Fin qui ho parlato dei miti riguardanti l'Ulivo domestico, ma in
questa mia ricerca mi sono imbattuta anche in molte leggende che parlano
dell'Oleastro o Ulivo selvatico, e non ho potuto non appassionarmici,
così ho deciso di non tralasciarle, benché lo "spirito" di questa seconda varietà
differisca dalla prima. In una terza parte dedicata all'argomento cercherò di chiarire differenze e comunanze. Avanti allora!
L'Oleastro olimpico
Anche i vincitori dei Giochi Olimpici, così come quelli dei Giochi Panatenaici, indossavano
corone, ma questa volta erano intrecciate con Oleastro o Ulivo selvatico (kotinos
in greco). L'importanza dei Giochi Olimpici era enorme nella Grecia
antica: era un evento panellenico, ovvero riuniva tutti coloro che erano
riconosciuti come parte del mondo ellenico, percepiti come
"civilizzati", e dunque rinsaldava i vincoli fra poleis anche
molto lontane fra loro ma con cultura simile; durante lo svolgersi della
festa venivano sospese le guerre, e, dato non meno rilevante, il
succedersi delle Olimpiadi era uno dei riferimenti principali per il
computo degli anni. Avevano anche un profondo significato religioso,
svolgendosi presso il santuario di Zeus ad Olimpia, e per il vincitore
venivano scritti e cantati gli epinici, particolari composizioni
poetiche con riferimenti mitologici che eternavano l'atleta e in qualche
maniera lo avvicinavano agli eroi.
Le leggende sulla fondazione
di questa importante tradizione sono molteplici, ma qui ci interessa
quella secondo cui i Giochi Olimpici sarebbero stati fondati da Eracle;
tuttavia, pur avendo ristretto il campo, ci troviamo comunque davanti ad
un groviglio di leggende e tradizioni. Esistevano infatti, due
personaggi con questo nome: uno era il noto eroe figlio di Alcmena e
Zeus, protagonista delle Dodici Fatiche, l'altro faceva parte dei
Dattili Idei, personaggi d'origine cretese, esperti di metallurgia e
magia, iniziatori dei riti misterici e più tardi assimilati ai Cureti
nel corteggio della Grande Madre. La confusione fra i due viene rilevata
fin dai tempi antichi, come fanno ad esempio Diodoro Siculo (V, 64, 3) e
Strabone (VIII, 3, 30).
Iniziamo esaminando la versione
dell'Eracle Ideo, probabilmente quella più antica nonché la più diffusa
ad Olimpia: Pausania ci riferisce (V, 7, 6-7) che ai tempi in cui Crono
era ancora re degli dei, la stirpe aurea, gli uomini di quel tempo,
costruirono un tempio in suo onore ad Olimpia; in effetti, se si tenta
di leggere questo dato come un segnale dell'estrema antichità del luogo
sacro, si può trovare conferma nel fatto che la zona era abitata già dal
Neolitico (IV millennio) e che la prima base del santuario sorse nel
periodo miceneo. Alla nascita di Zeus da Crono e Rea, la madre l'affidò
ai Dattili Idei (per proteggerlo dal padre che l'avrebbe divorato),
cinque fratelli chiamati Eracle, Peoneo, Epimede, Iaso e Ida. Eracle, il
più anziano, fece compete per gioco i fratelli in una gara di corsa e
incoronò il vincitore con una corona di Oleastro (1). Pausania precisa
che in quel luogo c'era grande abbondanza di Oleastro, tanto che ci si
facevano i giacigli per dormire. Prosegue dicendo che Eracle Ideo
stabilì che i giochi avrebbero avuto luogo ogni quinto anno, dal momento
che lui e i fratelli erano cinque.
La
tradizione sarebbe stata ufficializzata da Climeno, un discendente di
questo Eracle giunto da Creta "una cinquantina d'anni dopo il diluvio
che colpì i Greci al tempo di Deucalione"(2). Egli avrebbe indetto
l'agone ad Olimpia ed innalzato un altare all'avo e agli altri Dattili,
chiamando Eracle parastates, letteralmente "colui che sta presso" e dunque "compagno, difensore, aiutante".
All'interno del bosco sacro di Olimpia dedicato a Zeus, detto Altis,
sorgevano un Oleastro detto "Ulivo della bella corona" ed un altare
delle Ninfe parimenti dette "dalla bella corona". Da quest'albero, che
Plinio dice ancora molto venerato ai suoi tempi (XVI, 89), un giovane
con entrambi i genitori in vita, tagliava con un coltello d'oro i
ramoscelli, che venivano intrecciati su una grande tavola nel tempio di
Era. Tale struttura è la più antica del santuario, e probabilmente in
origine era dedicata sia ad Era che a Zeus, al quale in seguito venne
innalzato il grande tempio con la statua crisoelefantina considerata una
delle sette meraviglie del mondo antico, che rappresentava il Dio
coronato d'Ulivo e veniva costantemente irrorata d'olio per conservare
l'avorio.
Tra l'altro Pausania (V, 16, 2 e sgg.) cita anche una
tradizione agonale minore: ogni quattro anni, sedici donne si
confrontavano nei Giochi Erei in onore di Era appunto, tessevano per la
statua della Dea un peplo e si sfidavano in una gara di corsa nello
stadio olimpico, con la chioma sciolta ed un chitone che lasciava
scoperte le gambe e la spalla destra. Le vincitrici venivano incoronate
con rami d'Ulivo, così come gli atleti delle Olimpiadi. Intervenivano
anche due cori di fanciulle, uno dedicato a Fiscoa e l'altro ad
Ippodamia che sarebbe stata la fondatrice di questi particolari giochi.
La struttura generale può ricordare quella delle Grandi Panatenee, le
feste ateniesi durante le quali si disputavano i Giochi Panatenaici già
citati, celebrate in onore della protettrice della città ed una delle
poche feste a cui potevano partecipare le donne d'Atene, che fra l'altro
tessevano, anch'esse, un peplo per la statua di Atena (per questo vedi Mitologia dell'Ulivo: Grecia I).
Dall'Oleastro
si può partire per ricostruire l'altra versione della fondazione dei
Giochi, questa volta da parte dell'Eracle figlio di Zeus e Alcmena, il
quale preparato il terreno per le gare, l'avrebbe trovato spoglio di
alberi, e si sarebbe dunque recato presso gli Iperborei, un mitico
popolo collocato nel remoto Nord, ai quali avrebbe chiesto ed ottenuto
la pianta per ombreggiare il terreno (Pind. O. III, 12-33).
A
volte però, questo sconosciuto paese viene interpretato come una
proiezione della Creta minoica nelle regioni settentrionali; abbiamo già
visto come la provenienza dell'Eracle Ideo e del discendente Climeno
sia cretese; inoltre l'Ulivo, proveniente dal Vicino Oriente, potrebbe
effettivamente essere arrivato in Grecia da Creta; ed in fine, bisogna
ricordare che le gare atletiche tanto diffuse nell'antichità ellenica,
potrebbero derivare o comunque essere imparentate con prove come quella
del Salto del Toro presente anche nel noto affresco di Cnosso. Sicché
per quanto possa essere azzardata l'ipotesi di una derivazione cretese
in questa sede, potrebbe non essere del tutto priva di fondamento.
Il
"secondo" Eracle avrebbe istituito i giochi in seguito agli eventi
relativi alla quinta fatica, la pulizia delle stalle del re d'Elea (la
regione in cui si trova Olimpia) Augia. Prima di procedere l'eroe chiamò
a testimone il figlio di Augia Fineo, e chiese in cambio del suo
operato la decima parte dell'abbondantissimo bestiame del re, il quale,
credendo l'impresa impossibile aveva acconsentito. Eracle deviò il corso
di due fiumi che confluirono nella stalla, portando così a termine
l'impresa, ma il re non volle rispettare la promessa, nonostante le
rimostranze del figlio, che venne cacciato insieme ad Eracle. Dopo
alterne vicissitudini Eracle conquistò Elea, uccise Augia e i figli e
mise sul trono Fineo, l'esiliato. E' a questo punto che l'eroe istituì i
Giochi Olimpici e partecipò egli stesso, vincendo nel pancrazio
(Apollod. II, 7, 2-3; Pind. O. X, 23 e sgg.; Paus. V, 8,4).
Altri Oleastri
Quello olimpico non è il solo Oleastro che interessa Eracle, infatti anche uno dei suoi principali attributi, la clava,
proveniva dallo stesso albero: "Allora io[Eracle], preso il flessibile
arco e la cava faretra/ piena di frecce,
andai, stringendo nell'altra mano il bastone/ robusto di frondoso
oleastro, ancora con la scorza/ e il midollo, che avevo trovato io
stesso
alle pendici/ del sacro Elicona, e svelsi con le fitte radici tutto
intero."(3). A Trezene si diceva che un giorno l'Eroe appoggiò la mazza
presso una statua di Hermes e "la clava, che era di ulivo selvatico,
mise radici in terra...ed è l'ulivo selvatico piantato ancora lì"(4).
Teofrasto nella sua opera Storia delle piante, cita vari Oleastri, ad esempio quello vecchissimo dell'agorà di Megara (V, 2, 3). Un oracolo diceva che se quest'albero fosse stato spaccato la città sarebbe stata presa, cosa accaduta ai tempi della conquista di Demetrio; all'interno dell'albero furono trovati schinieri ed altri oggetti di fattura attica, che forse i origine erano appesi ai rami dell'albero come offerta votiva.
A Trezene invece, in prossimità del tempio di Artemide Saronia, sorgeva un Oleastro detto rhachos "contorto" poiché ai suoi rami si sarebbero impigliate le briglie del carro di Ippolito, che così si sarebbe ribaltato portando il giovane alla morte (II, 32, 10).
In fine, Pausania racconta che presso Epidauro sorgeva un bosco di Ulivi selvatici con un heroon, un tempio per il culto eroico, dedicato ad Irneto, una fanciulla; era vietato raccogliere ed utilizzare i rami caduti per qualsivoglia scopo, ed infatti venivano lasciati nella foresta, poiché erano sacri ad Irneto (II, 28, 7).
Note
(1)
Secondo Flegonte di Tralle, un liberto di Adriano che scrisse una
storia delle Olimpiadi, la corona di Olivastro fu introdotta su
indicazione della Pizia solo dalla settima Olimpiade in avanti.
(2) Periegesi, V, 8, 1.
(3) Idilli, XXV, 205-10.
(4) Periegesi, II, 31, 10.
Fonti
A Dictionary of Greek and Roman Geography, W. Smith, Little, Brown & Co, 1854
Biblioteca, Apollodoro, Mondadori, 2010
Dizionario di mitologia classica, G. L. Messina, Signorelli, 1959
Florario, A. Cattabiani, Mondadori, 2009
Gli dei e gli eroi della Grecia, K. Kerényi, Il Saggiatore, 2002
Guida della Grecia - vol. 5 L'Elide e Olimpia, Pausaina, Mondadori, 1997
Idilli e epigrammi, Teocrito, BUR, 2004
Le religioni dei greci, S. Price, Il Mulino, 2002
Olimpiche, Pindaro, Garzanti, 2004
Vocabolario della lingua greca, F. Montanari, Loescher, 2004
Mythindex.com
Olympia - History
Perseus Digital Library
The Ancient Olympics
Theoi.com - Dactyl Heracles
Lessico, Esichio
Naturalis Historia, Plinio
Immagini
Immagine I: Corona d'Ulivo in oro (IV sec. a. c.). Da Ancient & Medieval History.
Immagine 2: Kylix a figure rosse (480-470 a. C.) del pittore Duride, conservato
al Staatliche Antikensammlungen di Monaco. Eracle seduto con la clava
presso un'Ulivo e la Dea Atena in piedi.
Immagine 3: Hydria
a figure rosse (420-400 a. C.) del Pittore di Meidias, conservato al
British Museum di Londra. In basso Eracle seduto vicino ad un Ulivo,
con la clava (si intravede dietro alle gambe piegate). Da British Museum.
Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citare la fonte.
Vedi anche:
Ulivo
Storia dell'Ulivo
Illustrazioni botaniche d'Ulivo
Mitologia dell'Ulivo: Grecia I
Mitologia dell'Ulivo: Vicino Oriente
L'Ulivo in Liguria
Nessun commento:
Posta un commento