sabato 28 maggio 2016

Come fare tisane e infusi

Come fare tisane e infusi di Luigi Mondo e Stefania Del Principe, Gribaudo, 2008.
Numero pagine: 128
Lingua originale: italiano
Prima edizione: 2008
Fotografie delle piante: no
Illustrazioni botaniche: sì 
Illustrazioni di altro tipo: sì
Schede singole piante: sì
Ricette e preparazioni: sì 
Piante commestibili: sì 
Piante officinali: sì 
Piante aromatiche: sì 
Piante protette: no
Etnobotanica e storia: cenni
Questo libretto l’ho trovato ravattando* nel cassetto di una credenza di una vecchia casa. Ce l’aveva messo una mia amica, ed io in realtà l’avevo visto varie volte senza mai aprirlo, mi sembrava uno dei classici testi fatti un po’ a caso, con una bella grafica ma di poca sostanza. Ovviamente mi sbagliavo, e me ne sono accorta ieri quando, preparando alcuni sacchetti di tisane mi è venuto un dubbio.
Così sono andata a recuperarlo e…ho trovato proprio quello che cercavo!
Dopo una breve ma seria introduzione, gli autori passano a parlare di come comporre una tisana e come conservare le erbe; accennano ai vari metodi d’estrazione (infuso, decotto, macerazione, digestione), quali dolcificanti utilizzare, con un approfondimento sui vari tipi di miele; come definire la quantità di erbe da usare; come raccoglie ed essiccare le piante; l’interazione con particolari alimenti; le controindicazioni delle singole erbe, tossicità ed interazioni di alcune piante, corredato da un elenco di piante da evitare in caso di particolari disturbi.
Arriviamo dunque al cuore del libro, in cui si trattano le singole piante: per ognuna sono riportati nome comune, nome botanico, proprietà, utilizzo, eventuali curiosità ed un disegno della stessa.
Seguono le ricette di alcune tisane e decotti per specifici disturbi, e quelle adatte ai bambini.
Chiaramente, essendo il libro piuttosto ridotto ogni argomento è trattato in maniera breve ma efficace, chiara ed utile. Sicché mi sento di consigliarlo a chiunque si stia avventurando in questo affascinante mondo verde e profumato.

*ravattando: termine d’origine dialettale, che indica lo scartabellare, il cercare fra i ravatti appunto, cose rotte o vecchie.

Donne che si fanno male

Donne che si fanno male di Dusty Miller, Feltrinelli, 1997.
Numero pagine:
Titolo originale: Women who hurt themselves
Lingua originale: inglese
Prima edizione: 1994
Prima edizione italiana: 1997
Genere: saggio

Solito mercatino dell’usato. Nel titolo c’è la parola “Donne”, ed in più ho letto da poco altri libri della stessa collana. Va bene, lo prendo. E’ un libro uscito in lingua originale nel 1994, un po’ datato quindi, ma l’ho trovato molto interessante (al di là del fatto che non essendo un’addetta ai lavori non posso sapere se sia una teoria valida o meno, se sia ancora considerata o meno, ecc.).
L’argomento, come da titolo, è il trattamento psicoterapico per donne autolesioniste. L’autrice, dopo aver a lungo studiato casi anche molto differenti fra loro, propone un approccio integrato, un metodo che possa essere utile a coloro che in qualche maniera infiggono sofferenza al loro colpo, sia tramite i disturbi alimentari, sia con eccessivi interventi estetici, sia provocandosi dolore fisico, sia abusando di farmaci o droghe.
La Miller individua la genesi di questi comportamenti in traumi infantili dovuti a violenze o trascuratezza o eccessiva cura durante l’infanzia; a causa di ciò la paziente non ha imparato a prendersi cura di sé stessa, non avendo avuto un modello di cura positiva nell’infanzia, per cui spesso presenta una triplicità interiore di vittima-violatore-spettatore non protettivo.
Compito del terapista, secondo l’autrice, è creare una dimensione di fiducia reciproca e sostegno, per poi, piano piano riuscire ad affrontare la storia della donna, secondo i suoi tempi specifici, e ricreare una parte della sua psiche in grado di avere cura della totalità della persona, in modo da interrompere i cicli di autolesionismo e favorire rapporti umani reali e solidi, non caratterizzati da silenzio, segreto e mancanza di comunicazione.
Indica il complesso dei vari aspetti dell’autolesionismo dovuto ad abusi con “sindrome da rimessa in atto del trauma”, sindrome di cui lei stessa è stata vittima. Nello svolgersi del libro, prende come riferimento principale le storie di quattro diverse donne, e ne cita altre in alcuni capitoli specifici.
Nella prima parte l’autrice traccia un quadro generale dei sintomi, delle motivazioni scatenanti, di come questi influenzino l’intera vita emotiva, sociale e fisica della donna, la quale è  l’unica esperta del suo personale cammino di guarigione”.
La seconda invece illustra il metodo da lei messo a punto per favorire una guarigione, ed è soprattutto rivolto a terapisti ed operatori del settore, infatti all’inizio pone una distinzione fra questo tipo di disturbo ed altri simili. Passa poi ad analizzare le tre fasi attraverso cui si snoda il suo approccio, sempre e comunque caratterizzate da un attento ascolto della paziente. Il libro si chiude con le parole delle quattro donne dopo il lungo percorso terapeutico.
Non è stata una lettura facile, sia per la sofferenza implicita nei racconti, sia per la specificità di lessico e richiami a teorie psicologiche che io personalmente non conosco bene. Ma è stato comunque utile e proficuo avere a che fare con quest’argomento altrimenti sconosciuto. Non una lettura leggera quindi, ma che sicuramente può dare spunti interessanti per sé e per tutti coloro che si trovano vicino a persone con questo tipo di problematiche.

La Signora del gioco

 La Signora del gioco di Luisa Muraro, La Tartaruga edizioni, 2006.
Numero pagine: 337
Lingua originale: italiano
Prima edizione: 1976
Genere: saggio

In questo periodo in particolare, ma anche negli ultimi anni, ho letto parecchi libri sulle streghe: l’argomento mi affascina, non la triste storia di come medichesse e donne emarginate siano state spazzate via da un sistema misogino e violento, ma la figura in sé, la presunta dimestichezza con erbe e Natura, il valore sovversivo che ha la sua immagine, ma anche il fatto che fra le streghe potesse essersi conservata una traccia di culti precedenti.
Questo libro in particolare affronta la questione dal punto di vista delle sue vittime – come recita anche il sottotitolo -.
L’autrice analizza i verbali di alcuni processi avvenuti in Val Poschiavina, Val Camonica, Val di Fiemme, a Milano e nel Canavese in vari periodi. Considera l’impatto psicologico sulle imputate; il ruolo che nei processi interpretava la collettività, intesa come coloro che erano vicini alla presunta strega, famigliari e compaesani; il mischiarsi di sogno e realtà nelle testimonianze rese ai giudici; ed anche l’evolversi del modello del sabba o, come si chiamava in origine, del buon gioco, originariamente guidato da una Domina Ludi, la Signora del gioco appunto, chiamata Madonna Oriente, Erodiade ecc. che da dea-fata a capo degli incontri stregoneschi, diverrà una pallida superstizione, soppiantata dal Diavolo, onnipresente tentatore e seduttore. Inoltre evidenzia come da una visione della magia come pura superstizione e fantasia, si passi a credere che sia reale e sicuramente demoniaca e malefica.
E’ dunque un testo molto ricco ed articolato, che ha il grande pregio di riportare i verbali, le esatte parole delle imputate per stregheria (così come le edizioni critiche o stampate degli stessi).
Vi si trovano tutti quelli che diventeranno i luoghi comuni dei processi: come venga rinnegata la fede cristiana, come le streghe ricevano un’unguento dal diavolo che le conduce al sabba, come esse si nutrano di bestie ed uomini poi riportati in vita, che però troveranno la morte di lì a poco; come esse si concedano a rapporti con i demoni; come provochino malattie, mal tempo e morti agli altri solo per invidia o ripicca ecc.
L’autrice avanza anche alcune interessanti teorie sul perché venissero principalmente prese di mira le donne vecchie, le vedove o quelle per qualche ragione sole o isolate. Fra i processi presi in considerazione sono riportati anche quelli avvenuti contro medichesse e curatrici, che ho trovato particolarmente interessanti.
Scritto negli anni 70 e ripubblicato in questa nuova edizione, è ancora un libro interessante e degno d’essere letto.
Riporto solo una breve citazione di una donna di Pisogne, che rivolgendosi al vicario, lei accusata, mosse un atto d’accusa a sua volta: “Mi fate un grande torto. Gli altri devono saperlo, che siccome io non dicevo come voi volevate, mi avete detto “brutta vacca” e altre parolacce. E poi non mi avevi giurato di lasciarmi andare se avessi detto come volevate voi. Mi avrete sull’anima […] com’è vero che avete addosso un vestito. Tu sei peggio di me.”

mercoledì 4 maggio 2016

Il sentiero della Dea

 Il sentiero della Dea di Phyllis Curott, Sonzogno, 1999.
Numerodi pagine: 356
Titolo originale: Book of Shadows - A modern Woman's Journey into the Wisdom of Witchcraft
Lingua originale: inglese
Prima edizione: 1998
Prima edizione italiana: 1999
Genere: romanzo autobiografico
Ambientazione: Stati Uniti
Epoca: contemporanea

Questo libro l’ho comprato durante una grandinata alle soglie della primavera. Camminavo sotto ai portici e, nonostante il tempo, c’erano alcune bancarelle di libri usati; io, che non posso resistere quando ho l’occasione di portarmi a casa qualche bel libro a poco prezzo, magari di quelli fuori stampa o ai quali do la caccia da anni, mi sono fermata a cercare qualcosa si interessante. Ho scambiato qualche parola con il signore del banchetto – sul tempo, chiaramente! -. E nel mentre mi è capitato questo libro. Non ho deciso di prenderlo subito, non leggo più libri sulla Wicca da quando avevo 16 anni, ma ricordavo il titolo e il prezzo era accessibile. Certo, la quinta di copertina ed il titolo di “Gran Sacerdotessa Wicca” non è che mi entusiasmassero, però alla fine l’ho comprato.
Ho iniziato a leggerlo pochi giorni dopo, e, tanto per cambiare, si è rivelato il libro giusto al momento giusto. L’autrice, come spiegato nella prefazione, racconta in questo libro il percorso che l’ha avvicinata a quella che chiama Vecchia Religione, passando da donna razionale, sofisticata e inserita nella società odierna, ma anche piena di paure e mancanze, a seguace di una spiritualità basata sulla Natura, l’intuito, la sacralità di ogni cosa che ci circonda. In ogni capitolo si snoda la sua storia, riportando anche parte degli insegnamenti ricevuti dalle sacerdotesse del suo cerchio, ma soprattutto, ciò che mi ha più interessata, è come lei cerchi di conciliare questo mondo magico e interiore con la società in cui vive, con i suoi paradigmi e limiti materialistici. Mi sono risuonati i dubbi, le piccole epifanie, il lavoro interiore, le intuizioni. Mi ha anche ricordato, riportandomi indietro di anni, le basi del lavoro “magico”, ma forse sarebbe più chiaro dire, “energetico”, con erbe, pietre, colori ed elementi.
Per anni ed anni ho mantenuto un certo distacco da tutto ciò che è Wicca, un po’ per il fatto che molti dei suoi seguaci mi sembrano come ragazzini in vena di sceneggiate ed in cerca di attenzione, un po’ perché mi è sempre parso un calderone di credenze messe insieme alla rinfusa, e un po’ perché molti dei suoi insegnamenti vengono spesso presi come dogmi e non indagati, vissuti, messi in discussione, e solo dopo ciò, eventualmente, accettati. Insomma, un misto di pregiudizi e brutte esperienze. Eppure questo libro mi ha fatta in parte ricredere, o meglio, mi ha ricordato che come per tutto, anche nella Wicca ci sono persone dotate di spirito critico, di ricerca, preparate, desiderose di approfondire e cercare la loro verità, in grado di affrontare passo passo le proprie insicurezze e di vivere la spiritualità non come un colorato baraccone per richiamare sguardi e prestigio, ma come una via interiore di evoluzione e trasformazione. E così anche tutto l’apparato di piccoli incanti naturali e simboli che questa Tradizione porta con sé.
Un altro punto che mi ha sempre fatto storcere il naso riguardo alla Wicca è l’uso indiscriminato di termini potenti e dai significati profondi come “strega” o “sacedotessa”, ma a riguardo cito una piccola parte del libro che mi ha indotto a mitigare la mia intransigenza (pur continuando a pensare che spesso e volentieri tali titoli siano immeritati ed abusati):
Sapevo che la congrega era un gruppo di streghe ma non mi sentivo ancora pronta a considerarmi una “donna saggia”. Ora capivo perché Sophia si definiva una strega – era un atto di sfida e una conferma di potere – come se in questo modo il mondo fosse obbligato a confrontarsi con i suoi stereotipi negativi e con la storia dei secoli oscuri e misogini in cui erano nati. Usando quel termine, Sophia affermava il suo potere femminile.” (pag. 73)
Ed ancora:
Potrete sempre rivolgervi a me […] e io condividerò con voi la mia conoscenza e le mie opinioni. E’ per questo che esistono le sacerdotesse. Non siamo qui per intercedere per voi presso il divino o per dirvi in cosa credere o che cosa fare. Questa è una vostra responsabilità a cui dovrete far fronte da sole. Una sacerdotessa è come un’insegnante e noi condivideremo con voi tutta la saggezza che ci è stata tramandata, tutte le tecniche in cui ci siamo perfezionate. Ma il vostro viaggio è solo vostro.” (pagg. 77-8)
Anche se personalmente intendo il termine sacerdotessa in maniera un po’ diversa per la profondità del suo significato, questo brano mi ha un po’ riconfortato rispetto al fiorire di grandi sacerdotesse, sciamane e iniziate ai mistici segreti di chissà quale tradizione, che forse usano questi titoli non per elevarsi al di sopra degli altri o peggio per denaro, ma perché si percepiscono come insegnanti, donatrici disinteressate di una qualche tecnica o conoscenza.
Inoltre l’attenzione riservata all’ecologia e alla questione femminile, temi che mi stanno molto a cuore e che personalmente trovo inscindibili da un percorso di spiritualità femminile, mi hanno ulteriormente convinto della genuinità e della profondità di visione dell’autrice.
Chiude il volume un piccolo elenco di corrispondenze, alcuni riti, e una breve descrizione della Ruota dell’Anno.
Sicché mi sento di consigliare questo libro, che anche se ambientato nell’America di alcuni decenni fa, può sicuramente mettere in luce conflitti e dubbi che anche le donne di oggi sulla via del proprio labirinto interiore, possono provare. Inoltre la scrittura è piacevole e scorrevole, adatta ad esprimere il mondo interiore di questa donna ma senza la magniloquenza che a volte si incontra in testi analoghi. Niente manie di grandezza insomma. Sicuramente però, lo integrerei con altre letture, visto che a volte le citazioni mitologiche sono imprecise, unica pecca che ho riscontrato.
Insomma, questa è un’altra spirale che torna dove è passata ma con una profondità ed un’ampiezza diversa, le cose che ho “studiato” da ragazzina mi si ripropongono con una nuova veste…vedremo dove porterà questo nuovo giro :)
Esiste anche un'edizione più recente, del 2012, della Venexia Edizioni.

Storie di masche

Storie di masche di Maria Tarditi, Araba Fenice, 2012.
Numero pagine: 253
Lingua originale: italiano
Prima edizione: 2008
Genere: raccolta di racconti

Maria Tarditi mi è piaciuta subito, questa vecchietta che rievoca i suoi ricordi di ragazza sui monti piemontesi, a breve distanza dalla mia terra ligure, mi ha conquistata fin dal primo libro. Storie di masche era il regalo di compleanno per mio padre, nipote di contadini piemontesi, nella cui fattoria ha ascoltato storie simili a quelle narrate da quest’anziana signora. Ok, sì, era un regalo interessato, visto che tutto ciò che riguarda la streghe, le masche in questo caso, mi interessa.
Ho letto varie raccolte di brevi racconti e aneddoti sulle streghe di varie regioni, simili a questo, e in tutti, oltre alla dimensione magica e misteriosa, emergono anche la durezza della vita contadina, della condizione delle donne sole, o troppo belle, o troppo brutte, o in qualche maniera emarginate. La masca è colei che si teme ma della quale si ricerca anche l’aiuto, è la seduttrice ma anche la donna ripugnante, è colei che incanta ma anche colei che toglie il malocchio, è la strega e la guaritrice di campagna, spesso è pure un capro espiatorio per la comunità.
Le storie prendono vita dal ricordo di come, finita la stagione dei lavori agricoli, uomini e donne si riunissero nelle “veglie”, presso le case ora dell’uno ora dell’altro, ed allietati dai poveri ma generosi viveri degli ospiti, narrassero, rievocando per gli altri, eventi del passato, strani incontri, fatti misteriosi. E così la cultura comune, popolare, passava da bocca ad orecchio, mutando eppure conservandosi di generazione in generazione. Ed oggi che le veglie sono dimenticate, quei saperi semplici ma profondi, antichi come l’uomo, ci sono consegnati nelle parole della Tarditi. Ogni storia è raccontata alla giovane Maria da un personaggio diverso del paese, ognuno con un suo trascorso, una storia nella storia insomma.
Oltre alla raccolta che dà il titolo al volume, sono riportati aneddoti riguardanti altri esseri soprannaturali, casi curiosi ed episodi in cui le masche agiscono per aiutare il prossimo.
Ci tengo a riportare l’epilogo del libro, che lascia intendere lo spirito della raccolta e dell’arzilla signora che l’ha scritta:
Ogni sera, dopo aver sentito (e visto) l’ultimo telegiornale con la razione quotidiana di terrori che opprimono il nostro povero mondo, sento nostalgia della masche, delle anime del Purgatorio e di tutti i misteri che, quando era bambina, mi sembravano tanto spaventosi.
E mi si stringe il cuore. Poveri bambini di oggi costretti anche a “vedere” le diavolerie del terzo millennio, spatarate sul teleschermo senza misericordia! A colori!! In diretta!!!
Ogni epoca ha i suoi mostri. D’accordo.
Ma i nostri erano meglio.
Alcuni racconti sono già apparsi nel volume Il diavolo, l’acqua santa e la paura del 2002 per Primalpe.