbero interessarti anche:

venerdì 23 dicembre 2016

Il viaggio della strega bambina

Il viaggio della strega bambina di Celia Rees, Salani, 2001.
Numero di pagine: 197
Titolo originale: Witch Child
Lingua originale: inglese
Prima edizione: 2000
Prima edizione italiana: 2001
Genere: narrativa per ragazzi, romanzo storico, young adult
Ambientazione: Stati Uniti
Epoca: XVII sec. - contemporanea

Lessi questo libro molti anni fa, lo ricordavo appena, quando pochi giorni fa l'ho ritrovato nella libreria di un'amica. Mi piace rileggere a distanza di anni gli stessi libri, per vedere se ancora mi piacciono, come sono cambiata. Ricordo che questo non mi aveva particolarmente colpito, né positivamente né negativamente.
All'interno di una trapunta del XVII secolo, vengono ritrovati dei fogli, che contengono le annotazioni di una ragazza vissuta nella seconda metà del '600. La storia è appunto quella riportata in questo antico diario, narrata in prima persona da Mary Newbury, quattordicenne inglese, nipote di una guaritrice accusata e giustiziata per stregoneria. E fin dalla prima pagina, è la stessa Mary ad affermare di essere una strega.
Condotta altrove nel giorno della morte della nonna, sarà imbarcata insieme ad un gruppo di puritani su una nave che la condurrà nel Massachussets, prima a Salem e poi in una piccola città di puritani ai confini con i vasti boschi che nel loro verde grembo custodiscono Indiani, erbe medicinali ed animali che forse tali non sono. Ma in questo nuovo scenario, reso austero e rigido dalle norme religiose e sociali degli uomini in nero, l'antica accusa di stregoneria tornerà ad affacciarsi alla vita di Mary, giovane donna dal carattere forte ed indipendente, guaritrice ed amica degli indigeni.
Il racconto è interrotto bruscamente, ed il romanzo si chiude con l'esortazione dell'immaginaria studiosa del manoscritto, a fornire eventuali notizie sui personaggi citati nel testo, spunto che verrà proseguito nel volume successivo, Se fossi una strega.
La scrittura è semplice e scorrevole, la storia anche se breve piuttosto avvincente, ma anche disadorna: i luoghi e i personaggi non sono molto caratterizzati né visivamente né psicologicamente, solo quello della protagonista è tracciato con maggior chiarezza. Gli unici altri personaggi un po' più delineati sono quelli femminili: Martha la guaritrice, Rebekah l'amica puritana, Sarah la matriarca della famiglia. Inoltre mentre il titolo e l'introduzione lascerebbero presagire una maggior presenza dell'elemento stregonesco, questo appare solo superficialmente. Ho letto che l'Autrice è una storica, tuttavia descrizioni precise o approfondimenti di costume che si trovano in altri romanzi sulle streghe, in questo sono assenti (il che non è necessariamente un punto a sfavore, dipende dal lettore).
Tuttavia questo romanzo rende l'idea di quanto poco bastasse per attirarsi sospetti di stregoneria, il clima di sospetto e la preoccupazione che dovevano provare le donne di questo ambiente, alle quali non era permessa la minima deviazione dal percorso stabilito dagli uomini e dalla religione.
Una lettura leggera dunque, non indispensabile ma neanche spiacevole, adatto magari a dei giovani alle prime armi col romanzo storico.

Utilità
Se ti è piaciuto questo libro potrebbero interessarti anche: