La nostra storia procede di pari passo con quella delle erbe da sempre, e l'Achillea non fa eccezione: studi moderni hanno rilevato tracce di Achillea e Camomilla fra i denti di Neanderthal vissuti 50.000 anni fa, e dato il gusto amaro, sembra improbabile che le usassero come cibo, ma piuttosto già allora doveva essere in qualche maniera conosciuta la loro capacità curativa. Ma vediamo le fonti scritte che nel corso dei secoli hanno tramandato l'uso dell'Achillea.
Antichità classica
Il nome greco della nostra Achillea è achilleos, che, come d'altronde l'italiano, fa riferimento al grande eroe dell'Iliade. Plinio il Vecchio ci informa del perché di questa denominazione: "si dice che Achille, discepolo di Chirone, scoprì un’erba con la quale
guarire dalle ferite - la quale da ciò è chiamata achilleos – e curò Telefo." (1) Si riferisce ad episodio secondario della guerra di Troia: gli achei, salpati verso la Troade, erano invece arrivati in Misia, dove Telefo era re, e si erano dati al saccheggio. Ne seguì un'aspra battaglia durante la quale Telefo venne ferito da Achille, e secondo un oracolo, solo da lui avrebbe potuto essere curato, in alcune versioni grazie alla ruggine della sua lancia, secondo altri invece, proprio dall'Achillea. E questa sua capacità di curare le ferite, ricordata fin dai primordi e confermata da studi moderni, sta alla base di molte sue denominazioni antiche e moderne, come vedremo.
Le più antiche fonti erboristiche che ci parlano dell'Achillea sono Dioscoride, che scrisse la sua opera in greco, e Plinio, latino, entrambi vissuto nel I sec d. C. In entrambi i casi tuttavia, c'è una certa confusione fra diverse piante e molteplici nomi. Dioscoride scrive: "alcuni chiamano l’Achillea sideritin. Porta ramoscelli lunghi una spanna o più, a forma di fuso, lungo questi il fogliame è composto di piccole parti, finemente inciso sui lati, simile al Coriandolo, è amarognola, apiccicaticcia, molto odorosa, non sgradevole, curativa nel profumo, le cime portano un’ombrella rotonda, dal fiore bianco o purpureo o dorato. Cresce nei luogi fertili: e la chioma tritata è ciccatrizzante e disinfiammante del sangue, ferma le emorragie, anche quelle dell’utero se applicata al suo interno. E il decotto è adatto come semicupio per le affette dai flussi, si beve per la dissenteria."(2)
Altri nomi riportati per l'achilleos da Dioscoride sono myriomorphon “dalle mille forme”, chiliophyllon “millefoglie”, stratiotikon “del soldato”, sideritin “ferrosa”, Herakleion "Eracleia" cioè "pianta di Eracle", e dice che i Romani la chiamavano souperkilioum beneris "sopracciglio di Venere", koriandroum silbaticoum "Coriandolo selvatico", militarem "del soldato", millefolioum "millefoglio".
Tuttavia, in alcuni dei manoscritti illustrati che riportano il De materia medica, l'opera di Dioscoride, come il Dioscoride neapulitanus (VI-VII sec.) la voce Achilleos, seguita dal testo citato, è corredata da un'immagine che rappresenta una pianta che chiaramente non è la nostra Achillea. Visto però il lungo tempo trascorso fra la prima redazione dell'opera e le copie a noi pervenute, facilmente potrebbe esserci stato uno slittamento fra la pianta che Dioscoride intendeva descrivere e quella rappresententata, tenendo anche conto del fatto che ai tempi non esistevano denominazioni univoche per indicare senza ombra di dubbio un'erba. Tra l'altro Dioscoride stesso descrive ben altre tre piante che chiama sideritin, ed un'altra detta stratiotes chiliophyllon.
Plinio non ci semplifica le cose, poiché dopo aver chiarito il legame con Achille prosegue: "alcuni la chiamano panacea Hearclea, altri sideritin e presso di noi è detta millefoglia; ha il fusto lungo un cubito, ramificato, rivestito dalla base alla cima di foglie più piccole di quelle del Finocchio.”(1) Nel passo seguente però, specifica che secondo altri autori la pianta appena descritta non è il vero achilleos, ed altrove parla di un'altra pianta detta panacea Heraclea, e di diverse erbe che condividono il nome sideritin. Ed inoltre: "il myriophyllon, che i nostri [i Romami] chiamano millefoglio, ha gli steli teneri, simili al finocchio, con molte foglie, dalle quali prende il nome. Nasce nelle paludi [...] in Entruria questo nome indica un’esile erba dei prati, con le foglie [sottili] come capelli, usata eccellentemente per le ferite, e affermano che unita con sugna riunisca i nervi del bue tagliati con l’aratro”(3)
In questo caso, probabilmente la nostra pianta è quella degli Etruschi, e non il myriophyllon, poiché l'Achillea non cresce nei luoghi paludosi.
Galeno, autore di lingua greca di varie opere mediche del II sec. d. C. parla dell’Achillea alla voce sideritin: "alcuni chiamano l’achilleos sideritin, per aver virtù simili, per quanto essa sia ancora più astringente. Perciò per ristagnare il sangue, la diarrea ed il flusso delle donne, è molto efficace."(4)
Vediamo dunque che i principali nomi dell'Achillea, sia in greco che in latino, si possono divedere in due gruppi principali: i primi sono ispirati alle sue proprietà di curare le ferite da taglio, perciò è detta sideritin, stratiotikon, stratiotes, militarem, e forse a questa sua dote sono dovuti anche i richiami ad Achille ed Eracle, i guerrieri per eccellenza. I secondi si riferiscono alla forma della pianta, come chiliophyllon, myriophyllon, myriomorphon, millefolium e i raffronti con il Coriandolo ed il Finocchio. Resta fuori la denominazione "Sopracciglio di Venere", che potrebbe comunque riferirsi alla forma della foglia, che effettivamente potrebbe essere paragonata alle sopracciglia.
Per quanto riguarda l'uso medico, vediamo che c'è una certa uniformità, e che viene considerata principalmente un'erba vulneraria e astringente, quindi adatta a fermare emoragie, dissenteria, flussi sanguinei.
Medioevo
Oltre ai testi classici già citati, nel medioevo aveva grande importanza l'erbario dello Pseudo-Apuleio, scritto nel IV sec. d. C, basato fra gli altri su Plinio e Dioscoride, e tramandatoci in vari manoscritti di diversa ampiezza. L'Achillea non si trova in tutte le sue diverse copie, ma laddove è presente il testo è pressapoco il seguente: "Erba Millefoglio. Per il dolore ai denti: si mastichi a digiuno radice di Millefoglio. Per le ferite da taglio: il Millefoglio pestato con grasso posto sulle ferite le pulisce e risana. Per i tumori: s'impone Millefoglio contuso con burro. Per la difficoltà dell’urina: si beva succo di Millefoglio con aceto, cura meravigliosamente. Nomi: dai greci è detta miriofillo, ambrosiam, cilliofillon, crisitis [...] dagli Itali é detta millefolium, militaris, Achillion, supercilium Veneris, cereum silvaticum" e conclude riportando l'aneddoto della cura di Telefo da parte di Achille e la descrizione della pianta di Dioscoride. Notiamo una denominazione non ancora trovata fin'ora: ambrosiam. Essa ricompare in testi medievali come l'Hortulus e se per alcuni è l'Achillea, per altri è un tipo di Artemisia.
Alle tradizionali proprietà dell'Achillea già rilevate, si sommano quelle di curare il mal di denti, i tumori, le difficoltà urinarie, e ciò si può trovare anche in alcuni testi medici Anglo-Sassoni, come il Bald's leechbook del IX sec. Qui l'Achillea è detta Gearwe, Gaeruwe, Gearwan, Garwe e si mastica per il dolore ai denti, si fa bollire nel vino insieme alla Piantaggine quando non si riesce ad unirnare, si beve infusa nell'aceto per la digestione e i problemi alla vescica, ma soprattutto la si trova in ricette per unguenti da applicare su ferite e bruciature. Un esempio di balsamo per le ferite: pesta bene con del burro Achillea, Gittaione, Semprevivo ed in ultimo Podagaria, stendile per una notte così contuse, poi metti il tutto in un panno,
bolli bene, togli la schiuma, strizza, aggiungi sale bianco, mescola bene
finché non si consolida.
Per curare la tosse si beve latte in cui siano state bollite Edera terrestre, Achillea e Lamio purpureo; per la vista annebbiata si mischiano succo di Betonica, Achillea e Chelidonia in eguali parti e si applica il composto sugli occhi, oppure si bollono nel latte Veronica beccabunga, Achillea e Cerfoglio selvatico.
Ma in questo interessantissimo libro possiamo trovare anche particolarissime e inconsuete indicazioni, come la seguente: "Una bevanda per una persona malata per la possessione di un demone, da bere dalla campana di una chiesa; Gittaione, Cinoglossa, Achillea, Lupini, Betonica, Morella, Cassock,
Iris, Finocchio, Lichene di chiesa, Lichene del marchio di Cristo, Levistico; prepara la bevanda in birra chiara, canta
sette messe sulle erbe, aggiungi aglio e acqua benedetta, e
gocciola la bevanta in ogni cosa che [il malato] berrà, e fagli cantare il salmo,
Beati immaculati [...] e poi fagli bere la bevanda dalla campana di una chiesa, e dopo il sacerdote canti su di lui Domine, sancte pater omnipotens." (5)
Od ancora: "Prepara così una buona bevanda contro tutte le tentazioni del diavolo. Prendi Betonica, Nigella, Lupini, Gittaione, Morella, Cardo dei lanaioli, Achillea; stendile sotto
all'altare, canta nove messe su di esse, segnale con acqua santa, danne una tazza piena a digiuno di notte..." (5)
Nel Circa Instans, trattato della Scuola salernitana del XII secolo, giuntoci in varie forme in una ventina di manoscritti e basato su Dioscoride e lo Pseudo-Apuleio, si trovano anche nuove erbe mai trattate negli erbari precedenti; per l'Achillea, a lato dell'immagine, sono dati i seguenti nominativi: Millefolium, Ambroxia, Ventu Apiu, Furmicularis, Achilles, Militaris, mentre le indicazioni mediche sono quelle tradizionali già ripotate.
Epoche successive
Nel Libro rosso di Hergest del XIV sec. che riporta fra gli altri alcuni raccolti della mitologia gallese ed arturiana, sono contenuti anche alcuni testi medici dei così detti physiscians di Myddvai, i cui discendenti hanno continuato a curare fino alle soglie dell'epoca moderna. In questi scritti l'Achillea è usata per curare la febbre, i problemi urinari, i vermi, il sanguinamento dal naso, il vomito, il dolore al seno, le ferite.
Nel Libro di Howel Vedygg, redatto intorno al XVII sec. da questo discendente dei physiscian of Myddvai, l'Achillea rientra nelle ricette per curare la febbre, i problemi urinari, vomito di sangue bollita in latte o vino, per i vermi macerata nel vino, per fermare il sanguinamento dal naso pestata con aceto, macerata in vino caldo per fermare il vomito.
Nel Libro dei segreti di Alberto Magno (attribuito a lui ma non sua opera), del XVI sec. si può leggere "colui che porta quest'erba [l'Ortica] in mano, con un erba chiamata Milfoil, o Yarrow, o Nosbleed, è al sicuro da qualsiasi paura e fantasia, o visione." (6)
Sempre nel XVI secolo troviamo le opere di Pietro Andre Matthioli e Castore Durante sulle erbe, scritte in italiano ma tradotte e conosciute in buona parte dell'Europa, che però sull'Achillea non aggiungo nulla alle conoscienze tramandate dai classici.
Note
(1) Plinio, Naturalis historia, XXV, 19.
(2) Dioscoride, De materia medica, IV, 36, 1. Parla anche dell'ageraton (Achillea ageraton) in IV, 58,1; e della ptarmiké (Achillea ptarmica) in II, 162, 1.
(3) Plinio, Naturalis historia, XIV, 95.
(4) Galeno, De simplicium medicamentorum facultatibus, XIII (pag. 521)
(5) Bald's leechbook, I, 63 e III, 41.
(6) Libro dei segreti di Alberto Magno citato in Old english herbals di Eleanour Sinclair Rohde, pag. 64.
Fonti antiche
Dioscoride, De materia medica
Plinio, Naturalis historia
Galeno, De simplicium medicamentorum facultatibus
Libro rosso di Hergest
Matthioli, I discorsi sulla materia medica di Pedracio Anazarbeo Dioscoride
Durante, Herbario novo
Pseudo-Apuleio, Herbarium
Walafrid Strabo, Hortulus
Circa instans
Bald's leechbook
Fonti moderne
Flora pomepiana, A. Ciarallo
Old english herbals, E. Sinclair Rohde
Neanderthal medics? Evidence for food, coocking, and medicinal plants entrapped in dental calculus
Neanderthals ate their greens
Le traduzioni da greco, latino e inglese sono mie, mi scuso fin d'ora per gli errori che sicuramente avrò fatto.
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Vedi anche:
Achillea
Alcune varietà di Achillea
Illustrazioni botaniche di Achillea
Mitologia dell'Achillea
Unguento vulnerario di Achillea e Melissa
Dioscoride
Plinio il Vecchio
Pietro Andrea Matthioli