domenica 30 agosto 2020

Illustrazioni botaniche di Tiglio

Tilia Foemina da De historia stirpium commentarii insignes di Leonhart Fuchs pubblicato nel 1542 (online qui).

Lindenbaum da Kreüter Buch di Hieronymus Bock, pubblicato nel 1546 (online qui). Nei luoghi di cultura tedesca esisteva il Tanzlinden "Tiglio della danza" sotto le cui fronde si ballava e si celebravano feste.

Tilia femina da De plantarum seu stirpium icones di Mathias de l'Obel, pubblicato nel 1576 (online qui)

Tiglio con insetti da Der Raupen wunderbare Verwandlung und sonderbare Blumennahrung di Maria Sibylla Merian, pubblicato fra il 1679 e il 1718 (online qui).

Tilia da Herbarium Blackwellianum di autori vari con illustrazioni di Elizabeth Blackwell, pubblicato dal 1750 al 1773 (online qui).

Tilia parviflora e grandiflora da Deutschlands Flora in Abbildungen di Johann Georg Sturm con illustrazioni di Jacob Sturm, pubblicato nel 1796 (online qui).

Tilia europaea da Icones plantarum medico-oeconomico-technologicarum di Ferdinand Bernhard Vietz, pubblicato fra il 1800 e il 1822 (online qui).

 Tilia grandifolia da Flora regni Borussici di Albert Gotfried Dietrich pubblicato nel 1833 (online qui e qui).

Tilia platophyllos da Die officinellen Pflanzen der Pharmacopoea Germanica di Friedrich Georg Kohl, pubblicato fra il 1891 e il 1895 (online qui).

Tilia vulgaris da Bilder ur Nordens Flora di Carl Axel Magnus Lindman, pubblicato fra il 1901 e il 1905 (online qui).

Fata del Tiglio da Flower Fairies of the Trees di Cecily Mary Barker, pubblicato nel 1940 (online qui).

mercoledì 15 gennaio 2020

Il tempo dei Celti

Il tempo dei Celti di Alexei Kondratiev, Urra, 2005
Numero pagine: 282
Lingua originale: inglese
Titolo originale: Celtic Rituals (precedentemente The Apple Branch)
Prima edizione: 2004 (col titolo precedente 1998)
Prima edizione italiana: 2005
Genere: saggio, manuale di neopaganesimo celtico

Anche questo è uno di quei testi che se sei stato interessato al neopaganesimo negli anni zero hai sicuramente incrociato in uno dei duemila forum su wicca e affini tutti stranamente simili e tutti insospettabilmente con lo sfondo scuro...ma perché!? Vi piace il mal di testa mentre leggete!? Si tratta di un modo per aprire il terzo occhio mettendo fuori uso i primi due!? Boh!
Forse non è capitato proprio a tutti, ma quelli che si interessavano di tradizioni, mitologia, folklore e cultura celtica ci saranno sicuramente incappati: io sono fra quelli, tuttavia visto che già ai tempi avevo troppi libri da comprare e troppi pochi soldi per poterlo fare, non l'avevo mai letto, ma, trovatolo al mercatino dell'usato sono stata travolta da quel senso di mistero, insicurezza e fascinazione che conoscono tutti i ragazzini wiccan, sicché ho pensato che valeva proprio la pena di spendere due euro per rivivere quel periodo agrodolce della vita. Bisogna poi rilevare che la copertina pur non essendo particolarmente rappresentativa del contenuto non è neanche di quelle super trash il che per un testo sul neopaganesimo è già una conquista.
Insomma, ecco quello che ho trovato in questo libro: dopo una breve prefazione all'edizione italiana si svolge il primo capitolo che è anche quello che ho trovato più interessante, dove si trova una trattazione se non esaustiva per lo dignitosamente accurata della storia delle popolazioni celtiche dalla protostoria fino alla conquista romana  che interruppe la prima età dell'oro di queste popolazioni; basandosi sulle teorie di Dumezil della tripartizione delle società indoeuropee (casta sacerdotale/re sacro, guerrieri, produttori/agricoltori) tratteggia le strutture sociali e religiose dei celti, nonché alcuni tratti culturali caratteristici. Prosegue con il periodo della romanizzazione fino al ritirarsi delle legioni, all'infiltrazione di popolazioni barbariche e alla definitiva caduta dell'impero d'Occidente. In seguito alla cristianizzazione le isole britanniche con la loro posizione periferica videro il fiorire di una seconda età dell'oro nonché di un tipo di cristianesimo particolare che durò fino all'XI-XII secolo quando si ebbe una forzata uniformazione con le dottrine della Chiesa. Segue poi l'avvicendarsi di eventi durante il medioevo e l'età moderna fino all'epoca contemporanea quando si assiste al rinnovamento celtico fin dal finire del XVIII secolo che vede il rifiorire dell'interesse per la cultura popolare ancora viva nelle campagne e per i testi trascritti nei secoli passati. Segue in fine i risvolti attuali riguardanti le zone in cui le lingue celtiche sono ancora parlate ovvero: Galles, Cornovaglia, Scozia, Irlanda, Isola di Man, Bretagna.
L'Autore si sofferma sull'importanza della conoscenza delle lingue celtiche se si vuole intraprendere un cammino basato sulle credenze delle loro terre d'origine, e per quanto possa condividere quest'idea Kondratiev la estremizza fino al punto di suggerire di usarle per i rituali, cosa che a mio avviso risulterebbe forzata e poco comprensibile ai partecipanti. Inoltre rileva come l'indipendenza di queste regioni andrebbe sostenuta riconoscendo tra l'altro (e qui a mio parere esagera) la preminenza della cultura celtica come via di riscoperta interiore (perché proprio quella celtica e non che so, quella della Nuova Guinea?), chiarendo però che questa per come ci è arrivata è inscindibile dalla stratificazione con il cristianesimo. Definisce tutte queste cose nel capitolo riguardante il cerchio della Tribù, in origine gli appartenenti da una stessa cultura collegati ad un dato territorio, in questo contesto da intendersi come i facenti parte di un cerchio d'ispirazione celtica ma comunque con un legame con la Terra in cui si trovano; cerca quindi di definire cosa dovrebbe unire i partecipanti ad un cerchio di praticanti della tradizione celtica.
Traccia poi  un quadro simbolico spaziale basato sulla polalità samos-giamos "estate-inverno" associando alle direzioni gli elementi, le stagioni, nonché i quattro Tesori dei Thuatha de Danaan e quattro animali traendoli principalmente dai testi mitologici irlandesi - a mio parere in maniera abbastanza arbitraria e soggettiva -. In questo schema quadripartito colloca anche le suddette regioni di lingua celtica. Prosegue tracciando un asse verticale che vede Altro Mondo/Acque-Terra-Cielo ripartiti sull'Albero del Mondo, nel cerchio quindi non dovrebbero mancare un simbolo dell'albero, una pozza d'acqua ed un luogo per il fuoco. Definisce poi le fasi del rituale (tracciare il cerchio, invocare le direzioni ecc.) con tanto di invocazioni in lingue celtiche ed indica i cicli da festeggiare: il ciclo solare che corrisponde essenzialmente ai quattro sabbath maggiori della wicca a cui si aggiungono solstizi ed equinozi; il ciclo della luna quindi le differenti sfumature di ogni ciclo lunare (gli esbat della wicca) ed in fine un ciclo più personale che comprende le feste dei principali santi delle regioni celtiche (ad esempio S. Patrizio in Irlanda), date importanti per quelle regioni o date di rilievo per gli appartenenti al cerchio.
Chiude il volume una buona bibliografia (con una sezione di testi in italiano, evidentemente datata al giorno d'oggi ma comunque utile).
In sintesi questo libro è un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto un po' per tutti: accontenta sia coloro che cercano un approfondimento storico sulle popolazioni celtiche nella prima parte, sia i neopagani più interessati ad un percorso di tipo ritualistico/spirituale nella seconda, ma allo stesso tempo scontenta i primi con teorie non troppo scientifiche e filologiche ed i secondi perché troppo pedante sulla questione linguistica e troppo normativo (e a tratti inconsueto) su quella rituale. Io ho apprezzato la parte storica come un gradito ripasso di cose già lette, ma che andrebbero sicuramente integrate con un testo propriamente storico, inoltre la parte in cui descrive le festività è accurata e basata sulla mitologia ed il folklore delle terre celtiche, quindi può sicuramente arricchire le schiere di neopagani poco informati a riguardo. A tratti ripetitivo lo stile di scrittura non è dei più accattivanti, anzi in alcuni punti ho fatto fatica a proseguire.
In definitiva consiglio questo libro solo a quella minoranza di neopagani seriamente in fissa con la cultura celtica, visto che si tratta di un testo pieno di concetti, e non sempre facile da seguire.

La via delle fate

La via delle Fate. Viaggio alla scoperta di un mondo incantato di Hugh Mynne, Sperling&Kumpfer, 1998
Numero pagine: 152
Lingua originale: inglese
Titolo originale: The Faerie Way
Prima edizione: 1996
Prima edizione italiana: 1998
Genere: saggio

Negli anni zero se ti interessavi al neopaganesimo spendevi un sacco di soldi in libri. C'erano una miriade di forum (ai tempi si usavano ancora) in cui non mancava quasi mai una sezione di letture tematiche che spaziavano dal fantasy alla magia con la qualunque oggetto (candele, erbe, cristalli, tarocchi ecc.) fino ai saggi storici sulla caccia alle streghe, ed i pdf scaricabili erano ancora un miraggio. La via delle Fate era uno dei titoli immancabili, così nei giorni scorsi quando l'ho scovato a casa di un'amica, almeno in onore della me stessa adolescente che sbavava su libri che oggi mi appaiono ridicoli, mi sono detta che dovevo proprio leggerlo per vedere finalmente di cosa parlava e se mi ero persa qualcosa.
Immancabilmente la copertina non è proprio sobria, ma questo è un classico dei libri New Age: sembra che gli editori siano convinti che i simpatizzanti del neopaganesimo abbiano una certa vena di cattivo gusto intrinseca (il che in effetti anche se non può essere preso come linea generale non è del tutto falso).
Viene genericamente considerato il saggio fondamentale sulla via feerica o tradizione fatata, quel ramo del neopaganesimo che ruota intorno alla figura della fata e agli appartenenti del Piccolo Popolo del folklore delle isole britanniche (condito poi con elementi presi da culture e tradizioni disparate). Probabilmente è considerato un testo base anche per il non banale motivo che è praticamente l'unico testo disponibile in italiano, se non proprio per il contenuto in sé stesso. 
Questa particolare corrente nasce in California negli anni 70 ad opera della coppia Victor e Cora Anderson e del loro seguace Tom Delong poi noto come Gwydion Pendderwen. Da Anderson è stata iniziata anche Starhawk fondatrice del Reclaiming e Autrice del noto La danza a spirale (del quale si trovano citazioni in La via delle Fate).
L'Autore dopo aver fornito qualche notizia sulla tradizione fatata passa ad esporne i principi:  le fate sono esseri energetici conosciuti fin dalle più antiche civiltà, in particolare quelle matriarcali pre-indoeuropee (e qui cita le teorie di Marjia Gimbutas, che in effetti quand'ero adolescente erano pressoché sconosciute in Italia, quindi ci avrei capito poco), ragion per cui se ne trova traccia ad esempio anche nelle dakini tibetane (e qui cita Donne di saggezza di Tsultrim Allione che ho letto proprio nell'adolescenza, quindi qui Hugh non poteva fregarmi!). Le fate quindi non sono piccole creature leziose né residui di divinità celtiche passate nel folklore ma hanno una loro esistenza energetica, sicché gli UFO altro non sono che la versione moderna degli incontri con le fate che si incontrano nel folklore (sì, hai letto bene, to' Thomas the Rhymer! Non era la Regina delle Fate ma Cthulhu!).
Passata questa parte vagamente trash arriviamo al solito motivo della Dea che è l'unione di chiaro e scuro, positivo e negativo e così anche alla coincidentia oppositorum di maschile e femminile, spirito e materia. Veniamo quindi alle guide o maestri della via feerica che sono: il già citato Thomas the Rhymer o Thomas il veritiero figura storica e protagonista di una ballata popolare in cui incontra la Regina delle Fate e viene portato nel suo regno; Robert Kirk un ministro di culto scozzese del XVII secolo autore di The Secret Commonwealth un trattato sul piccolo popolo ed i regni fatati; il poeta e pittore irlandese A. E. ovvero George William Russell che scrisse anche riguardo al popolo fatato; ed in fine Fiona MacLeod al secolo William Sharp poeta scozzese anch'esso autore di opere sulle fate ed il folklore. Devo dire che questa a mio parere è la parte più interessante (:D scommetto che per il 90% dei lettori sia esattamente il contrario) perché mette in luce Autori interessanti poco noti nel nostro paese.
Arriviamo così alla seconda parte del libro che è costituita principalmente di esercizi di rilassamento, respirazione, visualizzazione e purificazione di base, per poi volgersi a visualizzazioni più impegnative: per trovare i propri ausiliari animali, gli alleati feerici, le quattro città dei Thuatha De Danaan (se ne parla effettivamente nel Libro delle invasioni d'Irlanda e in La Battaglia di Mag Tuired), l'amante feerico, il maestro interiore, il compagno di strada, la quinta città (La Valletta di pietre preziose inesistente nei testi mitologici) ed in fine l'incontro con la Lavandaia al guado (figura del folklore irlandese e scozzese). Se avete un minimo di dimestichezza con il folklore del Piccolo Popolo avrete individuato vari temi letterari fondamentali che sono qui stati convertiti in esercizi, sulla cui efficacia e affidabilità non mi pronuncio.
Nelle Appendici si trovano la traduzione della ballata di Thomas the Rhymer, una stringata narrazione su di lui, un piano di lavoro per eseguire gli esercizi del libro, ed un breve testo su un incontro con la Dea. Chiude il volume una scarna bibliografia (necessariamente datata ma che cita libri ancora oggi molto citati in ambiente neopagano).
Questo il contenuto per sommi cap. Non cercherò di negarlo: mentre leggevo mi sono fatta delle risate!
Si tratta certamente di un minestrone New Age in cui non mancano i riferimenti, fra gli altri, allo sciamanismo, alle tradizioni dei nativi di Nord e Sud America e al neopaganesimo, in cui le fonti sono un optional e le divinità citate sono viste come un misto di archetipo psicologico ed essere energetico, eppure...sarà il fascino delle storie sulle fate ma questo libro per quanto farlocco, ha comunque degli spunti interessanti e qualcosa di suggestivo. Quindi se volete farvi suggestionare. simpatizzate per il neopaganesimo e siete disposti a sorvolare su alcune teorie francamente difficilmente sostenibili potrebbe fare per voi, se no lasciate perdere!

Utilità
L'ultima edizione è del 2003 per Macrolibrasi ma si trova abbastanza facilmente usato.

La storia segreta di re Artù

La storia segreta di re Artù. Le radici barbariche della più grande leggenda britannica di Howard Reid, Newton&Compoton, 2003
Numero pagine: 240
Lingua originale: inglese
Titolo originale: Arthur the Dragon King
Prima edizione: 2001
Prima edizione italiana: 2003
Genere: saggio sui racconti arthuriani

I romanzi del ciclo bretone e i successivi rifacimenti esercitano su di me un certo fascino sin dalla prima lettura di Le nebbie di Avalon durante l'adolescenza, così quando mi capita qualcosa a riguardo lo leggo. Purtroppo sia nella narrativa che nella saggistica si trovano libri piuttosto scadenti, ma che comunque testimoniano l'interesse che ancora oggi avvolge le storie di Artù, Ginevra, Lancillotto e tutti gli altri cavalieri della Tavola Rotonda.
Questo particolare volume mi è capitato fra le mani a casa di un'amica, e visto che la lunghezza del mio soggiorno da lei lo permetteva l'ho iniziato e finito nel giro di pochi giorni. Premetto subito che mi ha lasciata non poco perplessa, ma vediamo i contenuti.

Nella prefazione l'Autore espone quella che poi sarà la teoria che andrà a cercare di dimostrare nei capitoli successivi: la cavalleria arturiana e i relativi racconti derivano dai nomadi delle steppe.
Nel primo capitolo ricostruisce (in maniera piuttosto arbitraria) l'arco narrativo della leggenda arthuriana, senza per altro citare puntualmente le fonti dei vari episodi e rileva come in essa spicchino alcuni motivi decisamente celtici (almeno questo, dai) ma anche che il sostrato celtico non può essere l'esclusiva fonte del vasto patrimonio di racconti arthuriani. 
Nel secondo passa a descrivere storia e cultura della Britannia celtica e poi romanizzata e evidenza come alcuni elementi del mito arthuriano non possano trarre origine da questo universo culturale (l'importanza del cavallo, l'uso di tende e padiglioni, il simbolo del drago, un certo grado di rispetto per le donne), nel terzo parla delle infondate prove storiche dell'esistenza di re Artù muovendosi fra storia e fonti letterarie (dalle prime citazioni fino a Goffredo di Montmouth), rilevando come quest'ultimo sia in definitiva una figura mitica
Prosegue nel quarto analizzando la storia così com'è riportata da Goffredo di Montmouth, rilevando come alcuni tratti caratteristici debbano derivare non già dalla cultura celtica, ma da una popolazione barbarica originaria delle steppe dell'Asia. 
Nel capitolo quinto passa a descrivere gli Sciti così come sono dipinti nelle fonti classiche e evidenzia i tratti culturali simili a quelli del mito arthuriano, prosegue nel sesto parlando di come gli Sciti furono soppiantati dai Sarmati di cui un gruppo di cavalleria fu inviato in Britannia presso il Vallo di Adriano dall'imperatore Marco Aurelio dopo la loro sconfitta. 
Nell'ottavo argomenta su come i Sarmati avessero dei tratti in comune con gli Alani, una popolazione barbarica che invase l'impero romano durante l'ultimo periodo imperiale ed il primo medioevo. 
Nel nono parla di come gli Alani si stanziarono in Gallia e Bretagna, dove sarebbero da collocarsi le radici storiche dei romanzi arthuriani, precisamente all'epoca delle guerre sostenute dagli Alani contro altre popolazioni barbariche nel V secolo; Artù sarebbe stato in origine Goar/Eothar, un sovrano citato nella Vita di S. Germano
Chiude richiamando le credenze degli Osseti simili a quelle arthuriane poiché questi altri non sarebbero che i discendenti di Sarmati e Alani. Nella postfazione infine rintraccia gli stessi motivi in alcuni miti e racconti di Cina e Giappone. Chiudono il libro ringraziamenti, bibliografia e indice.

La carenza di riferimenti alle fonti ed una bibliografia che non non permette di rintracciare i testi originali su cui si basano le affermazioni dell'Autore, certo non giocano a favore della sua credibilità. Inoltre si mantiene spesso sul vago, e in alcuni casi l'esposizione dei concetti è ridondante e ripetitiva.
Per il resto si tratta del solito saggio in cui la comparazione selvaggia fa dire quello che si vuole ai testi, e prova ne sia che gli elementi che l'Autore si è tanto impegnato a collegare fra popolazioni barbariche e mito arthuriano si possono ritrovare anche nelle culture Orientali (d'altra parte i legami culturali fra popolazioni indoeuropee sono noti da decenni). Insomma, si tratta di un saggio privo di accuratezza con giusto un patina di storicità e che si perde in salti logici eccessivi. 
Sicché, se siete proprio interessati a leggere qualche teoria alternativa, questo libro potrebbe fare per voi, ma sicuramente esistono testi migliori sull'argomento.

domenica 12 gennaio 2020

Viaggio nei borghi delle streghe

Viaggio nei borghi delle streghe di Roberto Borin, Mursia, 2011
Numero pagine: 176
Lingua originale: italiano
Prima edizione: 2011
Genere: saggio

Tutto ciò che riguarda le streghe che mi capita sotto gli occhi lo leggo, di solito si tratta di romanzi o di saggi storici ma quando a casa di un'amica ho trovato questo volumetto ho deciso comunque di imbarcarmi nella lettura. 
L'originalità sta nel fatto che si tratta di una sorta di piccola guida di viaggio che oltre a citare documenti e ricostruire i fatti di alcuni processi avvenuti in territorio italiano riporta anche le impressioni di viaggio e i luoghi da visitare legati ai procedimenti contro le streghe.
Dopo una breve introduzione che spiega l'intento del libro e traccia un sunto del fenomeno storico della caccia alle streghe, tra l'altro citando i principali documenti e le principali teorie a riguardo (anche quelle che vedono nella stregonerie un relitto di culti estatici e sciamanici) arriviamo ai singoli capiti, ognuno incentrato su un territorio e relativi processi. La struttura è la medesima per ognuno: troviamo una parte narrativa che ha per protagonisti le streghe o altri personaggi storici legati ai singoli casi, una parte storico-documentaristica in cui citando passi degli incartamenti originali si ricostruiscono i momenti salienti delle vicende ed una terza costituita dalle indicazioni per ritrovare oggi i luoghi citati nei processi e le impressioni dell'Autore dopo averli visitati.

Il primo capitolo è incentrato sui processi di Cavalese in Val d Fiemme del 1504-6, poi quelli di Bormio in Valtellina del 1630-2, di Triora in Valle Argentina del 1587-9, di Villacidro in Sardegna a cavallo fra Cinquecento e Seicento e l'ultimo che indaga sul mitico Noce di Benevento, citato anche da Bellezza Orsini inquisita a Fiano nel 1528.
Chiudono il volume un'ampia bibliografia che ho trovato molto utile in cui si possono rintracciare i volumi principali per ricostruire i processi citati.
Sicuramente da integrare con saggi storici più approfonditi, tuttavia può piacere ed avere una sua utilità per coloro che volessero recarsi in visita ai borghi delle streghe sparsi in tutta la penisola.

mercoledì 1 gennaio 2020

Racconti popolari e fiabe islandesi

Racconti popolari e fiabe islandesi di Jón Árnason e Magnús Grímsson a cura di Gianna Chiesa Isnardi, Bompiani, 2004
Numero pagine: 303
Lingua originale: islandese
Titolo originale: Íslenzkar Þjóðsögur og Æfintýri
Prima edizione: 1863-1864
Prima edizione italiana: 2004
Genere: selezione di racconti e fiabe islandesi

Sono felice di chiudere l'anno con questo libro: visto che dalla fine dell'estate c'è stato un ritorno della mitologia nordica fra le mie letture, quando ho trovato Racconti popolari e fiabe islandesi a casa di un'amica non ho potuto non farmelo prestare e così mi ha accompagnato nel periodo natalizio, il che è abbastanza azzeccato sia perché Islanda=neve=Natale nel mio universo mentale, sia perché nei racconti islandesi il periodo Natalizio è particolarmente importante. 
Gianna Chiesa Isnardi è in pratica "Nostra Signora del Mondo Nordico" in quanto principale Autrice di saggi e traduzioni in italiano sull'argomento, primo fra tutti il monumentale I miti nordici che ha reso accessibile anche a noi lettori italiani l'affascinante universo mitologico del Nord Europa, tra l'altro con grande accuratezza storica e filologica (il che ci permette il non disprezzabile privilegio di ridere sentitamente in faccia alle teorie pseudo-storiche di neopagani Asatru, Vanatu ecc. dell'ultim'ora che hanno guardato troppo Vikings).
Quest'opera è una selezione di racconti di Jón Árnason, autore islandese vissuto nel XIX secolo, che raccolse il materiale folklorico del suo paese. Nel 1852 insieme all'amico e collaboratore Magnús Grímsson aveva dato alle stampe una prima selezione di fiabe, ma dopo la morte di quest'ultimo avvenuta nel 1860 aveva proseguito da solo; i risultati dei suoi sforzi vennero pubblicati a partire dal 1863 in due volumi.
La raccolta curata dalla Isnardi si apre con una breve ma utile introduzione che traccia la vita dell'Autore, il quadro culturale e storico dell'Islanda e le motivazioni della selezione operata sull'originale. Le pagine seguenti sono suddivise rispettando le originali sezioni di Árnason di cui la prima - che è anche quella che mi è piaciuta di più nonché la più ampia - è composta di storie di esseri mitologici fra cui il gruppo più cospicuo parla degli elfi, della loro origine, dei luoghi da loro abitati, degli incontri con gli uomini, della loro abitudine di scambiare i bambini umani con i loro e molto altro; seguono le storie sugli esseri acquatici fra cui uno strano nano di mare, le famose donne-foca che con vari nomi si trovano nel folklore di tutto il Nord Europa, e mostri marini; e poi i racconti sugli orchi, i giganti, i troll, ovvero i più noti ed onnipresenti antagonisti dei racconti nordici. 
Si passa quindi alle storie di fantasmi, spettri, anime inquiete, spiriti e emissari magici creati da potenti stregoni, i quali sono i protagonisti della sezione successiva che vede al suo interno anche personaggi storici realmente esistiti intorno ai quali il folklore locale ha intessuto le sue storie. 
Segue una breve sezione sulle storie che comprendono Dio, il Diavolo, l'Inferno e il Paradiso, in cui però i grandi poteri del cristianesimo risultano piuttosto sbiaditi ed ingenui rispetto all'universo magico che costella gli altri raccolti. 
Chiudono il libro una ricca bibliografia (principalmente in islandese e inglese), le fonti iconografiche e l'indice. Ad intervallare la narrazione si trovano illustrazioni in bianco e nero di disegnatori vari (uno è della stessa Isnardi) di non particolare rilievo. Purtroppo ho trovato alcuni errori di stampa, che pur essendo poco frequenti danno comunque l'idea di un prodotto sciatto e poco curato.

In questi racconti non troviamo i personaggi nobili delle saghe ma l'Islanda contadina, in cui Odino ancora a volte si affaccia, e in cui i classici motivi favolistici popolari si rivestono di una sfumatura particolare e unica: non ci sono molte principesse e figli di re, in compenso abbondano gli allevatori, gli agricoltori, i preti, i pescatori, le serve, le levatrici; non ci sono grandi castelli ma per lo più fattorie, capanne, villaggi, colline e isole. E laddove il tutto diventa davvero particolare e non immediatamente comprensibile intervengono le note della Curatrice a chiarificare il passo o a indicare corrispondenze.
Insomma, si tratta di un libro che ha la capacità di intrattenere piacevolmente ma che ha anche accuratezza storica, filologica e bibliografica. 
Per tutti questi motivi consiglio questo libro sia agli appassionati della mitologia nordica e delle culture del Nord Europa in generale, sia agli amanti del genere favolistico e del racconto popolare che troveranno in questa raccolta varietà e fedeltà al testo grazie alla bravura di una Curatrice d'eccezione. Alcuni racconti potrebbero essere adatti anche ai bambini come lettura serale (però vi voglio vedere a pronunciare nomi e toponimi islandesi) benché la raccolta non nasca specificamente per l'infanzia.

Utilità
Nel 2019 è uscito Racconti magici islandesi per Tarka Editore che è anch'essa una selezione della raccolta di Árnason e Grímsson la cui traduzione in italiano si basa su quella inglese di Alan Boucher: scorrendo l'indice ho visto che molti dei titoli sono gli stessi di quelli di questa raccolta della Isnardi (ma non avendo i libro sotto mano non posso fare confronti).
Il sito Sagnagrunnur offre una mappa dell'Islanda con segnati i luoghi citati nei racconti islandesi, fra cui anche quelli di Árnason e Grímsson (solo parte del sito è disponibile in inglese).
Su Jonarnason.is si trovano varie notizie bio-bibliografiche (in inglese e islandese) e partendo da questa pagina si possono consultare i manoscritti originari digitalizzati.
Se ti è piaciuto questo libro potrebbero interessarti anche:
  • Antiche ballate danesi a cura di Maria Valeria D'Avino
  • Ballate magiche svedesi a cura di Massimo Panza
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  • Fiabe e leggende norvegesi di AA. VV. a cura di Massimo Conese
  • Fiabe faroesi di Jakob Jakobsen a cura di Luca Taglianetti
  • Fiabe islandesi a cura di Silvia Cosimini
  • Fiabe lapponi di Just Knud Qvigstad e Georg Sandberg a cura di Bruno Berni
  • Fiabe lapponi e dell'estremo Nord (in due volumi) di AA. VV. a cura di Bruno Berni
  • Fiabe nordiche. Troll, principi e giganti di AA. VV. a cura di Bruno Berni
  • Fiabe norvegesi di AA. VV. a cura di Agata Larsson
  • Fiabe norvegesi di Peter Christen Asbjørnsen e Jørgen Moe a cura di Alda Manghi Castagnoli
  • Fiabe norvegesi di Peter Christen Asbjørnsen e Jørgen Moe a cura di Bruno Berni
  • Fiabe popolari svedesi di AA. VV. a cura di Annouska Palme Sanavio
  • Fiabe svedesi di AA. VV. a cura di Daniela Di Falco con illustrazioni di John Bauer
  • Fiabe svedesi di AA. VV. a cura di Bruno Berni con illustrazioni di John Bauer
  • Racconti e leggende popolari norvegesi di Peter Christen Asbjørnsen a cura di Luca Taglianetti
  • Racconti magici islandesi di Jón Árnason e Magnús Grímsson a cura di Alan Boucher
  • Troll di Theodor Kittelsen a cura di Luca Taglianetti