"...albero
non piantato da mano d'uomo, che da sé ricresce,
terrore delle lance nemiche,
che in questa terra soprattutto germoglia:
il glauco ulivo, che nutre i nostri figli."
I riferimenti all'Ulivo nella mitologia greca sono tantissimi, e ci vorrà davvero moltissimo lavoro per raccoglierne anche solo la maggior parte, non dico tutti; qui ho cercato di riunire i principali.
Come idea generale si può dire che l'Ulivo in Grecia, come d'altronde era stato fin dalle sue origini mesopotamiche, si presenta come l'albero della civiltà per eccellenza, intanto perché per ottenerne i prodotti dev'essere innestato, curato e i frutti lavorati, e poi perché, come vedremo, ad esso si legano alcune delle più antiche istituzioni sociali e culturali sia di Atene, sia panelleniche.
Il primo ad estrarre l'olio dalle olive fu
Aristeo, grande eroe civilizzatore "rurale" che avrebbe anche insegnato agli uomini a fare il formaggio, raccogliere il miele e
tessere la lana; Diodoro Siculo (IV, 81, 1) aggiunge che tutto ciò gl'era stato insegnato dalla Ninfe che l'avevano cresciuto, e questo motivo delle donne selvatiche che, benevolmente, donano preziose conoscenze agli uomini ,è molto diffuso nella mitologia e nel folklore, anche quello, più vicino a noi, dell'arco alpino.
Un importantissimo simbolo religioso era il ramo d'Ulivo ornato di bianche bende di lana chiamato
hiketeria: era questo il ramo che il supplice poneva sull'altare, chiedendo la protezione degli Dei, da quel momento era considerato intoccabile, agire contro di lui significava attirarsi l'ira divina, ed anzi anche il non aiutarlo avrebbe potuto avere conseguenze negative.
L'Ulivo nel Ciclo Troiano
Nell'
Iliade immancabilmente gli eroi si lavano e poi ungono il
corpo con "splendente, abbondante, grasso" olio, così ci si comporta anche con i cavalli di Achille, il cadavere di Patroclo e quello di Ettore, quest'ultimo cosparso
con olio rosato da Afrodite, affinché non lo divorassero i cani; così fa
anche Era, spalmandosi con olio ambrosio, profumato, di cui brillano gli Dei, per attirare
l'attenzione di Zeus. La stessa formula si ritrova nell'
Odissea (VIII, 362-3) e negl
'Inni omerici
(V, 61-3) riguardo ad Afrodite. Sembra dunque che gli
Dei ed eroi, modelli del comportamento dei mortali, non potessero fare a
meno di questa preziosa sostanza, ed anzi fosse un loro specifico attributo.
Nell'
Odissea,
si ritrova la consuetudine di ungersi dopo il bagno, ciò accade presso
Nausicaa, Circe, ed al ritorno di Odisseo a Itaca. Ma anche l'albero da
cui l'olio si ricava, viene nominato più volte: sotto questi alberi si rifugia, sfinito, dopo il naufragio che
lo porta a Scheria ed è l'Ulivo l'albero che l'accoglie in patria (vedi più avanti). Nell'economia della narrazione il suo ricorrere, potrebbe indicare che l'eroe è approdato in luoghi civili o semi-civilizzati, (secondo la mentalità greca), anche se si tratta del regno incantato di Circe. Inoltre d'Ulivo sono il palo col quale Odisseo e compagni
accecano Polifemo, e il manico
della scure con la quale l'eroe si fabbrica l'imbarcazione sull'isola di
Calipso; di nuovo civiltà che placa, sovrasta, qualcosa di
barbaro e ferino o che è mezzo per tornare alla civiltà.

Quando l'eroe, finalmente, approda ad Itaca, non è
certo che quella si la sua terra, ma Atena svela la campagna ai suoi
occhi, ed in particolare un Ulivo presso l'antro delle Ninfe dove l'eroe
racchiuderà i suoi tesori. Compiuta l'opera, Dea ed eroe si siedono ai
piedi dell'albero meditando nuovi intrighi. Questa scena di insolita -
almeno per la civiltà greca - vicinanza fra Dio e Uomo, non ci dovrebbe
stupire; vedere Atena sotto ad un Ulivo non è per nulla strano, ed anzi
si tratta di una sorta di "doppia" epifania, l'uno rimanda
vicendevolmente all'altra: dove c'è l'Ulivo c'è anche Atena. In fine, l'Ulivo è il mezzo di
riconoscimento fra Penelope e Odisseo, il quale ricorda il segreto del
loro letto, che lui stesso ha costruito: non può essere spostato, poiché
poggia su un ceppo d'Ulivo. La conoscenza di questo particolare
scioglie finalmente tutti i dubbi e gli inganni, e i due sposi si
ritrovano finalmente l'uno nelle braccia dell'altra, dopo innumerevoli
anni. L'Ulivo nell'
Odissea, dunque, compare ogni volta che si verifica una svolta in senso positivo, una risoluzione ed uno scioglimento di un'
impasse.
Nel Ciclo Troiano, troviamo anche tre splendide figure, le
Oinotrope
"che trasformano in vino", tre sorelle chiamate Spermo "seme", Oino
"vino" e Elais "ulivo", che erano in grado di fornire grano, vino ed
olio a non finire; quando Agamennone, capo della flotta greca in
partenza per la guerra di Troia, cerca di portarle forzatamente con sé
per approfittare del loro potere, le tre giovani invocano Dioniso che le
trasforma in colombe, salvandole. Come per altre popolazioni antiche,
la triade grano-vite-ulivo, rappresenta qui l'unità fondamentale della
sopravvivenza civilizzata, infatti farina, vino ed olio non si trovano
in natura, ma sono ottenuti tramite una particolare e sapiente
lavorazione. Se supponiamo che le tre sorelle rappresentino una triplice personificazione dell'abbondanza della terra coltivata, vediamo come essa non può mai essere totalmente sottomessa o eccessivamente sfruttata dall'uomo per fini distruttivi come la guerra, infatti esse s'involano, ritornando alla natura selvaggia e teriomorfa.
L'Ulivo ad Atene
Ma quale fu l'origine di questa pianta? Secondo
il mito più diffuso, l'Ulivo sarebbe stato introdotto in Grecia, e in
particolare in Attica, durante il regno del primo re di Atene, Cecrope,
un essere metà uomo e metà serpente sorto dalla terra: a quei tempi gli
Dei si spartivano l'influenza sulle varie città ed il primo ad arrivare
in Attica fu Poseidone, il Dio del mare, che piantando il suo tridente
sull'acropoli di un Atene ancora senza nome, fece sgorgare una fonte
d'acqua salata. Ma Atena,
contendendogli il possesso del luogo, fece spuntare il primo Ulivo conficcando la propria lancia nella Terra; Cecrope (o secondo altre
versioni un'assemblea di Dei) fu chiamato a dirimere la questione, ed
egli scelse Atena, a causa della grande utilità del dono ch'essa aveva
fatto alla città, la quale prese il nome della Dea.
S. Agostino (
De civitate Dei, XVIII, 9) cita un'opera perduta di Varrone riguardo questa contesa: al momento di decidere fra i due Dei, Cecrope avrebbe convocato un'assemblea di tutte le donne e tutti gli uomini della città, le prime avrebbero votato per Minerva (Atena), i secondi per Nettuno (Poseidone). Vinsero le donne per un solo voto, e ciò suscitò la furia del Dio del mare che avrebbe allagato l'Attica; per placarlo le donne di Atene rinunciarono al diritto di voto, alla possibilità di dare il proprio nome alla loro discendenza, e all'occasione di chiamarsi "Minervie" in onore della Dea che avevano aiutato.
Questo contraccolpo riservato alla donne Ateniesi, che Agostino ci racconta compiaciuto, potrebbe essere l'eco di un antico passaggio dalla prevalenza di valori matriarcali ed egualitari, ad altri più decisamente patriarcali e gerarchici, come potrebbe anche essere letta la sfida fra le due divinità. Tuttavia, nonostante la misoginia delle istituzioni
ateniesi, gli abitanti di queste terre furono inseparabili per tutta la
loro storia dall'antichissima Dea celebrata sull'Acropoli. Certo il mare
di Poseidone e la prevalenza maschile sono elementi imprescindibili del paesaggio e del pensiero greco, ma in
Attica, il civile Ulivo di Atena e la sua forza femminile non furono mai sommersi.

In questo ed in altri
episodi Cecrope si configura come l'eroe civilizzatore che istituisce le
leggi e e le consuetudini considerate sacre e immutabili dagli ateniesi;
testimonianze della sua antichità sono la sua forma semi-umana e la sua
nascita dalla Terra. Notiamo anche come l'Ulivo sia percepito quale dono divino per l'uomo.
Intorno all'albero e
alla sorgente fu costruito il tempio che in età storica venne chiamato
Eretteo (in onore di Eretteo, un altro re d'Atene) e che ospitava anche
la tomba di Cecrope e della figlia Pandroso. La particolare natura di questo primo albero sacro, è testimoniata da alcuni versi dello
Ione di Euripide: "Su di te avevo posato una corona del primo olivo piantato da Atena sulla
roccia: una corona che mai ingiallirà, perché è germoglio di una pianta
che non appassisce mai."(1) e dalle
Storie di Erodoto: durante
le guerre persiane l'acropoli e l'Eretteo vennero bruciati, e così anche
l'Ulivo sacro di Atena, ma "il giorno successivo all´incendio gli
Ateniesi incaricati dal re di
eseguire il sacrificio, appena ascesi al santuario, videro che dal ceppo
era spuntato un ramoscello lungo già un cubito. Almeno così
raccontarono."(2)
Sull'acropoli di Atene, oltre all'Eretteo si trovava anche il tempio di Atena Poliade "della città"
e a riguardo Pausania scrive: "l'oggetto di culto da tutti ritenuto più
sacro, sia in città che in campagna [...] è una statua di Atena"(3) al cui cospetto ardeva sempre una lampada ad
olio in oro; questa lucerna perpetua veniva riempita d'olio solo una
volta all'anno ed il combustibile bastava per tutto il periodo.
L'abitudine
di mantenere luci sempre accese fa parte delle più diverse religioni, e
il fatto che queste lampade perpetue possano essere alimentate con i
frutti dell'Ulivo, fa di quest'albero una sorta di "portatore di luce"
vegetale. Inoltre il fatto che la lampada d'Atena, essenza dell'Ulivo,
sia alimentata con il prodotto di questa pianta, mi sembra rilevante a
livello di pensiero analogico qual'è quello magico-religioso. L'acropoli
ateniese dunque aveva molto a che fare con la sacralità dell'Ulivo ed
Atena aveva molto in comune con lo spirito di questa pianta, tanto che
l'albero era il suo "emblema vegetale". L'estrema sacralità dell'Ulivo di Atene e dei suoi discendenti, era riconosciuta anche dalle altre
poleis
greche, tanto che Erodoto racconta che essendo Epidauro gravata da una carestia, gli
abitanti
del luogo consultarono l'oracolo di Delfi, per stornare la disgrazia
avrebbero dovuto erigere due
statue in legno d'Ulivo: "gli Epidauri
allora chiesero agli Ateniesi il permesso di tagliare degli olivi,
ritenendo quelli ateniesi i più sacri. Si dice anche che a quell´epoca
non ci fossero olivi in nessun´altra parte del mondo se non ad
Atene."(4). E tra l'altro, durante la lunga guerra fra Atene e Sparta i Lacedemoni
devastarono l'Attica ma lasciarono incolumi gli alberi della Dea.
Il secondo Ulivo al mondo sarebbe spuntato
presso l'Accademia; tutti gli alberi dell'Attica che discendevano da
quello dell'acropoli erano
detti
memoremenai "tramandati" e
moriai (da
moro
"fato") ed erano protetti da Zeus Morios: "E nessun uomo, giovane o
vecchio,/ lo distruggerà sradicandolo con la forza:/ poiché sempre sotto
il suo sguardo/ lo tiene l'occhio di Zeus Morios/ e Atena dagli occhi
azzurri." (5)
Una leggenda tarda a riguardo, tramandata dal commento di Servio alle
Georgiche
virgiliane, racconta che Allirozio, figlio di Poseidone, indignato
poiché il padre s'era visto negare la supremazia sull'Attica, avrebbe
tentato di abbattere gli Ulivi sacri ad Atena, ma nel compiere questa
operazione sarebbe stato ferito dalla sua stessa scure e sarebbe morto.
Gli alberi da allora avrebbero preso il nome di
moriai dal
moros "il fato" di Allirozio.

Sradicare uno
di questi Ulivi era considerato reato dalla legge, e nella
Costituzione degli Ateniesi
(LX), possiamo leggere che l'Areopago, il tribunale specialmente
preposto a sacrilegi e delitti di sangue (nonché una delle più antiche e
prestigiose istituzioni della città) in caso di colpevolezza,
decretava la morte dell'imputato. Tuttavia al
tempo in cui venne redatto il testo, questa consuetudine non veniva più
applicata, ma ci è pervenuta un'orazione di Lisia intitolata
Sull'ulivo sacro inerente a un processo contro un uomo accusato di aver abbattuto una delle piante della Dea.
Proprio
dagli uliveti sacri di Atena, un magistrato preposto al compito, vigilava affinché fosse prodotto l'olio che, contenuto in particolari
anfore, costituiva il premio per i Giochi Panatenaici. Questi vasi la cui decorazione divenne ben presto canonica, rappresentavano da una parte Atena in armi, e dell'altro la specialità sportiva in cui il vincitore aveva primeggiato. Anche le corone di ramoscelli intrecciati provenivano dalle piante della Dea poiché, grazie alla vincita di Atena su
Poseidone, l'Ulivo era diventato un simbolo di vittoria. I giochi, che si svolgevano ad Atene all'interno delle Grandi Panatenee, avevano grande prestigio ed importanza, nonché un'enorme valore religioso, sociale e culturale (così anche i Giochi Olimpici, come si vedrà più avanti). Durante la processione panatenaica che portava all'acropoli, immortalata nei fregi del Partenone, alcuni vecchi uomini, scelti fra quelli di più bell'aspetto e detti
thallophoroi "portatori di ramoscello", recavano rami d'Ulivo alla Dea. Le Panatenee risultano quasi essere una sinfonia di rimandi sacrali ad Atena ed al suo Ulivo, ma non sono le sole feste ateniesi in cui compaia compaia questa pianta.
Le Pyanepsie, infatti, celebrate all'inizio dell'autunno in onore di Apollo o di Helios e delle Hore, prevedevano che un giovane con entrambi i genitori vivi portasse un ramo d'ulivo adornato con bende di lana, frutti e prodotti animali, chiamato
eiresione, che veniva affisso sulla porta del tempio di Apollo e sull'ingresso delle case comuni, dove sarebbe rimasto fino all'anno seguente, quando sarebbe stato sostituito da quello nuovo. Pausania fa risalire la tradizione a Teseo che partendo per Creta aveva dedicato il ramo nel tempio di Apollo a Delo, ed un'altro l'avrebbe riportato in patria al suo ritorno dopo aver ucciso il Minotauro: "in questo giorno si porta l'
eiresione, un ramo di olivo avvolto da lana, come un tempo Teseo aveva portato il ramo dei supplici, ricolmo di primizie di ogni specie, per indicare la fine della sterilità, e si canta: "Eiresione porta fichi, pane saporoso, coppe di miele, olio per ungersi e calici di vino puro, da andare a dormire ubriachi.'"(6) Lo stesso ramo adornato con primizie, olio, latte e miele compare anche nelle Targhelie di aprile-maggio, e si potrebbe pensare che in esso si possa rintracciare un'antichissima usanza contadina volta a propiziare l'inizio del raccolto e a ringraziare al suo concludersi.
Altri episodi mitici o particolari riguardo all'Ulivo
Questa è più che altro una bozza, una raccolta di appunti e citazioni che però, già che c'ero, non ho voluto escludere.
Inno omerico II, A Demetra, 87: durante il suo lungo vagabondare in cerca di Persefone, la figlia rapita da Ade, la Dea si ferma a riposare sotto la fresca ombra di un Ulivo.
Vite parallele, 41: Egesistrato di Efeso, avendo ucciso un uomo chiese all'oracolo di Delfi dove avrebbe potuto stabilirsi, la Pizia risposte che avrebbe potuto fermarsi solo dove avesse visto danze rustiche con corone d'ulivo, dunque attraversò l'Asia finché non vide dei contadini intenti a danzare con ghirlande di ramoscelli, e lì si fermò e fondò la città di Elaeus "dell'Ulivo".
Storie, VIII, 26: Durante la battaglia delle Termopili che vide la lotta di Arcadi e Spartani per frenare le armate persiane, il re Serse chiese ad un informatore perché così tanti uomini fossero disposti a combattere, e gli viene risposto che era perché partecipavano alle Olimpiadi; "E cosa vincono?" chiede il sovrano. "Una corona d'Ulivo" fu la risposta. Ed allora Tigrane, generale dell'esercito persiano, si rese conto di come i greci combattessero non per dei beni ma per la virtù.
Storia delle piante, I, X, 1: le foglie di alcuni alberi fra cui l'Ulivo sembrano invertire la pagina superiore dopo il solstizio estivo, e grazie a ciò gli uomini sanno se è già trascorso o meno. In VI, XIII, 4-6 Teofrasto dice anche che l'Ulivo è l'albero più longevo e resistente.
Periegesi, VIII, 37, 10: in un bosco sacro a Persefone si trovano un Ulivo e una Quercia sempre verde che spuntavano da un solo ceppo.
Biblioteca, II, 1, 3: Io, la sacerdotessa di Era violata da Zeus e trasformata in giovenca, viene legata ad un Ulivo e costantemente controllata da Argo da molti occhi.
Biblioteca storica, IV, 36, 5: il centauro Nesso prima di morire, dice a Deianira, sposa di Eracle, di intingere una veste nel suo sangue misto ad olio d'oliva, e di farla indossare all'eroe per fare in modo che non l'abbandoni; ma sarà proprio questa mistura a provocare un dolore atroce all'eroe e a condurlo alla morte
Metamorfosi, VII, 251: Medea, intenta a preparare una magica mistura in un calderone, mescola il liquido con un ramo di Ulivo secco, che però, una volta estratto si ricopre di giovani foglie verdi.
Inni, IV A Delo: questa tradizione minore riprotata da Callimaco ma confermata anche da Igino e Nonno di Panopoli, riferisce che Leto avrebbe partorito Artemide ed Apollo presso un albero d'Ulivo nell'isola di Delo, e che la pianta sarebbe diventata d'oro in onore della nascita divina.
Note
(1)
Ione, 1433-6.
(2)
Storie, VIII, 55.
(3)
Periegesi, I, 26, 6.
(4)
Storie, V, 28.
(5)
Edipo a Colono, 702-6.
(6)
Vita di Teseo, 22, 4-5.
Fonti
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Dizionario di mitologia classica, G. L. Messina, Signorelli, 1959
Edipo Re, Edipo a Colono, Antigone, Sofocle, Mondadori, 1999
Florario, A. Cattabiani, Mondadori, 2009
Gli dei e gli eroi della Grecia, K. Kerényi, Il Saggiatore, 2002
Guida della Grecia - vol.1 L'Attica, Pausaina, Mondadori, 1997
I profumi di Afrodite e il segreto dell'olio, M. L. Belgiorno, Gangemi, 2007
Iliade, Omero, Einaudi, 2014
Inni omerici, F. Cassola, Mondadori, 1975
Ione, Euripide, BUR, 2009
La costituzione degli Ateniesi, Aristotele, Mondadori, 1991
La vita quotidiana a Creta ai tempi di Minosse, P. Faure, Rizzoli, 1984
Le religioni dei greci, S. Price, Il Mulino, 2002
Metamorfosi, Ovidio, Mondadori, 2007
Mitologia degli alberi, J. Bross, BUR, 2006
Odissea, Omero, BUR, 2000
Servii grammatici qui feruntur in Vergilii carmina commentarii - vol. 3, Georius Thilo, Hermannus Hagen, 1887
Themis: A Study of the Social Origins of Greek Religion, J. E. Harrison, Cambridge University Press, 2010
Vocabolario della lingua greca, F. Montanari, Loescher, 2004
Mythindex.com
Perseus Digital Library
Theoi.com
De civitate dei, S. Agostino Favole, Igino
Lessico, Esichio
Storie, Erodoto
Immagini
Immagine I: Hydria a figure rosse (510-500 a. C.)
conservata all'Harvard University Art Museum di Cambridge. A sinistra
Priamo re di Troia, implora Achille sdraiato di restituirgli il corpo
del figlio Ettore (a terra), che la Dea Afrodite ungeva con olio di rose
per conservarlo.
Da
Harvard Art Museum.
Immagine 2: Anfora
a figure nere (530-510 a. C.) conservata al British Museum di Londra.
Odisseo e i suoi compagni accecano il ciclope Polifemo addormentato con
un tronco d'Ulivo. Da
Theoi.
Immagine 3: Ricostruzione
del frontone occidentale del Partenone (440-432 a. C.) dalla scuola di
Fidia e conservato al British Museum di Londra. Atena e Poseidone si
contendono la supremazia sull'Attica, dietro di loro l'Ulivo e ai piedi
di Poseidone la sorgente. Da
Wikipedia.
Immagine 4: Cratere
a figure rosse (425-375 a. C.) del Pittore di Cecrope conservato al
Museum Schloss Fasanerie di Fulda. A sinistra Cecrope, a destra Atena e
fra loro l'Ulivo.
Immagine 5: Skypos a figure rosse (450-425 a. C.) conservato
al Tampa Museum of Art. La civetta simbolo di Atena circondata da rami
di Ulivo. Da
Theoi.
Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citare la fonte.
Vedi anche:
Ulivo
Storia dell'Ulivo
Illustrazioni botaniche d'Ulivo
Mitologia dell'Ulivo: Grecia II
Mitologia dell'Ulivo: Vicino Oriente
L'Ulivo in Liguria