domenica 21 luglio 2019

Nostalgia del paradiso

Nostalgia del paradiso – Il giardino medievale di Franco Cardini e Massimo Miglio, Laterza, 2018
Numero pagine: 203
Lingua originale: italiano
Prima edizione: 2002
Genere: saggio

Avevo adocchiato questo libro già da un bel po', ma ero indecisa sull'acquisto; avevo già letto Giovanna D'Arco di Franco Cardini, trovandolo piuttosto noioso, così alla fine sono arrivata al compromesso di farmi regalare Nostalgia del paradiso per Natale.
Il libro tratta dell'idea e della forma del giardino attraverso il Medioevo, sia nella letteratura che nella sua forma fisica. Dopo una breve introduzione degli Autori, il primo capitolo tratta dell'eredità antica rielaborata in tempi medievali: modelli letterari classici sono i giardini omerici e quelli di babilonia, ma anche le descrizioni di quelli egizi e persiani, ma dal mondo greco-romano provengono non solo testi poetici sul giardino, ma anche trattati. I riferimenti culturali cristiani sono invece l'Eden, l'hortus del Cantico dei Cantici e l'orto di Giuseppe D'Arimatea.
Con il passaggio all'Alto Medioevo si assiste ad un cambiamento anche a livello paesaggistico: l'allevamento cresce a discapito dell'agricoltura. Il giardino dei monasteri (vengono citati in particolare le abazie di S. Gallo e Cluny) erede del giardino della villa rustica romana, riproduce simbolicamente quello dell'Eden, ha sia utilità pratica, sia spirituale, prelude al paradiso, è diviso in pomaia (frutteti) viridaria (giardino con alberi) e herbaria. Ha pianta a croce con al centro un pozzo o una fonte simbolo di Cristo, oppure un albero che richiama l'Albero della Vita. Il giardino medievale è hortus conclusus, artificiale, virginale, è uno spazio sacro e per tanto si differenzia dalla natura selvaggia, ha un confine ed un guardiano.
Oltre agli autori classici più noti, in questo capitolo vengono citati Rabano Mauro, Walafrid Strabo, Alberto Magno ma anche S. Ildegarda ed il Capitulare de villis di Carlo Magno.
Il secondo capitolo che spazia nei secoli XI e XII, tratta del rinnovamento dei giardini dovuto sia a cambiamenti materiali (aumento delle temperature, aumento demografico e della qualità della vita, crescita del commercio) sia culturali con nuove influenze orientali soprattutto arabe (principalmente provenienti da Spagna, Egitto, Sicilia) e persiane. Anche nel Corano il giardino coincide con il paradiso, inoltre gli arabi portano con loro grandi abilità tecniche riguardanti irrigazione, innesto, architetturae e medicina. Fra gli autori più importanti sono citati Ibn Juljul, Ibn Al-Baitar, Ibn al-Awam e Ibn Luyun.
Il terzo capitolo prosegue il viaggio nel XIII secolo: si assiste ad una nuova visione della natura e del piacere (grazie alla scuola di Chartres, quella di Oxford e la predicazione di S. Francesco). Nella letteratura cortese compare spesso il giardino esso è inviolabile, eternamente fiorito e ricco di piante magiche forse anche grazie all'innesto di motivi provenienti dalla cultura celtica. Esempi si trovano nel Roman de la rose, nell'Erec et Enide di Chrétien de Troyes, e nel Floire e Blanchefleur.
Il quarto capitolo affronta la prima parte del XIV secolo: il giardino incarna la misura, il numero, la cultura, appartiene alla città, non più alla natura, e diventa anche un luogo laico, uno dei luoghi dei potenti e simbolo di prestigio. Oltre che nelle opere Dantesche, il giardino ha grande rilevanza negli scritti di Petrarca, il quale curò personalmente un proprio orto, appuntando i lavori svolti (si tratta della prima testimonianza di questo tipo a noi pervenuta).
Il quindo capitolo parla dei cambiamenti avvenuti in seguito alla crisi economica, agricola e sociale de XIV secolo, che vide la comparsa della Peste Nera. Il giardino diventa l'ambientazione della Danza macabra e del memento mori, e riveste un ruolo importante nelle opere di Boccaccio, i cui modelli, oltre a quelli letterari, furono i giardini fiorentini, simboli di potere, del bel vivere, ma anche luoghi di meditazione, come quello della Certosa di S. Lorenzo a Firenze ad opera di Niccolo Acciaiuoli, che fonde il classico giardino monastico con quelli dei signori del tempo.
Il sesto e ultimo capitolo si spinge fino alla fine del medioevo: il giardino unisce il bello e l'utile, ed il passaggio dal giardino medievale a quello rinascimentali si avverte chiaramente nei giardini papali. A Firenze il giardino urbano dei signori diviene giardino filosofico, un artificiale luogo di letizia, non più Eden cristiano ma luogo di riflessione neoplatonico.
Chiudono il libro note, bibliografia, referenze iconografiche, indice dei nomi ed indice generale. Ad intervallare il testo si trovano molte bellissime illustrazioni a colori, tratte principalmente da manoscritti.
Come si può vedere, si tratta di un libro ricco di contenuti che spazia attraverso secoli di storia del giardino; gli Autori sono molto competenti e l'esposizione è piuttosto chiara, tuttavia, personalmente ho fatto fatica a finirlo, non mi ha avvinto particolarmente, lo consiglio solo ai veri appassionati della storia medievale e del giardino.

Nessun commento:

Posta un commento