mercoledì 21 ottobre 2015

Catone il Censore


Vita
Marco Porcio Catone detto il Vecchio o il Censore per distinguerlo dal pronipote chiamato l'Uticense, nacque nel 234 a. C. a Tusculum (odierna Frascati) da una famiglia plebea di agricoltori ma anche di soldati. Originariamente il suo cognomen era Priscus ma venne cambiato in Cato "accorto" a causa della sua sapienza. Dopo la morte del padre amministrò una tenuta in Sabina e si dedicò all'agricoltura, qui visse in prossimità dell'abitazione di Manio Currio Dentato, eroe delle guerre sannitiche, contro i sabini e contro Pirro, conosciuto per la sua austerità, al quale forse il giovane Catone s'ispirò per i suoi valori. Grazie alla sua integrità ben presto fu chiamato a dirimere le cause nel circondario.
Militò nella seconda guerra punica ancora molto giovane contro Annibale e Astrubale e nel 214 divenne tribuno militare. Attirò su di sé l'attenzione di un suo nobile vicino, Lucio Valerio Flacco, un esponente dell'aristocrazia conservatrice avversa al partito degli Scipioni, sotto la cui ala Catone percorse tutti i gradi del cursus honorum. Nel 204 divenne questore in Africa e collaboratore di Scipione l'Africano col quale ebbe alcuni dissensi a causa della liberalità di quest'ultimo nelle spese; nel 198 ebbe l'incarico di pretore in Sardegna dalla quale portò il futuro poeta Ennio a Roma, che però entrò a far parte del circolo degli Scipioni.
Nel 195, console insieme a Valerio Flacco, fu il più acceso sostenitore della lex Oppia: questa legge, emanata durante la seconda guerra punica, proibiva alle donne di possedere più di una certa quantità d'oro, di vestire abiti dai colori vivaci e di usare la carrozza se non per feste religiose; si trattava di un mezzo per limitare la spesa pubblica in un tempo di crisi, ma terminate le ostilità coi cartaginesi fu proposta l'abrogazione. Ovviamente, Catone si pronunciò contrario insieme ad alcuni tribuni della plebe; in quell'occasione le donne romane scesero nelle strate rivendicando i propri diritti, tanto che alla fine la legge venne eliminata.
Come proconsole operò in Spagna sempre con la solita fermezza, ed anzi secondo il racconto che Livio ci fa della sua campagna, senza pietà e risparmio di massacri.
 Nel 191 partecipò alla guerra contro Antioco III di Siria per il dominio della Grecia e contribuì grandemente alla vittoria romana durante la battaglia decisiva delle Termopili.
Nel 186 appoggiò il senatoconsulto che proibì la celebrazione dei Baccanali, le feste misteriche in onore di Dioniso.
Nel 184 dopo un primo tentativo non riuscito, divenne censore, carica con la quale viene solitamente ricordato, anche a causa della sua severità sul giudizio della morale pubblica, ed anche per questo è ricordato come un esempio di rispetto del mos maiorum, gli usi e i costumi tradizionali romani in tutta la loro integrità e durezza. Fu un aspro critico di qualsiasi minima deviazione dalle consuetudini e dall'antica compostezza, arrivando a condannare moglie e marito perché s'erano scambiati un bacio in pubblico.
Dopo quella di censore non assunse altre cariche ma non si ritirò mai dalla vita pubblica, ed anzi fu uno dei più convinti sostenitori della terza guerra punica, anche in seguito ad un suo viaggio in Africa nel 157, durante il quale vide come la città di Annibale si fosse largamente ripresa dai conflitti precedenti. Rimarrà celebre un suo detto a riguardo: Cartago delenda est "Cartagine dev'essere distrutta".
Nel 155 spinse per far allontanare da Roma un'ambasceria proveniente da Atene composta da alcuni filosofi, poiché riteneva la filosofia greca e la cultura ellenizzante del periodo non consona ai cittadini romani, linea già perseguita negli anni precedenti e che aveva portato all'espulsione dei filosofi epicurei nel 173 e di tutti i filosofi nel 161.
Partecipò a molti processi sia come accusatore che come accusato con rappresentanti del partito scipionico del quale fu sempre un acerrimo fustigatore. Forse anche per questo Scipione l'Africano si ritirò da Roma in tarda età, ma una sorta di pace venne sancita con il matrimonio fra il figlio di Catone, Marco Porcio Catone e la sorella di Cornelio Scipione Emiliano, nuovo capo della fazione dopo la morte dell'Africano.
Morì nel 149 a. C. all'inizio della terza guerra punica condotta dal genero che portò effettivamente alla distruzione di Cartagine.
Plutarco ce lo descrive come un uomo con gli occhi grigi, i capelli rossi ed un fisico prestante a causa del duro lavoro agricolo e militare.
Ebbe due mogli, la prima gli diede il figlio Marco Porcio Catone Liciniano morto durante la vita del padre, la seconda, sposata già ottantenne, ebbe Marco Porcio Catone Salonio.

L'opera
Nell'antichità circolavano molti dei suoi discorsi pronunciati in svariate occasioni ma a noi sono arrivati solo dei frammenti. I Libri ad Marcum filium, una sorta di piccola enciclopedia ad uso del figlio, anch'essi frammentari, parlavano anche di medicina e agricoltura. Il Carmen de moribus, dipinge le virtù tradizionali che un ideale aristocratico dovrebbe avere.
Però le due opere per cui è più conosciuto sono le Origines, il primo trattato storiografico in latino, e il De agri cultura, la prima opera in prosa giuntaci intera della latinità. Dopo la sua morte circolava anche una raccolta di Dicta Catoni, detti e proverbi attribuiti al censore che contribuirono a farne un personaggio emblematico della sua epoca.

Il De agri cultura o De re rustica "Riguardo all'agricoltura", l'opera che in questa sede più ci interessa è composto di 162 capitoli di lunghezza diseguale, è diretto a piccoli e medi proprietari terrieri per dar loro indicazioni su come dirigere al meglio la villa e farla fruttare. Tratta di come organizzare la villa, dove piantare le cose e come e dove riporre gli attrezzi per i vari usi; come preparare e riporre gli attrezzi per la vendemmia e la raccolta delle olive e come condurle; come gestire gli alberi da frutto e i pascoli, il bestiame e gli schiavi e come curarli. Rientrano nel testo anche alcune ricette di cibi rustici, la descrizione di alcuni riti religiosi, ad esempio quello del capitolo 142 per la purificazione di un campo. Ci sono poi alcuni capitoli dedicato alla medicina con piante e cibi della campagna come ai capitoli 127-8 e 159-161. Nei capitoli si può trovare un157-8 un vero e proprio elogio del cavolo, sia come cibo che come medicina per i più svariati malesseri.

Tradizione manoscritta
Spesso il De agri cultura venne trascritto insieme ad altre opere latine d'identico argomento, principalmente il De re rustica di Varrone, il De agri cultura di Columella e l'Opus agriculturae di Palladio.
Non si riesce a risalire molto in dietro nella tradizione di quest'opera; l'editio princeps (la prima edizione a stampa) del 1472, stampata a Venezia e basata su un manoscritto del XV sec., venne confrontata con il così detto codex Marcianus allora conservato alla Biblioteca di San Marco di Venezia ed oggi perduto, da Angelo Poliziano che annotò a margine le varianti. Grazie a queste note i filologi hanno dedotto che quasi tutti i manoscritti oggi conservati derivano dal codex Marcianus perduto.
 Il Parisinus 6842A (conservato alla Biblioteca Nazionale Francese di Parigi) del XII-XII sec; è il testimone più antico e contiene sia il trattato di Catone che quello di Varrone.
Il Mediceus-Laurentianus 30, 10 (conservato alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze) del XIV secolo contiene oltre alle opere di Catone e Varrone anche quella sull'architettura di Vitruvio.
Il Caesenas Malatestianus 24, 2 (conservato alla Biblioteca Malatestiana di Cesena) del XV sec. oltre a Catone e Varrone riporta anche l'opera agricola di Columella.
Le maggiori edizioni critiche sono quella ad opera di Heinrich Keil del 1884-94 e quella da essa derivata ad opera di George Goetz del 1922.

Riflessioni
Il libro sull'agricoltura di Catone era dedicato a piccoli e medi proprietari terrieri che passavano nella villa solo una parte del loro tempo; la maggior parte dei lavori erano delegati al fattore. C'è quindi sottesa all'opera una certa tendenza a guardare al profitto economico, e nessun accenno alla suggestione della bellezza naturale. Si parla non di una produzione per autosufficienza ma di una vera e propria impresa agricola.
C'è però la convinzione che l'agricoltura contribuisca a mantenere una certa dirittura morale, forza fisica ed in generale tutta quella serie di virtù di austerità e frugalità tipiche della mentalità romana arcaica.
Parlando di medicina, è indimenticabile l'idea di Catone, riportata da Plinio di un complotto ordito dai medici greci per uccidere i romani, facendosi anche pagare per questo; insomma che il complottismo ha radici più antiche di quanto si creda.
Il nostro Catone dunque deve essere stato un personaggio davvero monolitico e intransigente: ce l'aveva con le donne, coi filosofi, coi medici greci, con i simpatizzanti della cultura greca, coi greci in generale, con chi ostentava ricchezza, con gli Scipioni, con Cartagine, con i Baccanali...insomma una personcina amabile! Tuttavia, al di là della personalità dell'autore, nel suo trattato si trovano utili ed interessanti indicazioni agricole anche per noi moderni, corredate da indicazioni precise di misure, pesi, quantità.


Immagini
Immagine 1: Catone in una stampa.
Immagine 2: pagine del manoscritto Mediceus-Laurentianus 30, 10

Utilità
Qui brevi note filologiche sulla tradizione manoscritta del De agri cultura.
Qui il testo latino del De agri cultura dell'edizione di F. Speranza del 1974.
Qui il testo latino del De agri cultura dell'edizione di G. Goetz del 1922 e traduzione in inglese di W. D. Hooper e H. B. Ash della stessa edizione.
Qui testo latino e traduzione in italiano del De agri cultura dell'edizione di Giovanni Berengo del 1846.
Qui testo in latino e traduzione in francese del De agri cultura dall'edizione di M. Ninsard del 1877.

Fonti antiche
Cicerone, De senectute
Cornelio Nepote, De viris illustribus, Catone
Plino, Storia naturale, XXIX, 8
Plutarco, Vite parallele, Catone
Tito Livio, Ad urbe condita, XXXIV;  XXXIX, 40, 44

Fonti moderne
Il bosco sacro, M. Bettini, La Nuova Italia, 2004
Storia letteraria di Roma, P. Fedeli, Fratelli Ferraro Editori, 2004
Wikipedia.en - Cato the Elder

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Vedi anche:
Columella
Dioscoride
Plinio il Vecchio

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