"Si lavò e si unse con olio profumato.
Indossò la candida veste
regale.
Apprestò la sua dote.
Si cinse il collo dei preziosi grani
di lapislazzuli.
Prese in mano il suo sigillo.
Dumuzi attendeva
ansiosamente.
Inanna gli aprì la porta.
All'interno della casa si parò splendente innanzi a lui
come la luce della luna."
Il corteggiamento di Inanna e Dumuzi (1)
Con olio si unge la Dea sumera Inanna prima di accogliere il su sposo Dumuzi nel testo poetico del III millennio a. C. che parla del loro corteggiamento. Sembra dunque che in Mesopotamia come d'altra parte in tutto il mondo mediterraneo l'olio fosse appannaggio degli Dei, ma anche un irrinunciabile strumento di seduzione, una sostanza legata all'erotismo così come il vino. Viene citato anche nell'epopea sumero-babilonese di Gilgamesh (II millennio a. C:); quando Enkidu, l'uomo selvaggio, viene condotto alla civiltà dalle arti di una prostituta sacra, prima viene vestito, poi si nutre di pane e beve vino, ed in fine si unge con olio, ed è questo percorso che consacra la sua entrata nel consorzio umano: "Egli cominciò a spargere d'acqua il corpo peloso; egli lo unse con olio, e divenne simile ad un uomo. Indossò un vestito e fu simile ad uno sposo." (2) Alla sua morte, il suo compagno Giglamesh alza un lamento che recita: "pianga per te la tua balia,/ che usava cospargere di olio [ ];/ piangano per te gli anziani,/ che avvicinavano alle tue labbra il nettare;/ pianga per te la prostituta sacra,/ per la quale hai unto il tuo capo con olio buono"(3). E il testo prosegue: "Quando le prime luci dell'alba apparvero, Gilgamesh aprì la camera del suo tesoro, egli fece portare fuori un tavolo grande fatto di legno-elammaku, riempì una coppa di corniola con miele; riempì quindi con olio puro una coppa di lapislazzuli;[...] la decorò e al dio Sole la offrì." (3).L'olio dunque era considerato qualcosa di intrinsecamente legato alla civiltà, all'essere umano, ma aveva anche valenza sacrale se l'eroe lo offre in libagione al dio Sole.
Nel mito del diluvio universale babilonese l'olio viene impiegato nella fabbricazione dell'arca; Utnapistim, il Noè mesopotamico racconta: "I portatori recarono olio in canestri, versai pece nella fornace e asfalto e olio; altro olio venne consumato per calafare, altro ancora lo mise tra le sue provviste il nocchiero...ai carpentieri diedi da bere vino come se fosse acqua di fiume, mosto e vino rosso, olio e vino bianco. Vi fu una festa allora come si fa per l'anno nuovo; io mi unsi il capo. Al settimo giorno la nave era pronta."(2).
Troviamo di nuovo l'unzione in un occasione legata al sacro, e nello stesso modo venivano unti i re dei regni mesopotamici che erano detti "Unti di An o di Enlil". Questa tradizione, come vedremo aveva enorme importanza anche per le tribù ebree, presso le quali si mantenne l'unzione sacrale del re.
Ebrei
"I suoi rami si estenderanno;
la sua bellezza sarà come quella dell'ulivo
e la sua fragranza come quella del Libano."
Osea, 14, 6
L'Ulivo viene nominato per la prima volta nell'Antico Testamento durante il racconto del Diluvio universale. E' noto come la colomba portò a Noè una foglia d'Ulivo (non un ramo, come dicono le più tarde traduzioni cristiane), e grazie a questa egli comprese che la terra si era asciugata e lui e la sua gente potevano finalmente uscire dall'arca.
Un primo riferimento all'uso sacrale dell'olio si ha però in Genesi 28: Giacobbe in viaggio viene sorpreso dalla notte, dorme all'aperto usando una pietra come cuscino; fa un sogno in cui Dio gli parla per la prima volta e "Levatosi Giacobbe la mattina di buon'ora, prese la pietra che gli era servita da capezzale e ne fece un cippo sacro a ricordo della visione, poi ci versò sopra dell'olio e a quel luogo pose nome Bet-El ["Casa di Dio"]."(4)
Quando Mosé sale sul monte Sinai dopo aver condotto con sé il popolo d'Israele via dall'Egitto, Dio dice al profeta: "Ordina ai figli di Israele, che ti portino dell'olio d'oliva puro, vergine, per il candelabro, per alimentare di continuo le lampade"(5) e "l'olio per il candelabro, aromi per l'olio usato nelle sacre unzioni e per l'incenso profumato"(5). Un'indicazione più precisa sulla natura di questo particolare olio cerimoniale viene data più avanti: "Il Signore parlò a Mosé dicendo: "Prendi dei migliori aromi, e cioè: 500 sicli di mirra schietta, 250 sicli di cinnamomo odoroso, 250 sicli di canna aromatica, 500 sicli di cassia e un hin, d'olio d'oliva, e fanne olio per la sacra unzione, un unguento composto con arte di profumiere; questo sarà l'olio per la sacra unzione."(6) Con quest'olio Mosé unge gli oggetti liturgici, i paramenti e i sacerdoti che divengono così consacrati a Dio, e tra l'altro viene specificato che quest'olio non poteva assolutamente essere usato come profumo comune, ma aveva uso esclusivamente sacro. L'olio e l'Ulivo erano così fondamentale nelle cerimonie di consacrazione, che in una delle visioni di Zaccaria due Ulivi che circondano la menorah rappresentano l'alto sacerdote e il re, gli unti per eccellenza; dunque da tutti questi esempi possiamo capire che presso queste popolazioni l'olio conteneva l'essenza della sacralità, era una sorta di marchio divino che accompagnava tutti gli uomini amati da Dio.
Nel Levitico, il libro che regola minutamente il comportamento e le azioni dei fedeli, viene stabilito che le offerte devono consistere in farina, olio e incenso, o a volte in focacce unte d'olio. Molto spesso nell'Antico Testamento olio, farina e vino sono citati insieme come segno di abbondanza, sono le unità fondamentali per la sopravvivenza, la loro copiosità significa vita agiata, e dunque rappresentano fortuna, letizia, benedizione, favore divino, tanto che è scritto "Benedetto sia Ascer tra i figli d'Israele!Sia il favorito dei suoi fratelli e tuffi il suo piede nell'olio!"(7). Un esempio si può trovare anche nel Salmo 104: "il vino che rallegra il cuore dell'uomo,/ l'olio che gli fa risplendere il volto/ e il pane che sostenta il cuore dei mortali."(8) e in Proverbi 27,9: "L'olio e il profumo rallegrano il cuore". (9)
Un'altra citazione dell'Ulivo si trova nel libro di Giuditta(10): l'eroina dopo aver sedotto Oloferne, generale Assiro che ha cinto d'assedio la città giudaica di Betulia, lo decapita, provocando la sconfitta dei nemici; dunque si cinge il capo con una corona d'Ulivo insieme alle altre donne d'Israele festanti. Qui l'Ulivo, come d'altronde nelle civiltà classiche, diviene simbolo di vittoria.
Messia '"unto", è il titolo che anticamente portavano gli uomini scelti da Dio e a lui consacrati come profeti, sacerdoti e re, primo fra tutti Davide, unto e consacrato da Samuele; tale termine in greco è stato tradotto come Khristos, che diviene il principale titolo di Gesù per i cristiani.
Egitto
"Quando l'abbraccio
e sono aperte le sue braccia
sono come uno che fosse nel paese di Punt
come uno asperso d'olio odoroso."
Ostakon Cairo 11 (11)
Sarebbe stata la Dea Iside a donare l'Ulivo agli uomini e ad insegnare loro come estrarne l'olio che faceva parte dei corredi dei defunti illustri, i quali dovevano essere provvisti di tutto ciò che poteva essergli utile nella loro vita nell'Al di là: ad Abido in una tomba reale del 3000 a. C. sono state rinvenute giare
contenenti olio e resine, e a Saqqarra in tombe dell'Antico Regno si
trovavano rappresentazioni di massaggi con olio d'oliva. Rami d'Ulivo
ornavano le tombe dei faraoni nel 2300 a. C. e sono scolpiti sui bassorilievi del tempio di Ramses II a Ermopoli, risalente al XIII secolo a.C. L'olio e i profumi che se ne fabbricavano oltre ad avere utilità pratica imprescindibile ed essere considerati strumento di seduzione, venivano offerti alle divinità: il faraone Ramses III (1198-1166 a.C.) fece piantare intorno alla città d'Eliopoli un grande uliveto, "Ho piantato olivi nella tua città di Eliopoli con giardini e molta gente; da queste piante si estrae olio, un olio purissimo, per mantenere accese le lampade del santuario" (12).
Tuttavia, bisogna ricordare che in Egitto l'olio d'oliva era un bene di lusso, ed è anche per questo che veniva usato quasi esclusivamente per fini legati al sacro, come anche per l'imbalsamazione, processo di estrema rilevanza nella religione egizia.
Note
(1) Il corteggiamento di Inanna e Dumuzi in La Grande Dea - Il viaggio di Inanna regina dei mondi, S. Brinton Perera, Red Edizioni, 1987, pag. 30.
(2) La venuta di Enkidu in L'epopea di Gilgamesh, N. K. Sandars, Adelphi, 2007, pag. 96. e pag. 142
(3) Tavola 8 in La saga di Gilgamesh, G. Pettinato, Rusconi, 1992.
(4) Genesi, 28, 18.
(5) Esodo, 25, 6 e 27, 20.
(6) Esodo, 30, 22-25.
(7) Deuteronomio, 33, 24.
(8) Salmi, 104, 15.
(9) Proverbi, 27,9.
(10) Il libro di Giuditta è riconosciuto come uno dei libri ispirati della Bibbia cattolica ed ortodossa ma non di quella protestante, e soprattutto non di quella ebraica. A noi è pervenuta una stesura in greco del II sec. a. C. basata su un prototesto ebraico del II sec. dunque anche se la sua collocazione in questa parte della ricerca è vagamente impropria, ho deciso di lasciarla in virtù del fatto che la sua fonte è sicuramente d'origine ebraica.
(11) Citato in La donna nell'antico Egitto, E. Leospo e M. Tosi, Giunti Editore, 1997 pag. 15.
(12) Citazione del Papiro Harris conservato al British Museum.
Fonti
Excavation at Mendes, D. B. Redford, BRILL, 2004Florario, A. Cattabiani, Mondadori, 2009
I miti mesopotamici, H. McCall, Mondadori, 1995
I profumi di Afrodite e il segreto dell'olio, M. L. Belgiorno, Gangemi, 2007
L'epopea di Gilgamesh, N. K. Sandars, Adelphi, 2007
La donna nell'antico Egitto, E. Leospo e M. Tosi, Giunti Editore, 1997
La Grande Dea - Il viaggi di Inanna regina dei mondi, Sylvia Brinton Perera, Red Edizioni, 1987
La sacra Bibbia, Edizioni Paoline, 1966
La saga di Gilgamesh, G. Pettinato, Rusconi, 1992
Mitologia degli alberi, J. Bross, BUR, 2006
La Parola.net
Wikipedia.it - Libro di Giuditta
Immagini
Immagine1: Rilievo Burney in terracotta dell'inizio del II millennio a. C. conservato al British Museum di Londra. Rappresenta una qualche divinità femminile, forse la sumera Inanna o la sua corrispettiva accadico-babilonese Ishtar. Foto dal British Museum.
Immagine 2: pagina della così detta Bibbia di Cervera (BNP, IL.72) copiata da Samuel Ben Abraham ibn Nathan e miniata da Joseph Asarfati fra il 1299 e il 1300 d. C., conservata alla Biblioteca National de Portugal di Lisbona. Raffigura la menorah, il candelabro a 7 braccia, circondato da due alberi d'Ulivo, secondo la quinta visione di Zaccaria, gli Ulivi rappresentano "i due unti che stanno davanti al Dominatore di tutta la terra" (Zaccaria, 4, 14). Qui è visionabile l'intero manoscritto (quest'illustrazione si trova a pag. 640).
Immagine 3: affresco del XII sec. a. C. rappresentante il faraone Ramses III che offre incenso, dalla tomba 11 della Valle dei Re a Luxor. Foto da Wikipedia.
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Vedi anche:
Ulivo
Storia dell'Ulivo
Illustrazioni botaniche d'Ulivo
Mitologia dell'Ulivo: Grecia I
Mitologia dell'Ulivo: Grecia II
L'Ulivo in Liguria
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