Numero pagine: 196
Lingua originale: italiano
Prima edizione: 1976
Genere: saggio
Dopo aver letto Storia notturna, mi ero ripromessa di esplorare anche gli altri saggi di Ginzburg, I benandanti e Il formaggio e i vermi, che anche se non propriamente incentrati sulla figura della strega, che è quella che a me interessa di più, parlano comunque di personaggi appartenenti allo stesso ambiente rurale, che ebbero a che fare con l’Inquisizione.
In Il formaggio e i vermi, Ginzuburg indaga gli atti processuali a carico di Domenico Scandella, detto Menocchio di Montereale (provincia di Padova), relativi a due procedimenti: il primo del 1583, il secondo del 1599.
Il libro è composto da un indice, seguito da un interessante prefazione (circa 25 pagine) in cui l’autore illustra cause e premesse dell’indagine, prendendo in considerazione il rapporto fra cultura popolare e cultura dotta e la natura della prima, per capire se si possa veramente parlare di “cultura popolare” e quali ne siano i prodotti, come viene tramandata ecc.
Nel saggio vero e proprio, Ginzburg indaga le credenze dello straordinario personaggio che fu Menocchio, mugnaio di una certa cultura, inquadrandolo nelle tendenze del suo tempo quali le rivolte contadine, un certo radicalismo e la critica delle gerarchie profane ed ecclesiastiche, sullo sfondo di Riforma e Controriforma. Parte delle sue idee vennero anche da una rielaborazione critica delle sue letture, e forse, dall'influenza di un gruppo anabattista.
Il titolo viene dalla cosmogonia riportata negli atti processuali di Menocchio, in cui il cosmo composto dei quattro elementi, si crea aggregandosi come il formaggio nel latte, nel quale i vermi sono gli angeli e Dio; quest’idea, secondo le indagini dell’autore, fu dovuta ad un miscuglio di credenze popolari, anche molto antiche e cultura dotta, proveniente dai libri che il mugnaio aveva letto.
Molto interessante è anche il contegno tenuto da Menocchio, come lo si evince dalle parole dei suoi compaesani, e dalle risposte che dà durante gli interrogatori. Emerge la figura di un uomo dotato di forte senso critico, capacità di astrazione e indipendenza di pensiero, e orgoglioso di tali qualità, anche se non sempre consapevole di ciò che gli si è abbattuto addosso con il processo.
La prima sentenza lo condanna al carcere a vita, che però sconta solo per due anni a causa di una malattia, rilasciato, gli è fatto divieto di allontanarsi da Montereale, con l’obbligo di indossare sempre l’abito crociato a monito della sua colpevolezza.
Passando gli anni però Menocchio viola tali condizioni, riprende a parlare di questioni religiose con i paesani, e nel 1599 si apre il secondo processo, durante il quale viene giudicato relapso cioè recidivo, e, dopo alcune esitazioni, viene eseguita la condanna a morte.
Negli ultimi capitoli vengono presi in considerazione altri personaggi simili, come il mugnaio modenese detto Pighino processato nel 1570, che rivela avere alcune credenze in comune con Menocchio.
Seguono le note e l’indice dei nomi.
Insomma si tratta di una lettura senza dubbio interessante, sia a livello scientifico, sia per la possibilità di conoscere un personaggio notevole come Menocchio, inoltre va ad ampliare ed approfondire l'argomento della repressione della libertà di pensiero e di credenze parallele da parte della Chiesa. Rispetto a Storia notturna, questo saggio è sicuramente più semplice e meno articolato ma comunque rigoroso nell'indagare e nell'argomentazione.
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