venerdì 18 dicembre 2015

Storia dell'Ulivo

Etimologia
Sia l'italiano Ulivo che il nome botanico Olea derivano dal latino olivum "ulivo" a sua volta da oleum "olio" affine al greco élaion "olio" e elaía "ulivo", parole già rintracciabili nel miceneo erawa "oliva" e erawo "olio" ; probabilmente questi termini sono non-Indoeuropei e sono stati adottati nelle lingue greche e latina da parlate del Vicino Oriente.
In Arabo l'oliva è zaytun (da cui lo spagnolo aceituna e il portoghese azeitona), la stessa radice, che si ritrova anche in ebraico, aramaico, copto potrebbe essere semitica e significare "essere importante, distinto" oppure derivare da lingue mesopotamiche (sumerico zirdum e accadico serdu).
In molte lingue mediterranee ed europee la parola che designa il prodotto delle olive, ovvero l'olio, è passato ad indicare indistintamente qualsiasi sostanza grassa allo stato liquido usata per la cucina.

Vicino Oriente
L'Ulivo domestico è probabilmente originario di una regione compresa fra il Caucaso, l'Iraq, il deserto arabico e la Turchia. Qui, a partire dall'Ulivo selvatico, l'Olivastro, si effettuò una progressiva selezione che portò alla varietà domestica e alla sua diffusione in tutto il Vicino Oriente già dal V millennio a. C. Alcuni ritrovamenti risalenti al neolitico confermano l'uso alimentare delle olive e le prime tracce di frantoi sono state ritrovate in Siria e Palestina e risalgono al 5000 a. C. In Palestina sono stati rinvenuti mortai in cui le olive venivano pressate e ridotte in pasta a forza di braccia, dopo di che il tutto veniva collocato in cestini di ramo d'ulivo e pressato con pietre sovrapposte; l'olio misto ad acqua di vegetazione veniva lasciato decantare e successivamente raccolto e conservato in appositi vasi o otri di pelle. Questa tecnica è quella che è stata utilizzata fino ai giorni nostri con strumenti più o meno avanzati.
I primi riferimenti scritti all'olio d'oliva si trovano nelle tavolette dell'archivio del palazzo reale di Ebla (odierna Siria settentrionale) e risalgono al 2500 a.C., documenti che parlano del prezzo dell'olio, della sua redistribuzione e dell'estensione e amministrazione degli uliveti sono stati rinvenuti anche nelle altre antiche città siriane di Mari e Ugarit.
Norme relative all'Ulivo e ai suoi prodotti sono presenti nel codice del sovrano babilonese Hammurabi, della prima metà del II millennio a. C.
In queste regioni l'olio raramente era usato a scopo alimentare, più spesso veniva usato come combustibile per lampade e fornaci, nella preparazione delle stoffe, come base per profumi, unguenti e vari medicamenti; per questo l'olio aveva anche una valenza erotica e seduttiva, che si ritrova anche in Egitto, Grecia e presso gli Ebrei.

Ebrei
 Come già visto, la Palestina è una dei primi centri di diffusione dell'olivicoltura, ma a differenza di altre popolazioni semitiche gli ebrei usavano l'olio anche come cibo, tanto che era presente in quasi tutte le preparazioni, ed insieme alla farina era un elemento fondamentale delle offerte a Dio, la base per i profumi e le unzioni che consacravano re, profeti e sacerdoti. La menorah, il candelabro a sette braccia ordinato da Dio a Mosè, doveva ardere solo il più puro olio d'oliva, e nell'Antico Testamento l'olio ha anche il significato di abbondanza e benedizione divina.
Nella Bibbia le olive sono uno dei cibi più citati, e sembra che la popolazione più dedita a questo tipo di coltivazione fosse quella dei Filistei, stanziata sulla costa mediterranea lungo i confini dell'antico Regno di Giuda. Il legno era usato anche per le costruzioni, e nel libro dei Re (6, 23-33) si può leggere che le porte del sacrario del Tempio di Salomone erano in Ulivo, così come i due cherubini scolpiti all'interno.

Egitto
L'olio d'oliva non veniva usato in cucina, per la quale si usava l'olio di sesamo, era infatti considerato un bene di lusso appannaggio soprattutto di sacerdoti, sovrani e Dei, questo anche perché l'Egitto non è il luogo ideale per la coltivazione dell'Ulivo, che pur essendovi stato importato prosperava solo in alcune aree e dunque non produceva abbastanza per soddisfare il fabbisogno dell'intero paese; una parte dell'olio doveva essere acquistata da Siro-Palestina e Grecia. Veniva quindi impiegato principalmente per le luminarie dei templi, ma soprattutto per la produzione di profumi, unguenti, medicamenti, attività in cui i profumieri egiziani raggiunsero l'eccellenza iniziando a sperimentare già dal IV millennio. Il procedimento era il seguente: in vasi mantenuti ad una temperatura di 50-60° venivano posti olio e acqua in eguale quantità ed una o più  sostanze profumate, solitamente d'origine vegetale; si lasciava a macerare il tutto da uno a cinque giorni durante i quali l'acqua penetrava nelle fibre e liberava gli oli essenziali che venivano catturati dall'olio. L'acqua poi evaporava piano piano, a processo ultimato l'olio era filtrato ed il profumo finito veniva riposto in vasi, spesso di alabastro o altro minerale che ne preservavano la fragranza. Questi prodotti erano usati per profumare oggetti, persone, ambienti, abiti, ed erano particolarmente apprezzati in un paese in cui le temperature alte favorivano la sudorazione e la fermentazione.
Olio e rappresentazioni dell'albero e dei rami sono stati rinvenuti in varie tombe di epoche diverse.
Tra l'altro l'olio oltre ad essere usato in cosmetici, lampade, medicine, rituali sacri e magici era una delle sostanze usate per l'imbalsamazione, ed è celebre l'importanza che questo processo aveva nella mentalità egizia.

Grecia
Nel III millennio a. C. circa si ebbe la diffusione nella penisola Ellenica dell'Ulivo domestico (Creta, Rodi e Cipro sembra lo conobbero da prima) probabilmente grazie ai contatti commerciali e culturali con le civiltà del Vicino Oriente. Nei resti del palazzo di Knosso a Creta, sono stati ritrovati moltissimi orci per l'olio, che ci testimoniano come il palazzo fosse fra le altre cose anche un centro di conservazione e redistribuzione dei prodotti dell'isola. Nella civiltà cretese le statue degli Dei venivano spalmate d'olio, possiamo supporre che lo si facesse sia per dare lucentezza e favorire la conservazione del materiale, sia con un qualche fine simbolico e sacro.
Il sito archeologico di Pyrgi, nell'isola di Cipro, ci ha restituito un complesso adibito alla produzione dell'olio dell'inizio del II millennio. Nel frantoio sono stati ritrovati vari attrezzi fra cui brocche, bacili, attingitoi, grossi vasi per la conservazione dell'olio con coperchi in calcare. Tuttavia altre giare d'olio sono state rinvenute anche nei locali adiacenti adibiti a fonderia del rame e laboratorio tessile; da questa caratteristica del complesso e dallo studio delle strutture, si è dedotto che l'olio venisse impiegato come combustibile per portare a fusione il rame, essendo più pratico della legna da ardere, ma anche come lubrificante per le fibre animali e vegetali prima della cardatura e durante la filatura e la tessitura. Come sovrappiù, un altro locale adiacente al frantoio era adibito alla fabbricazione di profumi partendo dall'olio più pregiato nel quale venivano messi in infusione fiori, spezie ed erbe.
A Santorini è stato trovato un frantoio d'epoca micenea (seconda metà del II millennio a. C.) in pietra lavica costituito da una pietra concava ed una convessa che andava a schiacciare le olive, per poi procedere con la spremitura e la decantazione.
Nelle tavolette cretesi e poi in quelle micenee trovate dagli archeologi in archivi di vari siti, sono state identificate la parole corrispondenti a olio, oliva ed ulivo, dalle quale derivano i termini in greco antico. Inoltre, su questi documenti di palazzo sono annotate le quantità dei vari beni presenti e di quelli redistribuiti al popolo, ai templi ecc. che ci possono dare un'idea dell'entità della produzione e del consumo a quei tempi. Si trova anche attestazione di un fiorente commercio d'olio verso l'Egitto. Esemplari di frantoio sono stati ritrovati nell'isola di Creta a Praisos, Gurnia, Malia e Vathypetro.
Le leggi ateniesi (Costituzione degli ateniesi, LX) punivano severamente colui che osava distruggere un Ulivo: in un orazione di Lisia intitolata Per l'ulivo sacro, un uomo viene giudicato dall'Areopago, il tribunale sacro di Atene, per l'accusa di aver sradicato uno di questi alberi; la pena prevista era la morte. Questo perché nel mito l'Ulivo è il dono di Atena agli uomini, ed intorno al primo di essi era stato costruito un tempio sull'acropoli di Atene, dunque tagliare uno di questi alberi, voleva dire spregiare un dono divino.
Rami d'Ulivo selvatico ornavano il capo dei vincitori delle Olimpiadi, mentre il premio per i migliori atleti delle Panatenaiche, era costituito da anfore piene d'olio ricavato dall'uliveto sacro ad Atena. Le anfore panatenaiche, la cui produzione inizia nel VI sec. a. C., di solito raffiguravano su un lato Atena, e sull'altro il tipo di gara per la quale costituivano il premio.
In tempi moderni si è stimato che ogni cittadino greco consumasse intorno ai 55 litri annui d'olio: circa 20 litri venivano usati per l’alimentazione, circa 3 litri venivano usati per l’illuminazione, circa 30 litri per l’igiene corporea dell’individuo, circa 2 litri venivano usati in ambito religioso per riti spirituali e circa 0,5 litri per la farmacopea.
La forte presenza di Ulivi nel mondo greco ed ellinico, sta alla base di molti toponimi, come Elaious città del Chersoneso Tracico, Elaia in Epiro, varie isole Elaioussa, ma anche alcuni luoghi più specifici come un promontorio nell'isola di Creta ed uno a Cipro, detti Elaia.

Roma
Nel corso del I millennio a. C. Greci e Fenici contribuirono a diffondere l'olivicoltura in Africa del nord (Cartagine), e verso occidente, in Italia e fino alla Spagna. Bisogna sottolineare però che l'Ulivo era già presente in queste zone da millenni, solo non erano diffuse le tecniche di coltivazione e lavorazione delle olive.
In Italia l'olivicoltura iniziò a diffondersi da varie direzioni: la colonia fenicia di Massaglia (odierna Marsiglia), le poleis greche fondate nel sud Italia, le città etrusche intorno alle quali erano presenti vari appezzamenti di terreno per la produzione d'olio.  Nell'area latina quest'albero arrivò intorno al VI sec. a. C.
Con l'espandersi dell'influenza romana in buona parte del mediterraneo, a partire dal II sec. a. C., ci fu un intensificarsi dei commerci d'olio, e vennero destinate nuove terre alla coltivazione dell'Ulivo. L'olio viaggiava sia via terra che via mare, in orci di pelle o anfore diverse a seconda del luogo di provenienza, in modo che sui mercati fosse facilmente intuibile la città di produzione.
Come testimoniato dai dettagliati trattati sull'agricoltura di Catone, Varrone, Columella e Palladio, la cura degli alberi e la trasformazione dei frutti in olio, divennero via via più efficienti; nel II-III sec. d. C. si colloca l'apice della produzione e richiesta di olio.
Dai testi latini ricaviamo anche una differenziazione fra i vari tipi di olio: oleum ex albis ulivis, proveniente dalla spremitura delle olive verdi e usato per la creazione di profumi essendo quasi privo di aroma; oleum viride, proveniente da olive a uno stadio più avanzato di maturazione, usato nei rituali religiosi; oleum maturum, proveniente da olive mature, adatto alla cucina; oleum caducum, proveniente da olive cadute a terra e oleum cibarium, proveniente da olive quasi passite, destinato all'alimentazione degli schiavi.
La prima menzione dell'olivicoltura ci viene dal trattato sull'agricoltura di Saserna, oggi perduto, ma tramandatoci in maniera frammentaria nell'opera di Columella De agricultura.
Il principio del frantoio romano è lo stesso di quello greco, con una mola che divide polpa e nocciolo, una pressa che fa uscire il liquido e delle vasche di decantazione in cui l'acqua di vegetazione si divide dall'olio.
Le olive costituivano un alimento importante nella dieta romana, tanto che molti scrittori latini ci hanno tramandato ricette e metodi di conservazione e deamarizzazione; anche l'olio era il fondamentale condimento per molti piatti, da quelli più semplici e rustici, alle sontuose portate imperiali, e la sua importanza è testimoniata anche dal fatto che fra i tributi che le popolazioni sottomesse dovevano pagare a Roma, rientrava anche l'olio. Una grande quantità di olio e di olive, veniva consumata dalle legioni (cibo, combustibile per lucerne, igiene personale, medicine), dunque la distribuzione doveva essere abbondante e capillare, tanto che in età imperiale a Roma c'erano speciali magistrati addetti alla distribuzione dell'olio.

Medioevo
Con lo sfaldarsi dell'Impero e quindi della redistribuzione statale del prodotto e della cura delle grandi piantagioni, sia la domanda che il consumo d'olio diminuirono grandemente. Durante l'alto Medioevo ci si dedicò più che altro ad un'agricoltura di sussistenza, dunque la produzione doveva bastare per piccole comunità e non veniva commerciata in luoghi lontani.
Nel VII sec. si colloca l'Edito di Rotari, che punisce chi danneggia gli Ulivi
Una nuova ripresa si ebbe solo con il diffondersi degli ordini monastici, in particolare quello dei Benedettini, che nei loro possedimenti e fondi incrementarono la coltivazione di qest'albero, sia per l'utilità della pianta, sia come importante simbolo religioso della cristianità; tra l'altro l'Ulivo forniva il combustibile per le lampade da altare che, così come quelle ebraiche, dovevano bruciare solo olio d'oliva.
Inoltre, molti monasteri conservavano parte delle antiche conoscenze mediche ed erano dotati di laboratori per la produzione di unguenti e medicine, per le quali l'olio d'oliva era spesso indispensabile. Bisogna anche ricordare che la maggior parte dei sacramenti cattolici sono impartiti tramite l'imposizione di olio su varie parti del corpo, così come la consacrazione di re, papi e vescovi; si può quasi pensare che la classe dominante dell'età di mezzo fosse riconosciuta nel segno dell'olio d'oliva!
In questo periodo in molti stati italiani furono emanati statuti, editi ed ordinanze che costringevano a piantare Mandorli ed Ulivi, e che punivano severamente chi li avesse danneggiati o esportati illecitamente. La produzione in alcune aree divenne così abbondante che parte del prodotto poteva essere venduto in altri stati e regni europei. Si potevano trovare anche frantoi ad acqua, ovvero con una ruota fatta girare dal flusso d'acqua, che azionava i macchinari adibiti alla frantumazione e alla pressa delle olive.
Una nuova battuta d'arresto si ebbe nel XIV con la Piccola Era Glaciale che restrinse l'areale di coltivazione dell'Ulivo ma che non danneggio molto la produzione in Italia, dove il clima era comunque abbastanza mite perché la pianta potesse sopravvivere. Anche l'aumento di aree boschive a causa dello spospolamento dovuto alla peste, ebbe una ripercussione su questa coltura.

Epoca moderna e contemporanea
Nel '600 ci fu un nuovo incremento dell'olivicoltura, i cui prodotti venivano commerciati dalle Repubbliche Marinare di Genova e Venezia in particolare. Tra l'altro l'invenzione del sapone con olio d'oliva, favorì lo sviluppo di manifatture soprattutto in Liguria e Provenza.
Usato al posto del Chinino quando questo mancava per curare la malaria, l’Ulivo continuò ad essere una coltura importante per alcune aree specializzate degli stati europei, fino all’industrializzazione, avvenuta in tempi diversi nei vari stati, che portò i contadini a muoversi verso la città e ad abbandonare alcuni uliveti, ottenuti con il duro lavoro e l’impianto di fasce a secco, come avvenuto in Liguria.
L’invenzione e l’impianto di macchinari per la frangitura, portò ad un radicale cambiamento del processo, che avviene in maniera più veloce e redditizia, anche se le tecniche usate e affinate per più di 7000 anni sopravvivono ancora in alcuni piccoli centri rurali.  


Fonti 
Excavation at Mendes, D. B. Redford, BRILL, 2004
Guida della Grecia - vol.1 L'Attica, Pausania, Mondadori, 1997
I profumi di Afrodite e il segreto dell'olio, M. L. Belgiorno, Gangemi, 2007
La costituzione degli Ateniesi, Aristotele, Mondadori, 1991 
La donna nell'antico Egitto, E. Leospo e M. Tosi, Giunti Editore, 1997
La sacra Bibbia, Edizioni Paoline, 1966
La vita quotidiana a Creta ai tempi di Minosse, P. Faure, Rizzoli, 1984
Olive Oil & Healt, J. L. Quiles, CABI, 2006
Ebla.it
Gernot Katzer's spice pages - Olive
I frantoi dell'Italia romana
L'huile d'olive et ses moulins au Moyen Age
Olivasdeoro.com - Olive oil history
Studio sulla variabilità genetica e sulla provenienza del germoplasma di Olea europaea L. in Emilia

Immagini
Immagine 1: tavolette contabili da Ebla. Foto tratta dal sito della Missione Archeologica Italiana in Siria.
Immagine 2: ricostruzione di un pannello dell'Arco di Tito, che rappresenta il trionfo dell'Imperatore, durante il quale vengono esibiti alcuni oggetti presi dal Tempio di Gerusalemme, fra cui la menorah. Coservata a Beth Hatefutsoth. Foto da Wikipedia.
Immagine 3: frammento di scultura su calcare rappresentante la mano del defunto, Akenathen, che tiene un ramo d'Ulivo, accarezzato dai raggi del sole, dal sito archeologico di Amarna, 1353-1323 a. C. circa. Conservata al Metropolitan Museun of Art di New York. Foto dal sito del museo.
Immagine 4: affresco minoico con toro e ramo d'ulivo, dal palazzo di Knosso a Creta, XVI sec. a. C. circa. Foto da Wikipedia.
Immagine 5: anfora a figure nere rappresentante giovani che raccolgono olive, del 520 a. C. circa, attribuita al Pittore di Antimenes, conservata al British Museum di Londra. Foto dal sito del museo.
Immagine 6: affresco etrusco rappresentante suonatori fra gli Ulivi, del 500 a. C. circa, dalla Tomba dei Leopardi di Tarquinia. Foto da Wikipedia.
Immagine 7: kantharos (coppa per bere) in argento con decorazioni di rami d'Ulivo e olive , del I sec. a. C., dalla Casa di Menandro a Pompei. Conservata al Museo Archeologico di Napoli.
Immagine 8: mercante d'olio, da un Tacuinum sanitatis del XIV sec.

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Vedi anche:
Ulivo
Illustrazioni botaniche d'Ulivo
Mitologia dell'Ulivo: Grecia I
Mitologia dell'Ulivo: Grecia II
Mitologia dell'Ulivo: Vicino Oriente 
L'Ulivo in Liguria

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